Torino: storia di ordinaria repressione
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- Date: Wed, 16 Jan 2008 16:58:29 +0100
Torino: storia di ordinaria
repressione Sono le sei del pomeriggio
in una Torino uggiosa e bagnata. Le strade a Vanchiglietta, quartiere popolare a
ridosso del centro, sono piene di gente. Un poliziotto, dicono a caccia di
rapinatori, chiede i documenti ad un ragazzo che rifiuta e fugge inseguito dal
tutore del disordine statale. Pistola alla mano, la canna puntata ad altezza
uomo, il poliziotto corre tra la gente. Alcuni cittadini, tra cui tre anarchici,
che hanno assistito alla scena si intromettono chiedendo il perché di quella
pistola spianata a rischio dell’incolumità di tutti. Con gli uomini in divisa
non si discute: arrivano le volanti che fermano i tre compagni portandoli in
questura. Più tardi due verranno rilasciati, mentre alla ragazza è confermato
l’arresto. Nel giro di un paio d’ore
un gruppo di persone si riversa in strada, bloccando corso Regina e chiedendo a
gran voce il rilascio dei compagni fermati. Un tentativo di partire in
corteo viene impedito dalla polizia che carica, disperdendo i manifestanti, due
dei quali verranno fermati e successivamente arrestati con l’accusa di
resistenza aggravata. La sera si conclude con un
presidio davanti alla questura, in una nottata bagnata e
silente. Un poliziotto in mezzo alla
folla con le armi in pugno non fa notizia: fa parte di un quadro di ordinaria
repressione al quale i più finiscono con l’assuefarsi. Finché non ci scappa il
morto. Negli ultimi due anni ben otto immigrati sono stati ammazzati a Torino
durante controlli di polizia, ma non si è mai andati oltre poche righe di
cronaca nera. C’è voluto il tifoso sparato in autostrada da un killer in divisa
per bucare i media, altrimenti tutto rimane nell’ombra di una “normalità”
feroce. Per chi non ci sta, per chi
chiede ragioni, per chi non accetta il ricatto della paura, scatta la
repressione. I fermi, gli arresti, le cariche, la
galera. Ogni giorno, all’ombra
della mole, si mangiano un pezzo della nostra vita, strappano un lembo della
nostra libertà, della libertà di tutti. Lo fanno in nome di un’emergenza
“sicurezza” inventata ad arte per chiudere ogni spazio di autonomia, per tappare
la bocca a chi dissente a chi crede che questo non sia il migliore dei mondi
possibili. Hanno emanato leggi degne
di un regime autoritario, per buttare fuori i poveri, gli immigrati senza
lavoro, i senza casa: lo fanno in nome della democrazia, la terribile democrazia
reale dell’ambulanza fatta saltare in Iraq, delle truppe di occupazione che
fanno la guerra in Afganistan, dei poliziotti che scorazzano per i nostri
quartieri seminando la paura. Lo fanno in nostro nome,
fidando nel timore, nella propaganda, nell’abitudine a chinare la testa di
fronte ai potenti. È tempo di alzare la testa,
spezzare l’indifferenza, rompere il silenzio. Sabato 19 gennaio
corteo, Appuntamento in piazza
Castello alle ore 14. Federazione Anarchica
Torinese – FAI Corso Palermo 46 –
Torino La sede è aperta ogni
giovedì dalle Per
contatti: 338
6594361 |
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