Amnesty: oltre 20.000 prigionieri nei bracci della morte. Nel 2005, almeno 2.148 esecuzioni e 5.186 condanne a morte



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COMUNICATO STAMPA
CS41-2006

AMNESTY INTERNATIONAL: OLTRE 20.000 PRIGIONIERI NEI BRACCI DELLA MORTE.
NEL 2005, ALMENO 2.148 ESECUZIONI E 5.186 CONDANNE A MORTE

Amnesty International ha reso noto oggi che oltre 20.000 prigionieri nel
mondo sono in attesa di essere uccisi dai loro governi.

Secondo i dati sull'applicazione della pena di morte nel mondo, diffusi
oggi dall'organizzazione per i diritti umani, nel 2005 sono state messe a
morte almeno 2.148 persone in 22 paesi. Il 94% delle esecuzioni ha avuto
luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita e Usa. Lo scorso anno sono state
emesse 5.186 condanne a morte in 53 paesi.

Le informazioni in possesso di Amnesty International evidenziano che in
Cina vi sarebbero state circa 1.770 esecuzioni. Ma il numero effettivo
potrebbe essere molto piu' alto: secondo un esperto legale cinese,
sarebbero circa 8.000 i prigionieri messi a morte nel paese ogni anno.

Nel corso del 2005 in Iran sono stati messi a morte almeno 94 prigionieri,
in Arabia Saudita almeno 86. In entrambi i paesi, i dati reali potrebbero
essere piu' alti. Sono invece 60 le esecuzioni registrate in Usa, piu' di
1.000 dal 1976, anno della reintroduzione della pena capitale.

Tuttavia, i dati resi pubblici oggi sono approssimativi a causa del
segreto che circonda l'applicazione della pena di morte. Molti governi,
come quello cinese, rifiutano di pubblicare statistiche ufficiali sulle
esecuzioni, in paesi come il Vietnam le informazioni su questo argomento
sono considerate 'segreto di Stato'.

'I dati sulla pena di morte sono davvero inquietanti: almeno 20.000
persone stanno contando i giorni che li separano dal momento in cui lo
Stato togliera' loro la vita. La pena di morte rappresenta l'estrema,
irreversibile negazione dei diritti umani, poiché e' contraria all'essenza
stessa dei valori fondamentali. Spesso e' applicata in modo
discriminatorio, a seguito di processi iniqui o per ragioni politiche.
Quando e' frutto di un'ingiustizia puo' rappresentare un errore fatale' -
ha dichiarato Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International.

'La pena di morte non ha un potere deterrente particolare nei confronti
del crimine. I governi dovrebbero sforzarsi di introdurre misure efficaci
contro la criminalita' invece di affidarsi all'illusoria sensazione di
controllo che da' la pena di morte' - ha aggiunto Khan.

Nonostante i dati agghiaccianti rilevati nello studio di Amnesty
International, la tendenza verso l'abolizione continua a crescere: negli
ultimi 20 anni il numero degli Stati che eseguono condanne a morte si e'
dimezzato e nel 2005 e' risultato in calo per il quarto anno consecutivo.
Due esempi recenti sono il Messico e la Liberia dove lo scorso anno la
pena capitale e' stata abolita per tutti i crimini.

'Mentre il mondo continua a fare a meno della pena di morte paesi come la
Cina, l'Iran, l'Arabia Saudita e gli Usa costituiscono una clamorosa
anomalia per l'estremo uso che ne fanno' - ha proseguito Khan.

In Cina, paese che da solo totalizza l'80% delle esecuzioni, si puo'
essere messi a morte per 68 reati, anche per atti che non comportano l'uso
della violenza, come la frode fiscale, l'appropriazione indebita e i
crimini legati al traffico di droga.

Secondo i dati di Amnesty International, l'Iran e' l'unico paese che nel
2005 ha messo a morte minorenni all'epoca del reato, almeno otto, due dei
quali avevano meno di 18 anni anche al momento dell'esecuzione. Gli Usa,
in precedenza leader mondiali in questo campo, hanno messo al bando le
esecuzioni nei confronti dei minorenni nel marzo 2005.

'Il fatto che gli Usa abbiano preso questa decisione dovrebbe costituire
un chiaro messaggio rivolto ai paesi che ancora applicano questa pratica
barbara. La sentenza della Corte suprema Usa costituisce una pietra
miliare verso un importante obiettivo: l'abolizione globale della pena di
morte per i minorenni' - ha sottolineato Khan.

In Arabia Saudita, prigionieri sono stati prelevati dalle loro celle e
uccisi, senza che nessuno li avesse informati della loro condanna a morte;
altri detenuti, stranieri o appartenenti a minoranze etniche, sono stati
giudicati colpevoli e condannati al termine di processi celebrati in una
lingua sconosciuta, senza che fosse stato fornito loro un interprete.

Negli Usa, durante il 2005, due persone sono state rilasciate dal braccio
della morte dopo che era stata provata la loro innocenza.

In alcuni paesi, l'uso della pena capitale puo' essere pericolosamente
legato a interessi economici. In Cina, sono in molti a temere che gli alti
profitti derivanti dall'espianto degli organi delle persone messe a morte
possano essere un incentivo a mantenerla.

In molti Stati, procedure inumane aggravano l'intrinseca crudelta' della
permanenza nei bracci della morte. In Bielorussia e in Uzbekistan, le
autorita' non informano i prigionieri né i loro familiari sulla data di
esecuzione, negando cosi' la possibilita' di un ultimo saluto. I corpi dei
prigionieri non vengono restituiti ai parenti e a questi ultimi viene
persino tenuto nascosto il luogo di sepoltura.

Il rapporto di Amnesty International mette in luce, inoltre, le
conseguenze mortali dei processi iniqui. In Giappone, diverse persone sono
state condannate a morte dopo essere state sottoposte a maltrattamenti,
costrette a confessare crimini mai commessi. In paesi come la Bielorussia
e l'Uzbekistan un sistema penale pieno di falle e minato dalla corruzione
crea terreno fertile per errori giudiziari. Secondo denunce attendibili,
le esecuzioni in Uzbekistan avvengono spesso dopo processi iniqui, a
seguito di maltrattamenti e torture con lo scopo di estorcere confessioni.

'Il percorso abolizionista e' inarrestabile. Nel 1977, solo 16 paesi
avevano abolito la pena di morte per tutti i reati. Alla fine del 2005, il
loro numero e' salito a 86. La campagna di Amnesty International
continuera' fino a quando ogni condanna a morte sara' stata commutata e la
pena capitale abolita. I diritti umani spettano sia ai colpevoli che agli
innocenti, sia ai migliori che ai peggiori di noi. Ed ecco perché la pena
di morte dev'essere abolita in tutto il mondo.' - ha concluso Khan.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 20 aprile 2006

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it



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