Vicenza per noi: sabotare la guerra



Vicenza per noi: sabotare la guerra

 

Il 15 dicembre ci sarà una manifestazione internazionale a Vicenza.

Il corteo partirà dalla Stazione alle 14.

Vi sarà uno spezzone anarchico organizzato dai compagni vicentini con in testa lo striscione “Nessuno è NATO per servire”

 

Di seguito alcuni articoli e comunicati:

- il comunicato degli anarchici vicentini di A-berica

- il comunicato della FAI Venezia,

- il comunicato della CdC della FAI

- “Vicenza per noi: sabotare la guerra”, articolo in uscita sul prossimo numero di Umanità Nova

 

COMUNICATO DI A_BERICA

Il gruppo anarchico vicentino a-berica vi invita alla manifestazione di
Vicenza del 15 dicembre con appuntamento fuori dalla Stazione di Vicenza, direzione Viale Roma, dove saremo presenti con bandiera rossa e nera, pane e vino.
Il corteo partirà alle ore 14,00.

per info: a_berica at anche.no
tel. 3477045077

 

COMUNICATO DELLA FAI VENEZIA

A-rivederci a Vicenza!

 

La mobilitazione contro il Dal Molin, la caserma Ederle e tutte le servitù militari vedrà diversi momenti e articolazioni nei giorni precedenti la manifestazione internazionale del 15 dicembre.

Il Presidio Permanente ha lanciato una tre giorni europea, comprendente anche una conferenza sulla presenza militare statunitense e NATO in Europa e sui movimenti che si oppongono alla militarizzazione, con la partecipazione di rappresentanti dei movimenti di Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Polonia.

Il Comitato degli abitanti e lavoratori di Vicenza Est ha in programma iniziative di controinformazione davanti alla caserma Ederle con il diretto intervento di alcuni tra i disertori dell’esercito Usa che fanno parte dell’associazione Ivaw che raccoglie i militari statunitensi reduci dell’Iraq contrari alla guerra.

 

Sabato 15 il concentramento principale sarà in piazza della Stazione ferroviaria alle ore 14. Così come avvenuto in occasione delle due precedenti manifestazioni nazionali, presso la caserma Ederle ci sarà il concentramento promosso dal Comitato Vicenza Est e dalle realtà ad esso vicine che raggiungeranno il corteo unitario intanto partito dalla stazione.

 

I compagni e le compagne vicentine di A-berica stanno preparando un punto di riferimento rossonero in piazza della Stazione e uno striscione unitario (firmato semplicemente con l’A cerchiata) che aprirà lo spezzone antimilitarista anarchico. Lo slogan sullo striscione sarà lo stesso che apriva il nostro corteo a Mestre nel 2004: Nessuno è NATO per servire.

 

Per contatti: anarchici vicentini di “A-berica”: mail a_berica at anche.no

Cell.: 3477045077

Per info sulle diverse iniziative:

www.nodalmolin.it

www.altravicenza.it

www.comitatovicenzaest.splinder.com

 

FAI Venezia

 

COMUNICATO DELLA COMMISSIONE DI CORRISPONDENZA DELLA FAI

Vicenza 15 dicembre

Ogni militare è un invasore

La mobilitazione internazionale del 15 dicembre a Vicenza contro il raddoppio della base militare Usa rappresenta una tappa importantissima del percorso di lotta che la popolazione vicentina ha intrapreso per opporsi ai progetti di devastazione e sfruttamento in chiave militarista del territorio da parte della classe politica italiana e statunitense.

In tutti questi anni, lo stato italiano ha voluto imporre alla comunità vicentina un progetto di morte che migliaia di persone hanno dimostrato di rifiutare nettamente dal momento che la militarizzazione di questo territorio è già pesantissima per via dell'invasiva presenza di strutture Usa, Nato e dell'Unione Europea tra cui la caserma statunitense Ederle, l'arsenale nucleare di Longare e la caserma Chinotto, sede del comando della Gendarmeria europea.

La nuova base Dal Molin costituirebbe l'ennesima servitù militare i cui costi ricadrebbero in massima parte sulla collettività facendo di Vicenza una vera e propria caserma a cielo aperto, un avamposto della guerra globale e permanente che da anni umilia il mondo con il suo carico immane di distruzione, lutti e tragedie.

A Vicenza, grazie alla costante mobilitazione, alla non-collaborazione, all'ostruzionismo e al boicottaggio attivo delle strutture che servono concretamente agli interessi dei signori della guerra, l'opposizione popolare alle politiche belliciste del governo ha dimostrato che fermare la macchina bellica è possibile, e ha affrontato con fermezza e determinazione i tentativi di criminalizzazione del movimento da parte delle autorità locali e nazionali per depotenziare e fiaccare la capacità di autorganizzazione della popolazione che lotta e resiste.

Da anarchici, sosteniamo attivamente l'autorganizzazione dei cittadini e dei lavoratori vicentini poiché solo l'autonomia, l'indipendenza e l'azione diretta del movimento possono realmente scardinare gli interessi incrociati delle istituzioni, dei gruppi di potere e della lobby militarista.

Nel solco dell'antimilitarismo che da sempre contraddistingue il pensiero e l'azione del movimento libertario internazionale, esprimiamo solidarietà a tutte le realtà di base e ai comitati popolari che portano avanti questa lotta, scendiamo in piazza per opporre la nostra incompatibilità e il nostro rifiuto contro l'ingerenza militare e la devastazione ambientale del territorio vicentino, lottiamo per un mondo liberato dalle basi militari, dalla guerra e dal militarismo.

Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti

Per l'internazionalismo e la rivoluzione sociale

Commissione di corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana - FAI

cdc at federazioneanarchica.org

www.federazioneanarchica.org

 

ARTICOLO IN USCITA SUL PROSSIMO NUMERO DI UMANITÀ NOVA

Vicenza per noi

Sabotare la guerra

Siamo in guerra da anni. Soldati italiani, mercenari in divisa pagati da noi tutti, sono in Afganistan a fare la guerra in nostro nome. Soldati italiani sono o sono stati sui fronti di guerra in Iraq, in Kosovo, in Serbia, in Somalia. A seconda delle circostanze queste guerre sono state chiamate “operazioni di polizia internazionale”, “missioni umanitarie”, “operazioni di peacekeeping”.

L’apparato propagandistico cambia ma sempre di guerra si tratta. Case bombardate, gente ammazzata, occupazione militare, tortura questa è la realtà nei paesi dove interviene l’esercito italiano a fianco dell’alleato statunitense.

Nel nostro paese ci sono caserme, aeroporti, basi navali, radar, depositi di munizioni, carburante, bombe dell’esercito, della marina e dell’aeronautica italiane, USA e NATO. Il nostro paese è una gigantesca piattaforma bellica allungata al centro del Mediterraneo.

Il movimento contro la guerra in Italia, nonostante in alcuni momenti abbia raccolto adesioni di massa con centinaia di migliaia di persone che scendevano in piazza non è quasi mai andato oltre la testimonianza, il mero rifiuto morale, senza riuscire a mettere sabbia nell’ingranaggio ben oliato del militarismo.

Opporsi alla guerra senza opporsi agli eserciti che la fanno, alle armi che la combattono, alle basi da cui partono truppe e mezzi è una lotta contro i mulini a vento, patetica ed ineffettuale. Un pacifismo che non inserisca nel proprio DNA i geni dell’antimilitarismo radicale è votato alla testimonianza, alla marginalità o, peggio, al ruolo di imbiancatore di sepolcri. La sinistra, tutta la sinistra, compresa quella che oggi si ammanta dell’arcobaleno della pace, ha cavalcato il movimento contro la guerra a fini elettorali ma, appena tornata al potere, è tornata a fare la guerra. Per chi lo avesse dimenticato nel 1999 il nostro paese è stato la portaerei dalla quale sono partiti i bombardieri USA e quelli tricolori che hanno martellato la Serbia e il Kosovo, ammazzando e distruggendo. A capo del governo era Massimo D’Alema, oggi ministro degli esteri.

Il governo Prodi ha mantenuto e rafforzato la missione militare in Afganistan e ha dato il via alla costruzione a Vicenza della base operativa USA più grande d’Europa. Gli arcobaleni della cosiddetta sinistra radicale hanno votato, votato e votato ancora a favore dell’invio di truppe. In quanto al Dal Molin, non sono andati oltre le chiacchiere, segnalando tuttavia a gran voce di avere un gran mal di pancia. Sarebbe tempo che si decidessero a vivere tranquilli la propria scelta guerrafondaia, smettendola di ammorbarci con il lezzo insopportabile della loro ipocrisia.

Ma è anche tempo per i movimenti contro la guerra di emanciparsi dalla dipendenza da un quadro politico istituzionale, in cui cambiano gli attori sul palcoscenico, ma non mutano le scelte di guerra.

Il primo passo, concreto ma dalla forte valenza simbolica, consiste nell’opporsi alla basi militari, nell’impedire che ne vangano fatte di nuove e nel chiudere quelle esistenti.

Il movimento vicentino, che nelle sue diverse componenti, si batte contro il Dal Molin, la Caserma Ederle e contro le numerose altre installazioni militari sul territorio, ha raccolto il favore di tanti, che dalla manifestazione del 1 dicembre 2006 a quella del 17 febbraio di quest’anno sono accorsi a Vicenza per dare sostegno ad una lotta, la cui valenza va ben oltre Vicenza. Sta crescendo la consapevolezza che l’opposizione alla guerra si fa sui nostri territori, lottando per affrancarli dalle installazioni e dalla servitù militari, tagliando concretamente le basi alla guerra. Tra quanti si battono contro le opere inutili, nocive, devastanti, che un’idea distorta di progresso cerca di imporre, vi è stato negli ultimi due anni un agire solidale, che, dopo la rivolta della Val Susa dell’inverno 2005, ha portato alla nascita del Patto di Mutuo Soccorso, ossia all’impegno al sostegno reciproco di fronte alle lotte e alla repressione dello Stato. Pur con le inevitabili difficoltà di un percorso che si scontra spesso contro la smania dei vari politicanti di movimento di mettere il cappello al Patto, tuttavia l’esperienza è stata sinora sostanzialmente positiva, perché fondata sull’autonomia di gruppi e movimenti il cui legame sta nella capacità di agire solidalmente.

La scorsa estate un’assemblea a Vicenza ha sancito che, se i lavori di costruzione della base fossero iniziati, in ogni dove sarebbero state prese iniziative che, da nord a sud, da est a ovest, bloccassero l’Italia.

Sono piccoli ma importanti segnali che l’opposizione alla guerra – e al militarismo – va oltre l’indignazione per dar corpo ad un’agire politico capace di segnare punti concreti a favore della liberazione dagli eserciti, da tutti gli eserciti, quelli tricolori come quelli a stelle e strisce.

A Vicenza nei prossimi mesi si giocherà una partita cruciale, una partita difficilissima, perché vincere contro avversari tanto forti e spietati non è certo facile. Ma non impossibile. Specie se chi si oppone alla nuova base, a Vicenza come nel resto d’Italia, saprà essere autonomo dal quadro politico istituzionale e dai suoi giochi, mirando a coniugare, in ogni dove, la radicalità degli obiettivi e delle pratiche con il radicamento sociale.

Per sabotare la guerra occorre che la lotta di Vicenza si estenda e si allarghi: da Camp Derby a Taranto, da Aviano a Sigonella, da Ghedi a Quirra, da Napoli a La Spezia, ad ogni città o paese, dove vi sia una caserma, un poligono di tiro, un deposito d’armi.