Torino: "prima o poi, brucerete anche voi"
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- Date: Tue, 11 Dec 2007 00:40:54 +0100
Torino: “prima o poi, brucerete anche
voi” Lunedì 10 dicembre si è
tenuta a Torino una grande manifestazione in solidarietà alle vittime della
Thyssen Krupp, i 4 morti bruciati vivi in un reparto privo di misure di
sicurezza. Il corteo ufficiale si è
dipanato da piazza Albarello a Piazza Castello di fronte alla Prefettura, dove
non sono mancati i fischi nei confronti della dirigenza di CGIL, CISL e
UIL. Successivamente una buona
parte dei manifestanti ha deciso di proseguire verso la sede dell’Unione
Industriale in via Fanti. C’erano gli operai della
Thyssen Krupp, con lo striscione della fabbrica, i sindacati di base (Cub;
Cobas, Sdl), anarchici, antagonisti, lavoratori con le bandiere della UILM e
della CGIL, o semplicemente con le mani in tasca ed il bavero alzato per
difendersi dal freddo e dalla tentazione delle
lacrime. Nella centrale ed elegante
via Roma i negozi di lusso avevano le serrande alzate e le luci accese, ma il
corteo operaio ha imposto che le serrande calassero giù e le luci si
spegnessero. Il padre del più giovane
degli operai morti nell’acciaieria, sommessamente urlava, diretto ai padroni,
“prima o poi, brucerete anche voi”. Di fronte alla sede
dell’Unione Industriali sono volate uova ed un unico grido:
“assassini”. Di seguito il testo del
volantino diffuso durante il corteo dalla FAI
Torinese. Uomini e no - La strage del
lavoro 10 euro. Questo è il costo
della ricarica di un estintore. Questo è il valore della vita di un uomo per i
padroni della Thyssen Krupp. Per i padroni di ogni dove in questo mondo diviso
in uomini e no. La strage della
Thyssenkrupp del 6 dicembre 2007 svela solo a chi fino a qui ha voluto tener gli
occhi chiusi o fatto finta di non vedere, che ogni giorno viene combattuta una
sanguinosa guerra tra il capitale e il lavoro, meglio, che la vita di chi lavora
è sempre in pericolo e che uno dei destini di chi lavora è quello di perderla,
la vita, per la “pagnotta”. Della guerra in Afganistan
nulla ci fanno vedere, salvo quando muore uno dei “nostri”, come un “eroe”. E
neppure della guerra che qui viene combattuta in ogni fabbrica, in ogni “boita”
ci fan vedere e sapere nulla, se non le fredde statistiche che a fine anno
contano i morti e gli infortuni sul lavoro. Gli operai bucano il video
solo quando bruciano come torce in gruppo, non tutti i giorni quando almeno
quattro di loro (media nazionale degli ultimi anni) perde la vita.
Lo stabilimento ora della
Thyssenkrupp fu della Fiat e poi della Teksid, sempre gruppo Fiat, e poi passò
di mano fino agli attuali proprietari. Che questo stabilimento decisero di
chiudere, assieme a quello di Terni, per delocalizzare in Cina e altrove. Terni
per il momento si è salvato e Torino doveva chiudere entro il giugno prossimo;
il reparto dove è accaduta la strage doveva chiudere a febbraio 2008. Ma fino
all’ultimo bisognava produrre, in qualsiasi condizione, sotto il ricatto del
licenziamento, della mobilità, di non riuscire più a dare alla propria famiglia
una vita decorosa. Tutti coloro che hanno lasciato che quegli uomini lavorassero
nelle condizioni che ora sono sulle prime pagine di tutti i giornali nazionali
(misure di sicurezza inesistenti, turni di 12 ore di lavoro) sapevano
perfettamente quel che facevano: accettavano come normale il rischio che quegli
uomini morissero, voce messa a bilancio, costo certamente compensato dall’immane
sforzo di quei duecento operai che negli ultimi mesi hanno lavorato in
Thyssenkrupp facendo quello che prima si faceva in più di trecento.
Nella nostra Italia scaccia
rom, dove si cerca di scrivere leggi elettorali un po’ più tedesche o un po’ più
spagnole, dove il neonato Partito Democratico si dice equidistante da capitale e
lavoro, tutti i giorni i lavoratori sono mandati al macello sotto il ricatto del
prendere o lasciare, tanto fuori c’è la fila per prendere il tuo posto.
Nella Torino tutta luci
d’artista e sbornia post olimpica, dove si progettano scintillanti grattacieli e
devastanti TAV, dove si è “sempre in movimento, always on the move”, versione
subalpina e postuma della “Milano da bere”, c’è chi all’una di notte, quando nei
cento locali scorre la “movida notturna più attraente d’Europa” (così ha scritto
L’orrenda strage di Torino
ha mostrato la cruda realtà di ogni giorno. Non bastano le lacrime
postume, il cordoglio istituzionale, la pur doverosa solidarietà alle famiglie
delle vittime. Occorre girare pagina. E per farlo non basta qualche estintore e
qualche controllo in più, perché la mancanza di misure di sicurezza non è che la
punta dell’iceberg dell’ingiustizia di classe, dello sfruttamento dei pochi sui
molti. Chiamano benessere e ricchezza nazionale i profitti dei padroni. Sarebbe
tempo di cambiare il senso alle parole ed alla storia e chiamare ricchezza la
salute, il benessere e la libertà di tutti. A 7 operai di Torino è stato
cancellato il futuro in una fiammata straziante. A noi tutti lo cancellano ogni
giorno, ora per ora, mentre lavoriamo per il profitto di lor
signori. Riprendiamoci la vita,
riprendiamoci il futuro, espropriamo i saccheggiatori, devastatori ed assassini
che siedono nei consigli di amministrazione! Neghiamo un futuro al
capitale! Federazione Anarchica
Torinese - FAI Corso Palermo 46
Torino La sede è aperta ogni
giovedì dalle 338
6594361 |
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