La Francia e la fatwa (dal Foglio)



La Francia e la fatwa (dal Foglio)

Robert Redeker è costretto
a nascondersi e i politici scelgono
"un candido silenzio", dice Julliard

Parigi. In Francia un "candido silenzio"
ha avvolto il caso di Robert Redeker, il professore
di filosofia minacciato di morte da
islamisti radicali per aver criticato la violenza
della religione coranica in un editoriale
sul Figaro. Redeker continua a nascondersi,
cambia domicilio ogni due giorni,
è protetto dagli agenti della Direzione della
sorveglianza del territorio, si sente "abbandonato".
I politici però preferiscono non
parlarne. A parte il premier Dominique de
Villepin, che ha definito "inaccettabile" l'intimidazione,
nessuno dei candidati alle primarie
del Partito socialista per le presidenziali
ha espresso condanna o solidarietà. Un
candido silenzio, appunto, come lo definisce
Jacques Julliard, editorialista del Nouvel
Observateur, uno dei pochi a difendere da
sinistra il discorso di Benedetto XVI a Regensburg
in nome della libertà di espressione.
"Nessuno ha voglia di immischiarsi -
spiega al Foglio Julliard - Fra
i loro elettori ci saranno milioni di musulmani.
Non hanno voglia di entrare in polemica e
magari ricevere una fatwa. E' una brutta
cosa. La libertà di pensiero si logora se uno non se ne serve.
Siamo di fronte a una regressione formidabile.
Nessuno poteva immaginare che in un paese come la
Francia si potesse essere minacciati
per le proprie opinioni.
Dopo il discorso del papa a Regensburg, quello di Redeker è
un nuovo caso Rushdie. Succede oggi quello
che nessuno si sarebbe mai aspettato: che la
libertà di opinione potesse essere minacciata
non dallo stato, con forme di censure, come
è successo in passato, ma da gruppi clandestini".
Dominique Strauss-Kahn, Ségolène
Royal, Laurent Fabius - i socialisti che vogliono
diventare presidenti di Francia - nei
loro discorsi di candidatura non ne hanno
fatto parola. Fra i membri di governo c'è chi
ha reagito in forma ambivalente, come il ministro
dell'Istruzione, Gilles de Robien, che
ha introdotto un distinguo tra l'espressione
di solidarietà e il richiamo alla "prudenza"
cui sarebbe tenuto il pubblico funzionario.
Julliard è scandalizzato: "Gilles de Robien
ha detto che la libertà di opinione è imprescrittibile,
poi ha aggiunto che quando si è
un funzionario pubblico bisogna dare prova
di prudenza e moderazione. Ma nel caso Redeker
non si tratta di ciò che dice in classe
un professore durante la lezione, ma del diritto
di un libero cittadino a esprimersi liberamente
su un giornale. La riserva di Gilles
de Robien è la dimostrazione di una classe
politica conformista e poco coraggiosa,
che preferisce schivare il problema piuttosto
che affrontarlo". Il tema è delicato e lo
diventa sempre di più se persino il rappresentante
del Movimento contro il razzismo e
per l'amicizia tra i popoli (Mrap), Mouloud
Aounit, ha perso di vista i diritti dell'uomo
quando ha definito "provocatorie" le affermazioni
di Redeker e "inammissibili" le minacce
di morte, stigmatizzando "ogni forma
di violenza che purtroppo ne richiama altre
e ancora più estremiste".
Persino il Monde s'accorge del paradosso
"Il Mrap - spiega Julliard - ha messo sullo
stesso piano aggredito e aggressori. Non
ha capito che cosa è realmente successo.
Rappresenta dunque una prova lampante di
quell'islamizzazione mentale rampante che
Redeker ha cercato di denunciare". Come
Julliard la pensa anche Claude Lanzmann,
direttore della rivista fondata da Jean Paul
Sartre, Temps Modernes (nel cui comitato di
redazione siede lo stesso Redeker), che in
suo sostegno ha lanciato un appello. "Oggi
c'è una grande paura - ha detto Lanzmann -
Siamo arrivati a vietare un'opera di Mozart
a Berlino, come se gli ebrei chiedessero di
tagliare dal 'Mercante di Venezia' di Shakespeare
la scena della libbra di carne richiesta
dall'usurario Shylock".
Che in questo tiepido reagire ci fosse
qualcosa di strano se ne è accorto persino il
Monde, il campione del politically correct,
che ieri ha pubblicato l'appello - sottoscritto
da André Glucksmann, Alain Finkielkraut,
Alexandre Adler, Bernard-Henry Lévy,
Pascal Bruckner, Elisabeth Badinter e molti
altri - per ribadire che "non è questo il
momento della vigliaccheria". La politica tace,
gli intellettuali no. "Nell'insieme, hanno
avuto la reazione che ci si aspettava - osserva
Julliard - Anche se devo constatare che
alcuni noti anticlericali da qualche tempo
restano in silenzio. Non faccio nomi. Ma
molti intellettuali in Francia trovano più comodo
attaccare il cristianesimo, che ormai
non minaccia nessuno, piuttosto che criticare
l'islam, che è una minaccia per tutti". Chiacchiera con i tuoi amici in tempo reale! http://it.yahoo.com/mail_it/foot/*http://it.messenger.yahoo.com