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Lettera aperta di Amnesty Italia alla Cei: "Mai detto che l'aborto è un diritto umano"
- Subject: Lettera aperta di Amnesty Italia alla Cei: "Mai detto che l'aborto è un diritto umano"
- From: press at amnesty.it
- Date: Thu, 20 Sep 2007 11:58:01 +0200
# Questa lista per la distribuzione delle informazioni # e' gestita dalla Sezione Italiana di Amnesty International. # Questo messaggio viene elaborato e inviato automaticamente. Si # prega di non rispondere a questo messaggio di e-mail in quanto non # vengono controllate eventuali risposte inviate al relativo indirizzo COMUNICATO STAMPA CS93-2007 ABORTO: LETTERA APERTA DI PAOLO POBBIATI, PRESIDENTE DI AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA, AL PRESIDENTE DELLA CEI, ANGELO BAGNASCO. 'MAI DETTO CHE L'ABORTO E' UN DIRITTO UMANO, DIFENDIAMO LE DONNE CHE HANNO SUBITO VIOLENZA SESSUALE. MAI RICEVUTI NE' SOLLECITATI FINANZIAMENTI DALLA SANTA SEDE.' 'Eminenza, ieri, in occasione dell'apertura dei lavori del Consiglio episcopale, Ella ha voluto commentare la politica adottata da Amnesty International, lo scorso mese di agosto, su alcuni specifici aspetti riguardanti l'aborto. A questo proposito mi permetto di fare alcune considerazioni. Nonostante le numerose precisazioni e smentite che siamo stati costretti a fare nell'ultimo mese (e che, peraltro, il quotidiano 'Avvenire' ha rifiutato di pubblicare, in spregio al diritto di replica), Ella ha attribuito ad Amnesty International un'affermazione mai fatta: che l'aborto sia stato da noi considerato un diritto umano. Ieri, Ella ha voluto indicare Amnesty International tra i responsabili di una crisi morale del nostro paese, per il semplice fatto che la nostra associazione, dopo tre anni di ricerca e di missioni in paesi in cui la violenza sulle donne e' tanto diffusa ed endemica quanto impunita, ha voluto prendere le difese delle migliaia e migliaia di donne che ogni anno subiscono stupri (sulle nostre strade, durante le guerre cosi' come nei tanti Darfur che hanno luogo tra le mura domestiche) e delle migliaia e migliaia di donne che vanno in carcere o rischiano la pena di morte per aver cercato di interrompere una gravidanza a seguito di violenza sessuale o perche' essa mette a rischio la loro vita o quella del nascituro. Donne derise e umiliate, cui viene negata giustizia, che vedono i loro stupratori girare impuniti, davanti al portone di casa o a un campo profughi. I resoconti delle nostre missioni in Darfur sono pieni di testimonianze di donne che ci raccontano che preferiscono uscire loro dalle tende, perche' se lo fanno gli uomini verranno uccisi dalle squadre della morte sudanesi, mentre loro, le donne, verranno 'solo' stuprate. In situazioni di guerra, lo stupro e' diventato una vera e propria arma di distruzione di massa. Nell'ex Jugoslavia, in Ruanda e in Darfur sono tantissime le donne che sono state violentate sistematicamente perche' partorissero un 'figlio del nemico'. Alla violenza devastante dello stupro, queste donne devono aggiungere quella che poi ricevono dalla comunita' di origine, che spesso le considera impure o addirittura responsabili di cio' che hanno subito. Vengono isolate, allontanate, picchiate e talora uccise. In tali condizioni, quali argomenti si possono imporre a una donna che sceglie di non portare avanti una gravidanza frutto di violenza, magari subita da quegli stessi uomini che un attimo prima hanno massacrato, davanti ai suoi occhi, il marito e i figli? Quella che Le ho descritto e' la realta' che molte missioni di ricerca di Amnesty International hanno conosciuto, nel corso della nostra campagna 'Mai piu' violenza sulle donne'. Una realta' che ha portato due milioni di soci a scegliere di prendere una posizione. Amnesty International non auspica, non chiede che una donna violentata abortisca, ma se decide di farlo, vogliamo che non sia obbligata a rischiare la propria salute. Chiediamo, inoltre, che non finisca in prigione per aver preso quella decisione. Amnesty International ha deciso di profondere il massimo impegno per eliminare le condizioni che favoriscono la violenza sessuale nei confronti di centinaia di migliaia di donne ogni anno. Come abbiamo ribadito anche nel corso del nostro Consiglio internazionale, svoltosi ad agosto in Messico, Amnesty International lavorera' per contrastare tutti quei fattori che favoriscono gravidanze indesiderate o che contribuiscono a portare una donna a scegliere di abortire. Questo e' il cuore della posizione di Amnesty International, che pero' non trova menzione nelle Sue parole di ieri ne' nelle precedenti dichiarazioni di altri autorevolissimi esponenti della Chiesa Cattolica. Infine, Le sara' probabilmente noto che Amnesty International non ha mai ricevuto, poiche' a norma del suo Statuto non potrebbe mai sollecitarli ne' accettarli, finanziamenti dalla Santa Sede. La 'sospensione' di tali finanziamenti e' tuttavia riportata oggi da alcuni organi di stampa, nel contesto delle critiche che Ella ha rivolto alla nostra associazione. Nel massimo rispetto per il Suo ruolo e per la Sua persona, Le chiedo la disponibilita' a lavorare insieme ad Amnesty International perche' si pongano in essere tutte le misure necessarie, legislative ma anche di educazione e informazione sulla salute sessuale e riproduttiva, affinche' si riducano al massimo i rischi di gravidanze indesiderate e, di conseguenza, si riduca l'incidenza del ricorso all'aborto. Mi auguro, Eminenza, di ricevere una Sua cortese risposta. Con i miei piu' deferenti saluti' Paolo Pobbiati Presidente della Sezione Italiana di Amnesty International FINE DEL COMUNICATO Roma, 18 settembre 2007 Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste: Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - e-mail: press at amnesty.it # Le comunicazioni effettuate per mezzo di Internet non sono affidabili e # pertanto Amnesty International non si assume responsabilita' legale per i # contenuti di questa mail e di eventuali allegati. 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