Ru486 senza dolore e
Unità senza pudore |
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Sulla pillola abortiva
il giornale dal fascione rosso spara panzane
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Prendete nota: l’aborto
chimico con la pillola Ru486 è, secondo l’Unità, l’“aborto senza dolore”.
Non con meno dolore, magari con diverso e “meno invasivo” procedimento, un
altro luogo comune che tanto piace ai libertari de’ noantri (sulla pelle
altrui) ma che almeno ha il modesto pregio della relatività. No,
sull’Unità c’è scritto proprio “aborto senza dolore”. Garantito,
certificato, proclamato tale da una spericolata cronista del giornale di
rosso fascionato, e ribadito due volte, nel pur breve spazio dell’articolo
in cui si dava conto della polemica attorno alle dichiarazioni del
ministro della Salute Livia Turco sulla sperimentazione della Ru486, e
delle reazioni dell’Osservatore Romano. Ma come si può? Come si può
sparare una balla così colossale e pericolosa e offensiva, davvero, per le
donne? La giornalista dell’Unità, così sicura di quella castroneria, può
forse non aver letto le decine di articoli che, sulla stampa
internazionale (stiamo parlando del New York Times, del Wall Street
Journal, del New England Journal of Medicine) raccontano in che cosa
consista veramente l’aborto chimico, e quanto dolore fisico e pericolo
comporti. Può giustamente ignorare le decine di articoli usciti su questo
giornale e sull’Avvenire, quindi non sapere che gli effetti collaterali
della Ru486 prevedono anche una infezione letale che, a tutt’oggi, ha
ucciso almeno dodici donne in meno di quattro anni. Può non aver sentito
parlare della dottoressa Elisabeth Aubeny, collaboratrice principale
dell’inventore della Ru486, étienne-émile Baulieu, che l’anno scorso,
intervistata da Skynews 24, ammetteva che il vero problema della pillola
abortiva “è il dolore”. Può non sapere che il chirurgo Ignazio Marino
paragona i dolori dell’aborto con la Ru486 a quelli di un
“mini-travaglio”. Ma non può non conoscere ciò che scrivono gli stessi
sostenitori italiani della Ru486. Un nome a caso: Silvio Viale, il medico
autoincaricatosi della promozione dell’aborto chimico in Italia, lo
sperimentatore al Sant’Anna di Torino. Sulla rivista Bioetica del marzo
2003, è lui a descrivere il dolore provocato dalla pillola abortiva, a
enumerare gli analgesici usati per combatterlo, ad ammettere che “sembra
che il bisogno di analgesia sia minore per l’aborto chirurgico”, e a
raccontare che in Gran Bretagna “in una buona percentuale di casi” si
somministra la morfina. Stravagante, non è vero, per l’“aborto senza
dolore”?
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