Prigione, caserma,
Parlamento. La vita sotto scorta di Geert Wilders |
Il nome del deputato
olandese era affisso sul petto di Theo van Gogh. “Punizione,
decapitazione, paradiso”
Roma. “Tra poche ore discuterò con la polizia delle
ultime minacce”. Da due anni il politico olandese Geert Wilders sta
attraversando un incubo. E’ vivo grazie alla protezione di sei guardie del
corpo, antifascista esecrato a sinistra, fuggiasco condannato a morte
dagli islamisti, perseguitato sotto la brace della convivenza. Wilders si
è abituato a vivere alle pendici di un vulcano, un’esistenza ritualizzata
dall’ecatombe quotidiana della libertà. Il suo nome era in cima alla
“lista di morte” compilata da Mohammed Bouyeri prima che recidesse la
carotide di Theo van Gogh. “Che Allah possa distruggerti”, ha scritto
Bouyeri. Ex collega di Ayaan Hirsi Ali nella formazione liberale, Wilders
ha portato nella Camera bassa del Parlamento sei deputati con una nuova
formazione. “Ho fondato un ‘Partito per la libertà’, ma sono l’uomo meno
libero d’Olanda”, racconta Wilders al Foglio. Cinque minacce di morte al
giorno non riescono però a bruciare una speranza indomita che cela dietro
a un linguaggio beffardo e intenso. Non è necessario condividere tutto ciò
che dice per capire cosa è in gioco in questo fronte interno della
democrazia. Ceri votivi con le sue foto sono stati affissi su alcuni
alberi di Rotterdam: il conto alla rovescia è iniziato da tempo. “Dopo la
scoperta della lettera di Bouyeri fui portato in una caserma militare. Era
una situazione sconvolgente, immaginare che in questo momento, mentre noi
due parliamo, qualcuno pianifica la tua morte. Il mio nome è stato trovato
fra alcune carte a Hebron e in Iraq”. I siti islamisti offrono laute
ricompense, e la solita promessa delle 72 vergini in paradiso, a chi
riuscirà a ucciderlo, meglio decapitarlo. Per Wilders, caratura del
libertario estremo sotto il “sudore della paura”, l’islamizzazione
demografica significa “la fine dell’Olanda così come la conosciamo. Il
giorno in cui ci saranno più musulmani che ebrei e cristiani, lascerò il
mio paese, che sia parlamentare o no. La mia colpa, dopo Van Gogh, è aver
detto che c’era troppo islam in Olanda e che bisognava congelare
l’immigrazione dai paesi islamici per cinque anni. Negli ultimi due anni
c’è stata un’ondata di antisemitismo islamico e di aggressione verso gli
omosessuali”. Quando va in Parlamento siede in una zona non visibile al
pubblico e un anno fa gli islamisti hanno tentato di assaltare l’edificio.
“Nel 2006 ho ricevuto più minacce che nel 2005, le speranze di
normalizzazione sono svanite. L’obiettivo dei fascisti islamici è
l’instaurazione della sharia e l’abbattimento delle protezioni che ci ha
assicurato la tradizione giudaico-cristiana: uguaglianza, rispetto e
libertà”.
“La tolleranza è diventata consenso” Il livello più
atroce di questa esistenza in esilio lo ha toccato quando è stato
costretto a vivere per molti mesi nella prigione Kamp Zeist, nella cella
accanto a quella dei terroristi del Lockerbie. “In carcere avevo una
stanza per dormire e vestirmi e una per mangiare”. A volte si concedeva
piccole eccezioni. “Mangiare fuori con qualche amico è sempre meglio che
in prigione da solo. Dopo la morte di Van Gogh, Ayaan è stata trasferita
in una base navale, io in una prigione. E’ stato terribile, specie per mia
moglie”. Quindi è passato alle caserme militari e a una serie di
appartamenti del governo. “Qualcuno aveva ricevuto informazioni sulla mia
destinazione notturna. Ora beneficio di un appartamento sicuro, fra
telecamere e poliziotti”. Di solito le minacce di morte arrivano via
e-mail, altre da Internet, altre ancora in video. Come questa: “E’ un
nemico dell’islam, deve essere decapitato”. E ancora: “Rinomineremo la
Euromast (torre di Rotterdam, ndr) nell’edificio per le esecuzioni con il
sangue di Wilders”. Oppure: “Hai cercato di disperdere l’islam, le spade
sono affilate”. La polizia ha arrestato un uomo in possesso di una bomba
carica di chiodi, modello 7 luglio londinese. Era destinata a Wilders. “La
tolleranza è un dono bellissimo, è common sense, ma relativismo e
multiculturalismo l’hanno trasformata in consenso. I terroristi colpivano
New York e Madrid e noi c’illudevamo che non arrivassero da noi”. Wilders
ha lavorato come speechwriter per l’eurocommissario Frits Bolkestein prima
di diventare il più scortato nemico dei “thugs islamo-fascisti”, contro
cui serve, ha scritto su NRC Handelsblad, un “jihad liberale”. Quando il
livello d’allerta sale non sa dove passerà la notte, va dove lo portano.
Non usa il telefono e per mesi ha visto la moglie due volte alla
settimana, in un appartamento del governo, sempre quando lo decideva la
polizia. Anche le penne vengono ispezionate, in cerca di ordigni, prima
che varchino la porta del suo ufficio. A volte si trovano biglietti come
questo: “Nome: Wilders. Peccato: derisione dell’islam. Punizione:
decapitazione. Ricompensa: paradiso”.
(12/12/2006) |
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