Rischi per le donne: la pillola abortiva Ru-486 potrebbe essere diffusa in Italia



Rischi per le donne: la pillola abortiva Ru-486 potrebbe essere diffusa in Italia
Intervista alla professoressa Assuntina Morresi

ROMA, giovedì, 24 maggio 2007 (ZENIT.org).- Secondo un comunicato diffuso il 21 maggio dall’ADUC (Associazione Utenti per i Diritti dei Consumatori) il Comitato per le specialità medicinali dell'Emea, l'Agenzia europea del farmaco, avrebbe dato il via libera all’antiprogestinico Mifegyne (mifepristone) prodotto dai Laboratoires Exelgyn, meglio conosciuto come pillola abortiva Ru-486.

Sempre secondo l’ADUC, che sostiene di essere stata informata dai Laboratoires Exelgyn produttori della pillola abortiva, entro il 6 giugno la Commissione europea adotterà questo parere, ed entro settembre la Exelgyn presenterà domanda di mutuo riconoscimento al Ministero della Salute italiano, che lo dovrebbe concedere al massimo a novembre.

“A quel punto — sostengono quelli dell’Aduc — visto che c’è già la disponibilità di un distributore italiano, la Ru-486 sarà commercializzata anche nel nostro paese”.

Per capire le implicazioni mediche per le donne e le eventuali conseguenze sul numero degli aborti, ZENIT ha intervistato la professoressa Assuntina Morresi, che su questo tema ha scritto insieme a Eugenia Roccella il libro “La favola dell'aborto facile. Miti e realtà della pillola Ru-486” (Editore Franco Angeli).

L'Emea ha dato il via libera alla Ru-486, qual è il suo parere in proposito?

Morresi: Innanzitutto bisogna specificare che l'Emea non ha dato il via libera alla Ru-486, che già viene commercializzata liberamente in molti paesi d'Europa. L'ente farmacologico europeo ha esaminato, e approvato, la richiesta francese di diminuire le dosi utilizzate di mifepristone, il principio attivo della Ru-486.

La richiesta, e la relativa approvazione, mi lasciano perplessa perché è noto dalla letteratura scientifica, e ammesso anche dal parere rilasciato dalla stessa Emea, che a dosi minori di Ru-486 può corrispondere una minore efficacia della pillola stessa, cioè un maggior numero di gravidanze non si interromperebbero. Ciò significa che un numero maggiore di donne, dopo avere seguito la procedura farmacologica, potrebbe richiedere l'aborto chirurgico, sottoponendosi quindi a due procedure abortive consecutivamente, con tutto quello che può significare per le donne stesse.

Quali sono le ragioni mediche per cui sostiene sia pericoloso l'utilizzo di questa pillola abortiva?

Morresi: La principale l'ha indicata la stessa Emea, e cioè le infezioni mortali di cui ancora non si sa niente, tranne il fatto che ne sono morte diverse donne. L'Emea però collega il pericolo delle infezioni mortali alla modalità di somministrazione del secondo dei due farmaci abortivi (l'aborto "con la pillola" ha due step: il primo giorno si prende la Ru-486, che uccide l'embrione in pancia, e il terzo si assume il misoprostol, che induce le contrazioni e favorisce l'espulsione dell'embrione morto): si sa che il secondo farmaco è più efficace per via vaginale, e dà meno dolori rispetto alla somministrazione orale, la quale però dopo le morti è la modalità fortemente indicata, perché si sospetta che l'uso vaginale favorisca le infezioni.

Non c'è niente di certo a proposito, sono solo supposizioni, neppure condivise da tutta la comunità scientifica: è vero che molte morti sono avvenute dopo l'uso vaginale, ma è altrettanto vero che questo è l'uso più diffuso. Inoltre, fra le almeno 15 donne morte dopo aver abortito con la pillola dobbiamo considerare anche le morti per emorragie, per gravidanza extrauterina non diagnosticata (per le quali la Ru-486 non solo non è efficace, ma maschera i sintomi e quindi ritarda pericolosamente la diagnosi), per patologie del sangue, per problemi cardiovascolari.

Ci sono inoltre più di mille eventi avversi segnalati presso l'Fda, l'ente farmacologico americano, fra i quali troviamo di tutto: ancora infezioni, problemi cardiovascolari, infarti, emorragie, forti crampi, e molto altro. Non dimentichiamo poi che più della metà delle donne riconosce l'embrione abortito, con le conseguenze che possiamo immaginare.

Una certa cultura contraccettiva e l'ideologia che si rifà alla liberazione della donna sostengono che l'utilizzo della Ru-486 costituisca un progresso perché rende più facile l'aborto. Qual è il suo parere in proposito?

Morresi: Innanzitutto il movimento femminista internazionale non è unanime su questo punto: sono state proprio tre femministe radicali, americane ed australiane, a scrivere il primo libro contro la Ru-486: Renate Klein, Janice Raymond e Lynette Dumble, con Ru 486: Misconceptions, Myths and Morals, fin dal 1991 denunciarono menzogne e pericoli di questo metodo abortivo (e continuano a farlo). Andrebbe spiegato bene alle donne che questa è una procedura più lunga, più incerta e molto più dolorosa di quella per aspirazione.

Il vero motivo per cui c'è tanta propaganda intorno all'aborto farmacologico è che è più facile per i medici, i quali non si dovrebbero più occupare di aborti, se non in caso di complicazioni (che in caso di pericolo per la vita della donna, o anche in caso di mancanza di battito cardiaco dell'embrione dovrebbero essere affrontate da tutto il personale medico, e non solo dai non obiettori): con la Ru-486 si vuole diffondere l'aborto a domicilio, come è già avvenuto in Francia e negli altri Paesi dove questo metodo è diffuso.

Le pasticche si ingeriscono davanti al medico, e il resto succede a casa. Nella loro battaglia per la legalizzazione dell'aborto tante donne chiedevano proprio il contrario, e cioè che la società si facesse carico del problema. Abortendo a casa, da sole, la responsabilità e la solitudine delle donne non può che aumentare.

L'aborto con la Ru-486 è compatibile con la legge 194?

Morresi: Come ha anche confermato un recente parere del Consiglio Superiore di Sanità, lo è solamente se tutta la procedura abortiva avviene entro le strutture ospedaliere. Il che è concretamente difficile: appena assunta la prima pillola, la donna non sa quando abortirà.

Nell'80 % dei casi l'espulsione dell'embrione morto avviene durante la terza giornata della procedura, nelle 24 ore che seguono l'assunzione del secondo farmaco. Il che significa che la maggior parte delle donne dovrebbe almeno rimanere ricoverata tre giorni, mentre con il metodo dell'isterosuzione si impiegano pochi minuti in day hospital.

Secondo lei, una cultura della vita come quella espressa dalla manifestazione del 12 maggio al Family Day ha la forza per contrastare la cultura della morte? E che cosa si potrebbe fare per fermare la diffusone e l'utilizzo della Ru-486?

Morresi: A me non piace parlare di cultura della vita e cultura della morte. L'aborto è un omicidio, comunque lo si attui, ma è anche un atto di estrema violenza verso la donna che lo subisce, anche quando la scelta di abortire è consapevole, e questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Non è corretto contrapporre i diritti del non nato a quelli della donna: eliminare un figlio, anche non voluto, è sempre una sconfitta per la donna, che ne porterà per sempre la ferita dentro di sé, come sappiamo bene dopo aver incontrato tante donne che hanno avuto questa esperienza drammatica.

Così come quando ricordiamo che grazie ai centri di aiuto alla vita sono nati 70.000 bambini, dovremmo esprimerci più correttamente, e dire che i centri di aiuto alla vita hanno aiutato 70.000 donne a portare avanti la loro gravidanza e a far nascere i loro bambini.

Vorrei sottolineare che in tutta l'intervista abbiamo sempre parlato della donna, e mai della coppia: il padre è scomparso, innanzitutto dalla condivisione delle responsabilità, e neanche questa può essere considerata una vittoria delle donne. Vorrei che parlassimo più spesso di costruire insieme una cultura dell'accoglienza e della cura, l'unica che nel tempo può realmente sconfiggere la piaga dell'aborto, riducendone i numeri.

Accoglienza e cura che aiuterebbero ad affrontare meglio anche tanti problemi di fine vita, ma anche, per esempio, questioni legate all'infertilità e alla decisione di affidarsi a tecniche di procreazione artificiale per poter evitare la nascita di figli con probabili handicap. Nei nuovi scenari della tecnoscienza anche la percezione e il vissuto dell'aborto sono diversi, e dobbiamo tenerne conto.

Per limitare l'uso e la diffusione della Ru-486, è sufficiente rispettare la legge 194 in tutte le sue parti: tutti dicono di non volerla cambiare, ma c'è qualcuno che la vuole realmente applicare?

ZI07052407