Hypocrisy Day



Partito Umanista

HYPOCRISY DAY

Il 12 maggio si svolge a Roma una manifestazione dal titolo “Family day” che, come dicono gli organizzatori, avrà come scopo principale quello di sostenere la famiglia e di testimoniare il suo ruolo positivo nella società.
Andando ad analizzare sia il passato che il presente, ci sembra, purtroppo, che la giornata del 12 maggio non ha come protagonista un’istituzione come la “famiglia”, ma un determinato tipo di comportamento, che possiamo senza dubbio definire “ipocrisia”.
Vediamo perché.

In un paese come l’Italia, in cui ha dominato e continua a dominare una classe politica che si autodefinisce “cattolica”, ci si aspetterebbe che le famiglie si trovino in una condizione molto migliore rispetto a quella che vivono in altri paesi. Risulta evidente, invece, che proprio in quei paesi in cui la tradizione cattolica non ha radici così profonde, le famiglie vivono una condizione, almeno dal punto di vista economico e dei servizi sociali, molto migliore delle famiglie italiane.
Da questo si evince la prima “ipocrisia”: come mai scendono in piazza proprio coloro che rappresentano, sia storicamente che attualmente, quella classe politica che si è dimostrata così inadempiente nei confronti dell’istituzione familiare? Stanno scendendo in piazza contro se stessi?

Si dice, inoltre, che questa manifestazione non è contro qualcuno o qualcosa, ma solo a favore della famiglia. Quale famiglia? Ovviamente quella definita “naturale”, cioè costituita da due persone di sesso diverso che si sono coniugati davanti ad un’istituzione religiosa o statale. Non sono considerate famiglie, quindi, quelle costituite da persone che non hanno formalizzato la loro unione davanti ad un’istituzione o che sono di sesso uguale.
E qui c’è la seconda ipocrisia: perché si dice che il Family day non è contro qualcuno o qualcosa, se poi l’unica famiglia che meriterebbe, secondo i promotori, di essere considerata tale è esclusivamente quella costituita davanti alle istituzioni da due persone di sesso diverso?
Il fatto che si dichiari che una manifestazione è “a favore” di qualcosa, non vuol dire automaticamente che non si manifesti anche “contro” qualche altra cosa. Se si manifesta “per” la pace, per esempio, si sta anche manifestando “contro” la guerra. Se si manifesta “per” l’integrazione, ci si sta esprimendo anche “contro” ogni forma di razzismo.
Forse per i vertici ecclesiastici non è così evidente questo ragionamento, visto che quando dichiarano che bisogna essere “a favore della vita”, si dimenticano di esprimersi altrettanto chiaramente “contro” la pena di morte; quando minacciano di scomunica i politici cattolici che votano a favore di una legge che regolamenti l’interruzione della gravidanza, come è successo recentemente in Messico, si dimenticano sempre di rivolgere la stessa scomunica verso chi manda degli esseri umani sulla sedia elettrica.
Evidentemente ognuno ha le sue défaillance cognitive: questa è quella dei vertici cattolici.

Il termine “naturale” è sempre, a nostro avviso, un po’ pericoloso. “Naturalizzare” è un antico vizio, ancora attuale purtroppo, di tutti coloro che hanno voluto e vogliono opprimere altri esseri umani, tentando di ingabbiarli in definizioni e categorie che invece poco hanno a che fare con il mondo umano, che è essenzialmente un mondo sociale che modifica lo stato naturale e animale dello stesso essere umano. Definire “naturale” solo e soltanto il tipo di famiglia che intende l’istituzione religiosa cattolica ha più o meno lo stesso sapore.
Non si dimentichi che il termine famiglia deriva dal latino familia, che a sua volta deriva dalla parola famulus, cioè servitore. Quindi familia designava gli schiavi che erano sottoposti ad un dominus, cioè un padrone. È evidente, di conseguenza, che la famiglia è passata attraverso diverse e numerose trasformazioni nell’arco della storia umana, ha conosciuto cambiamenti vertiginosi, compreso il notevole ridimensionamento numerico che ha dovuto subire in alcune società a causa dei limiti spaziali delle abitazioni per il progressivo affollamento urbano. Senza contare i mutamenti dovuti al giusto inserimento della donna nel mondo del lavoro, il sorgere di nuove strutture che si  sostituiscono alla famiglia tradizionale per badare ai figli, il moltiplicarsi del fenomeno delle adozioni e delle fecondazioni assistite, che hanno messo in discussione persino la “consanguineità” come base vincolante tra i componenti di una famiglia. Continuano, inoltre, ad aumentare i nuclei familiari formati da persone dello stesso sesso, alla base dei quali esiste un sentimento di unione amorosa di cui in molte di quelle famiglie tradizionali così tanto decantate, rimane solo un sogno mai esaudito o un vago ricordo.
Giungiamo così alla terza ipocrisia: di fronte a queste profonde trasformazioni di quale “naturalità” si sta parlando? Se si dichiara che la famiglia è alla base della società e se si accetta che la società, in quanto umana, è soggetta a continue trasformazioni e che quindi ha ben poco di “naturale”, come potrebbe la famiglia, che sarebbe la base della suddetta società, essere sempre la stessa, cioè “naturale”? In altre parole: se la società cambia continuamente, questo vuol dire che, concomitantemente, la famiglia cambia continuamente.
Sarebbe opportuno, a questo punto, che il Family day venisse ribattezzato: sarebbe meglio chiamarlo “One Family day”, nel senso che qui si sta celebrando un solo tipo di famiglia, quella che qualcuno ha deciso di definire “naturale”.
Bisogna fare più attenzione quando si danno certi titoli. “Family day” non ci sembra quello più adatto ad una manifestazione che si svolge con una tale piattaforma programmatica.

Ma un’altra cosa non bisogna dimenticare. Una famiglia, di qualsiasi tipo essa sia, è costituita da singole persone che, come hanno deciso un giorno di coniugarsi, così potrebbero liberamente decidere di separarsi. Di conseguenza, la loro convivenza è qualcosa che potrebbe scomparire, diversamente dalla singola persona che, per tutta la sua vita, ha dei diritti che devono essere sempre rispettati, indipendentemente dal fatto che sia coniugata oppure no.
Ed ecco la quarta ipocrisia: sbandierando ai quattro venti la presunta centralità della famiglia, si tenta di mettere in secondo piano la vera centralità, cioè quella dell’essere umano.
Dove va a finire la centralità dell’essere umano, quando proprio all’interno di questa famiglia si consumano la maggior parte delle violenze che devono subire soprattutto le donne e i bambini?
Che rimane della centralità dell’essere umano, quando si decide che un bambino deve assumere degli psicofarmaci perché si pensa che sia affetto da disturbo dell’attenzione, quando invece, nella stragrande maggioranza dei casi, sono gli adulti a soffrire di mancanza di attenzione verso i bambini?

Noi invece affermiamo, qui ed ora, proprio in base alla centralità dell’essere umano, che se questo è il modello di famiglia, tale modello troppe volte genera dolore e sofferenza nell’essere umano, e quindi va superato. Affermiamo inoltre, che solo quando verranno rispettati tutti i fondamentali diritti dell’essere umano, solo allora, in piena libertà di scelta, le famiglie, di tutti i tipi, vivranno una condizione veramente umana. E non ci sarà bisogno di alcuna manifestazione. Tanto meno di una manifestazione ipocrita come quella del 12 maggio.

Roma, 11 maggio 2007

Carlo Olivieri
Segreteria Programma e Documentazione
del Partito Umanista