Lettera aperta di Amnesty Italia alla Cei: "Mai detto che l'aborto è un diritto umano"



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COMUNICATO STAMPA
CS93-2007

ABORTO: LETTERA APERTA DI PAOLO POBBIATI, PRESIDENTE DI AMNESTY
INTERNATIONAL ITALIA, AL PRESIDENTE DELLA CEI, ANGELO BAGNASCO. 'MAI DETTO
CHE L'ABORTO E' UN DIRITTO UMANO, DIFENDIAMO LE DONNE CHE HANNO SUBITO
VIOLENZA SESSUALE. MAI RICEVUTI NE' SOLLECITATI FINANZIAMENTI DALLA SANTA
SEDE.'

'Eminenza,

        ieri, in occasione dell'apertura dei lavori del Consiglio
episcopale, Ella ha voluto commentare la politica adottata da Amnesty
International, lo scorso mese di agosto, su alcuni specifici aspetti
riguardanti l'aborto.

        A questo proposito mi permetto di fare alcune considerazioni.
Nonostante le numerose precisazioni e smentite che siamo stati costretti a
fare nell'ultimo mese (e che, peraltro, il quotidiano 'Avvenire' ha
rifiutato di pubblicare, in spregio al diritto di replica), Ella ha
attribuito ad Amnesty International un'affermazione mai fatta: che
l'aborto sia stato da noi considerato un diritto umano.

        Ieri, Ella ha voluto indicare Amnesty International tra i
responsabili di una crisi morale del nostro paese, per il semplice fatto
che la nostra associazione, dopo tre anni di ricerca e di missioni in
paesi in cui la violenza sulle donne e' tanto diffusa ed endemica quanto
impunita, ha voluto prendere le difese delle migliaia e migliaia di donne
che ogni anno subiscono stupri (sulle nostre strade, durante le guerre
cosi' come nei tanti Darfur che hanno luogo tra le mura domestiche) e
delle migliaia e migliaia di donne che vanno in carcere o rischiano la
pena di morte per aver cercato di interrompere una gravidanza a seguito di
violenza sessuale o perche' essa mette a rischio la loro vita o quella del
nascituro. Donne derise e umiliate, cui viene negata giustizia, che vedono
i loro stupratori girare impuniti, davanti al portone di casa o a un campo
profughi.

        I resoconti delle nostre missioni in Darfur sono pieni di
testimonianze di donne che ci raccontano che preferiscono uscire loro
dalle tende, perche' se lo fanno gli uomini verranno uccisi dalle squadre
della morte sudanesi, mentre loro, le donne, verranno 'solo' stuprate. In
situazioni di guerra, lo stupro e' diventato una vera e propria arma di
distruzione di massa. Nell'ex Jugoslavia, in Ruanda e in Darfur sono
tantissime le donne che sono state violentate sistematicamente perche'
partorissero un 'figlio del nemico'.

        Alla violenza devastante dello stupro, queste donne devono
aggiungere quella che poi ricevono dalla comunita' di origine, che spesso
le considera impure o addirittura responsabili di cio' che hanno subito.
Vengono isolate, allontanate, picchiate e talora uccise.

        In tali condizioni, quali argomenti si possono imporre a una donna
che sceglie di non portare avanti una gravidanza frutto di violenza,
magari subita da quegli stessi uomini che un attimo prima hanno
massacrato, davanti ai suoi occhi, il marito e i figli?

        Quella che Le ho descritto e' la realta' che molte missioni di
ricerca di Amnesty International hanno conosciuto, nel corso della nostra
campagna 'Mai piu' violenza sulle donne'. Una realta' che ha portato due
milioni di soci a scegliere di prendere una posizione. Amnesty
International non auspica, non chiede che una donna violentata abortisca,
ma se decide di farlo, vogliamo che non sia obbligata a rischiare la
propria salute. Chiediamo, inoltre, che non finisca in prigione per aver
preso quella decisione.

        Amnesty International ha deciso di profondere il massimo impegno
per eliminare le condizioni che favoriscono la violenza sessuale nei
confronti di centinaia di migliaia di donne ogni anno. Come abbiamo
ribadito anche nel corso del nostro Consiglio internazionale, svoltosi ad
agosto in Messico, Amnesty International lavorera' per contrastare tutti
quei fattori che favoriscono gravidanze indesiderate o che contribuiscono
a portare una donna a scegliere di abortire.

        Questo e' il cuore della posizione di Amnesty International, che
pero' non trova menzione nelle Sue parole di ieri ne' nelle precedenti
dichiarazioni di altri autorevolissimi esponenti della Chiesa Cattolica.

       Infine, Le sara' probabilmente noto che Amnesty International non
ha mai ricevuto, poiche' a norma del suo Statuto non potrebbe mai
sollecitarli ne' accettarli, finanziamenti dalla Santa Sede. La
'sospensione' di tali finanziamenti e' tuttavia riportata oggi da alcuni
organi di stampa, nel contesto delle critiche che Ella ha rivolto alla
nostra associazione.

        Nel massimo rispetto per il Suo ruolo e per la Sua persona, Le
chiedo la disponibilita' a lavorare insieme ad Amnesty International
perche' si pongano in essere tutte le misure necessarie, legislative ma
anche di educazione e informazione sulla salute sessuale e riproduttiva,
affinche' si riducano al massimo i rischi di gravidanze indesiderate e, di
conseguenza, si riduca l'incidenza del ricorso all'aborto.

        Mi auguro, Eminenza, di ricevere una Sua cortese risposta.

        Con i miei piu' deferenti saluti'


Paolo Pobbiati
Presidente della Sezione Italiana
di Amnesty International


FINE DEL COMUNICATO
Roma, 18 settembre 2007

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - e-mail: press at amnesty.it





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