Quel professore e Papa della ragione, a disposizione del suo tempo



Quel professore e Papa della ragione, a disposizione del suo tempo
Benedetto XVI fa un nuovo regalo all’occidente e agli uomini liberi e responsabili: un gran discorso laico (censurato) sulla ricerca della verità
G.Ferrara

Quando fu eletto, tra i nostri laicissimi
applausi di atei devoti (formula
ironica e autoironica), lo definimmo
Papa della ragione. La fede
nell’avvenimento cristiano in un successore
di Pietro è implicita, l’apertura
alla ragione, e generosa e dialogante,
era invece una scelta, una caratterizzazione
che nasceva, oltre che da
antiche radici patristiche agostiniane
e tomiste, dallo stile e dalle idee dell’ex
prefetto della Congregazione per
la dottrina della fede e dal lungo e
splendente papato del suo predecessore
Giovanni Paolo II. Ci era sembrato,
da molto tempo e in modo esplosivo da
qualche anno, che quel teologo e pastore
della chiesa cattolica fosse, nella
sua adamantina sicurezza intellettuale
e anche nella sua mitezza, qualcuno
che si metteva a disposizione del suo
tempo. In questo una vera creatura del
Concilio Vaticano II, sebbene un critico
rigoroso di certi approdi che nel dopo-
Concilio avevano compromesso alcuni
aspetti della identità cristiana e
cattolica nel mondo. Mettersi a disposizione
del tempo, senza farsene divorare,
voleva dire, per quel cardinale
teologo venuto dalla Baviera, discutere
in modo impegnativo e nel segno
del reciproco ascolto di stato e laicità,
di etica e cittadinanza, con un rilevante
intellettuale europeo come Jürgen
Habermas, per esempio, o di scienza e
storia con Ernesto Galli della Loggia,
per esempio, o di radici cristiane dell’Europa
con Marcello Pera, e con tante
altre espressioni della cultura
scientifica e mondana in Europa e nel
mondo moderno. Voleva dire anche ingaggiare
epiche battaglie intorno al
cristianesimo marxista dei teologi della
liberazione nel mondo ispanico e latinoamericano,
puntando, ben prima
della fine del comunismo storico, su
un argomento razionale che poi da Papa
confermerà nella enciclica Spe salvi:
per quanto Marx abbia argomentato
vigorosamente la necessità di riformare
le strutture, confinare la speranza
escatologica degli uomini e delle
donne che abitano la terra in nuovi ordinamenti
mondani, e solo in quelli, è
illusorio.
Quella disponibilità verso il tempo,
il professor Ratzinger, come prima di
lui Paolo VI nella drammatica enciclica
Humanae vitae, promulgata giusto
quarant’anni fa, la espresse opportune
et importune, come dice San Paolo citato
oggi da un nostro squisito lettore. La
esprimeva cioè, con coraggio e lucidità
intellettuale, accompagnando e insieme
contrastando l’aria del tempo. Fu
così quando parlava delle donne moderne,
sollecitando spesso risposte
non banali del femminismo internazionale;
quando diceva la sua sulla morale
sessuale e familiare, sollevando polveroni
ed equivoci ma anche questioni
di una certa importanza, che solo la
mentalità del pregiudizio poteva esorcizzare
con l’astio e l’irrisione. Che un
uomo poi vestito di bianco, titolare di
un deposito di fede e di cultura così incontestabilmente
profondo, intendesse
rinnovare l’archivio aureo del cristianesimo
di tutti i tempi con le sue
conferenze di teologo e i suoi libri, e
con le sue omelie di pastore, mettendosi
a confronto in ogni campo con le
grandi e piccole faccende del nostro
modo di ragionare, affrontando i labirinti
del nichilismo filosofico, dell’esistenzialismo
e del decostruzionismo
postmoderno, sembrava a noi atei devoti
(form. iron. et autoiron.) una laica
benedizione o più modestamente un
aiuto insperato in un’epoca di svuotamento
tendenziale del significato del
vivere e del convivere. Specie in relazione
al risveglio del temperamento
più fanatico di un certo islamismo radicale,
che proponeva come cura violenta
del relativismo occidentale l’assolutezza
della legge teocratica.
Non ci eravamo sbagliati, e questo è
tutto. Lo dimostra il magnifico discorso
“universitario” che pubblichiamo al
posto della tradizionale prima pagina,
due giorni dopo la vergogna laica che
abbiamo provato per l’insipienza dei
sapienti che hanno impedito a quelle
parole di suonare il loro suono sempre
aperto al contraddittorio nell’aula magna
della più grande, e della più miserabile,
oggi, Università europea. Il direttore
di Repubblica, che ha fatto di
noi ratzingeriani laici il suo piccolo capro
espiatorio per cavarsi d’impaccio
nel tremendo contrappasso causato
dalla demenza intollerante di gente
del suo mondo, deve ora farci la grazia
di rivedere i suoi giudizi con onestà.
Non siamo disponibili, come lui ingenuamente
chiede, a conversioni forzose,
magari per pregare un Dio finalmente
trovato in una dimensione
esclusivamente privata, come a lui piacerebbe,
tacendo sul resto e lasciando
campo libero ai salon spenti dell’illuminismo
per dettare l’agenda del pensiero.
E continueremo, possibilità che
ci offre un tollerante e laico Papa della
ragione, a lasciarci sollecitare e interrogare
nel coraggio della verità
e della sua ricerca.