Magdalene Sisters l'8 marzo
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- Date: Sat, 4 Mar 2006 19:25:11 +0100
| Articolo 
di Natalia 
Aspesi  La Repubblica del 
31.8.2002“MULLAN: ACCUSO LA CHIESA CHE UMILIAVA LE DONNE” La sua è una storia horror, di quasi insopportabile oppressione femminile, con una scena di nudo d’indicibile umiliazione; il film potrebbe davvero suscitare sdegno, eppure, dice l’autore Peter Mullan, “non credo che la Chiesa protesterà ufficialmente, perché ha ben altro a cui pensare, ben altri scandali di cui rendere conto, per esempio la vergogna dei preti pedofili negli Stati Uniti: anche in Irlanda ha avuto molte noie e sono finiti sotto inchiesta orfanotrofi religiosi e denunciati per maltrattamenti e abusi”. The Magdalene 
sisters, in concorso,  è uscito 
ieri nei cinema italiani in contemporanea con Venezia, e racconta la tragedia 
tutta anglo-irlandese dei conventi gestiti dalle suore della Misericordia, dove 
venivano imprigionate anche a vita giovani donne considerate perdute: 
“Ragazze colpevoli di avere offeso Dio, perché diventate madri senza essere 
sposate , perché stuprate e quindi cadute in peccato mortale, perché troppo 
carine e quindi portatrici anche inconsapevoli di tentazione e seduzione”. 
Il film può apparire del tutto incredibile, visto che si svolge non secoli fa ma 
nel 1964, e infatti alla proiezione per la stampa c’erano spettatori indignati, 
tra cui il critico dell’Avvenire Francesco Bolzoni che lo ha definito 
“ridicolo e infame”. “Le nostre ricerche sono state accurate, 
nulla di quel che mostriamo è stato inventato: in quegli anni in Inghilterra i 
conventi Magdalene, che prendevano il nome dalla peccatrice del Vangelo Maria 
Maddale, erano 15, in Scozia 4, in Irlanda del Nord 3, in Irlanda 23. L’ultimo è 
stato chiuso nel 1996, e non per ragioni etiche, non perché la società civile si 
sia ribellata, ma solo perché la diffusione di massa delle lavatrici domestiche 
aveva reso obsoleto la loro funzione e non erano più fonte di guadagno: infatti 
i conventi Magdalene non erano altro che grandi lavanderie gestite dalla 
gerarchia ecclesiastica, in cui le penitenti recluse lavoravano come schiave, 
senza alcun compenso.”Peter Mullan è scozzese e 
cattolico (è stato il protagonista di “My name is Joe” di Loach, vincendo il 
premio per il miglior attore a Cannes nel ’98) è contro ogni integralismo 
religioso, “perché, sia cattolico che islamico, perpetua la paura patriarcale 
delle donne, soprattutto giovani o addirittura adolescenti, e non sa difendersi 
che opprimendole e cancellandole ed esercitando il controllo feroce della loro 
sessualità”. Il regista assicura di aver tralasciato 
episodi veri ma raccapriccianti per paura di rendere il film insopportabile. 
Bernadette vive in uno orfanotrofio ed è così civetta da spazzolarsi i capelli; 
Patricia è costretta dai genitori a dare il suo piccolo “bastardo” in adozione; 
Crispina è ritardata e madre inconsapevole; Margaret è stata stuprata. Dio si è 
arrabbiato con queste peccatrici, le famiglie non sopportano di essere 
disonorate, il parroco sente il dovere di proteggere da loro la sua virtuosa 
comunità. Un tribunale non può giudicarle perché non hanno commesso alcun 
delitto, ma la Chiesa può farle espiare: finiranno in un Magdalene, private di 
tutto, impossibilitate ad alcun contatto col mondo, condannate a pagare per 
tutta la vita, a meno che un parente vada a riprendersele sfidando l’ostracismo 
sociale, oppure evadendo. “Non era difficile fuggire da quei lager, ma se 
venivano riprese, le punizioni erano terribili, in più spesso erano le stesse 
recluse a ritornare perché bollate come puttane, rifiutate dalla famiglia, ormai 
istituzionalizzate, erano incapaci di vivere libere”. Il film inizia con 
un’allegra, rumorosa festa di nozze, durante la quale Margaret viene violentata 
dal cugino: la notizia corre di parente in parente, muta nel fragore della 
musica, ma non sarà il ragazzo, il maschio, a essere punito se non denunciato, 
ma la ragazza, ormai marchiata per sempre e per sempre portatrice di peccato. 
Nell’ansia cattiva, nella paura umiliata, che percorre ogni scena, ce n’è una di 
massima desolazione: due suore stupide organizzano un gioco crudele: le ragazze 
nude e tutte schierate, e loro a giudicarle, senza neppure morbosità, chi ha i 
capezzoli più piccoli, chi il seno più pesante, chi il sedere più grosso, chi è 
più pelosa. Il ludibrio di quei corpi che la Chiesa ha condannato perché impuri, 
di quella nudità che offende la religione, di quell’essere femmine e quindi 
dannate all’inferno, è ancora più angoscioso delle percosse, delle mani immerse 
nell’acqua a sfregare sporcizia tutti i giorni, dei capelli rasati. Pare di 
essere ai tempi dei Miserabili, di Oliver Twist, della Londra incisa da Dorè, “eppure 
queste sono storie autentiche, documentate, e le protagoniste sono ancora vive. 
Si calcola comunque abbiano vissuto sino alla morte più di 30.000 donne 
dimenticate”. Se la Chiesa cattolica d’Irlanda nel film è 
davvero la matrigna cattiva, “è ovvio che un’organizzazione colpevole come 
quella dei conventi Magdalene poteva prosperare solo in un paese e in anni in 
cui le famiglie erano conniventi e collaboravano all’annientamento di chi 
portava il disonore, e in cui gli uomini esercitavano ogni potere e angheria 
sulle donne. Come in tutti i luoghi concentrazionari, anche in quei conventi di 
sole donne, da cui la misericordia, la compassione erano bandite, s’ instaurava 
la legge del più forte, il piacere del sadismo, il contagio della 
cattiveria”. L’Irlanda naturalmente è molto cambiata  negli ultimi anni: “La religione non 
è più così invasiva, ma il suo potere è stato sostituito da quello del denaro. 
Oggi l’ossessione non è evitare il peccato, ma arricchirsi. E ancora a pagare 
sono i più deboli”. 
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