Lo scopritore della causa della sindrome di Down, la trisomia 21, salirà



Lo scopritore della causa della sindrome di Down, la trisomia 21, salirà
all'onore degli altari.

L'arcivescovo di Parigi, mons. Andrè Vingt-Trois, previa conferma della
Santa Sede, ha nominato il padre Jean Charles Naud, priore dell'abbazia di
Saint Wandrille, postulatore della causa di beatificazione di Jerome Lejeune
(1926-1994). In questo modo comincia il tanto atteso processo di
beatificazione a livello diocesano. L'annuncio è stato fatto nella XIII
Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, il 25 febbraio
scorso.

Come ricordano gli amici di Noticias Globales, il dottor Jerome Lejeune nel
1959, a soli 33 anni, ha pubblicato la scoperta della causa della sindrome
di Down, la trisomia 21, per questo è considerato uno dei padri della
genetica moderna. Nel 1962 fu nominato come esperto in genetica umana nella
Organizzazione Mondiale della Salute (OMS). Nel 1964 fu nominato Direttore
del Centro nazionale di Investigazione Scientifica di Francia e nello stesso
anno viene creata per lui la cattedra di Genetica fondamentale nella Facoltà
di Medicina della Sorbona. Diventa così il candidato numero uno al Premio
Nobel.

Applaudito e osannato dai "grandi del mondo", smise di esserlo quando nel
1970 si oppose tenacemente al progetto di legge di aborto eugenetico in
Francia: uccidere un bambino per evitare che nasca infermo è un assassinio,
che apre le porte alla legalizzazione del crimine totale dell'aborto.

In quei mesi partecipa a New York, nella sede dell'ONU, ad una riunione che
cercava di giustificare, già allora, l'aborto con la scusa di evitare gli
aborti clandestini. In quell'occasione, riferendosi all'OMS, disse: "Qui c'è
una istituzione per la salute che si è trasformata in una istituzione per la
morte". Quella stessa sera scrive a sua moglie e a sua figlia dicendo: "Oggi
mi sono giocato il mio Premio Nobel".

La difesa di Lejeune dell'essere umano dal suo concepimento si basò sempre
su argomenti scientifico-razionali prima di qualsiasi considerazione
religiosa.

Rifiutò scientificamente non solo il crimine abominevole dell'aborto, ma
anche concetti ideologici come quello del pre-embrione. Per queste ragioni
lo isolarono, lo accusarono di integrismo e fondamentalismo e di cercare di
imporre la sua fede cattolica nell'ambito della scienza.

Fu incompreso e perseguitato in ambito ecclesiale e isolato dai suoi
colleghi. Ma in nessun momento ascoltò i prudenti che gli consigliavano di
"calmarsi per poter arrivare più in alto e così poter influire di più": le
strutture di peccato non si possono cambiare, fanno solo complici.
Oltretutto, gli dicevano anche che stava facendo cadere in miseria la sua
famiglia, perchè gli furono tagliati tutti i fondi per le sue ricerche delle
quali viveva. Lejeune continuò con le sue ricerche, sostenne la sua famiglia
e si finanziò dando conferenze.

Giovanni Paolo II, nella lettera al cardinale Lustiger, arcivescovo di
Parigi, in occasione della morte di Lejeune diceva: "Nella sua condizione di
scienziato e di biologo era un appassionato della vita. Arrivò ad essere il
più grande difensore della vita, specialmente della vita dei nascituri, così
minacciata nella società contemporanea da pensare che sia una minaccia
programmata. Lejeune assunse pienamente la particolare responsabilità dello
scienziato, disposto ad essere segno di contraddizione, senza fare caso alle
pressioni della società permissiva e all'ostracisimo di cui era vittima".

Nel 1992 inizia, su richiesta di Giovanni Paolo II, la gestazione della
Pontificia Accademia per la Vita, creata da Sua Santità l'11 febbraio 1994.
Il 26 febbraio seguente, Lejeune riceve, già nel suo letto di morte, la
nomina di Presidente dell'Accademia. Consegnò la sua anima a Dio la Domenica
di Pasqua del 1994 (3 aprile).

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