Dal suo rifugio
segreto, in una intervista a "El Paìs", lo scrittore parla dei boss e dei
clan "mito e ossessione"
la solidarietà è solo una parola"
"Mi sono lasciato prendere dal carisma di questa
gente per poterlo raccontare" di
LAURA LUCCHINI
Saviano: "Non
riscriverei Gomorra PRIMA sono arivate le telefonate anonime; poi, le
minacce di morte, infine, la scorta e l'esilio lontano dalla sua città. Tutto è
cambiato per Roberto Saviano, 28 anni, da quando ha pubblicato il suo primo
libro, "Gomorra", che ha già venduto 300mila copie. Fino ad allora, la sua vita
era stata relativamente tranquilla. Viveva a Napoli, amava percorrere le strade
sulla sua Vespa e seguire le trame criminali. La camorra era, e continua a
essere, la sua ossessione. Dedicava tutto il suo tempo a rivedere gli
incartamenti giudiziari, si sintonizzava sulla radio della polizia per arrivare
sul luogo del delitto insieme alle pattuglie.
"El País" lo ha
intervistato nel suo rifugio, mentre a Napoli si scatenava una nuova guerra tra
camorristi e si lanciava l'ennesimo allarme per l'aumento della criminalità
mafiosa.
Qual è la differenza tra la mafia siciliana e la camorra
napoletana? "La mafia siciliana ha una struttura piramidale e la Camorra
l'ha orizzontale. Entrambi i sistemi si rapportano in maniera diversa al potere
politico. Il meccanismo mafioso è semplice e si riduce al binomio appalti-mafia.
Vale a dire che la mafia, tramite la politica, ottiene appalti pubblici
(edilizia, raccolta dei rifiuti, ospedali, ecc.). La camorra, invece, funziona
con una logica ultraliberale il cui fulcro non è l'appoggio dei politici. Ciò
rende la camorra più flessibile e più imprevedibile. Non può esistere nella
camorra un boss che abbia il monopolio dei prezzi, perché se lo facesse sarebbe
assassinato o arrestato. Un esempio: Sandokan Schiavone a un certo punto aveva
monopolizzato l'usura, il prezzo del cemento e il prezzo del latte. Fu
arrestato. Altri boss arrivarono e il prezzo del latte tornò a scendere".
Quindi nella
camorra non possono esistere boss come Bernardo Provenzano, il capo di Cosa
Nostra per decenni? "No, è molto difficile. Un boss che mantiene il
potere fino ai 70 anni e, inoltre, con quel carisma ... È stata molto
significativa la vicenda di Provenzano, lo hanno scovato nella sua casa. Viveva
in condizioni indecenti. Anche Sandokan Schiavone fu trovato nel suo paese
nascosto sotto la sua casa. Ma lì non aveva una cantina, ma un palazzo".
I boss della camorra l'affascinano in qualche modo? "La
struttura criminale è molto più importante degli individui. Ma le personalità
semplici hanno per me, che sono uno scrittore e non un giornalista, un valore
letterario enorme. Penso a Augusto la Torre, il boss psicoanalista, che parlava
citando Lacan. O a Giuseppe Misso, che ha scritto diversi libri. O a Luigi
Volla, soprannominato Il Califfo, che ama i quadri di Botticelli. O a Sandokan
Schiavone, che possedeva una vasta biblioteca dedicata a Napoleone... Sono stato
accusato spesso di essere vittima del loro fascino e in qualche modo è così. Mi
sono lasciato prendere dal carisma di questa gente per poterlo raccontare.
Perché sono i miei miti, i miti del posto in cui sono cresciuto. Per capire i
boss, ho dovuto guardarmi allo specchio, più che guardare loro".
Si è
lasciato ossessionare dalla camorra? "Sì. E credo che uno scrittore
debba ossessionarsi con ciascuno dei suoi libri. Se avessi scelto di scrivere di
cavalli, avrei visto muscoli, tendini, figure in velocità e metafore equine
ovunque. Ma ho scelto di raccontare la mia epoca e la condizione umana
attraverso la camorra. Mi sono lasciato ossessionare da queste storie perché
sono una loro vittima, perché sono cresciuto in quel luogo".
Se
potesse tornare indietro, lo scriverebbe Gomorra? "No. E non per le
minacce, ma per quello che esse hanno comportato: il comportamento degli editori
e di molte persone vicine. La solidarietà è solo una parola".
(Copyright El País-La Repubblica traduzione di
Guiomar Parada)
(13
novembre 2006)
|