Ribaltati i dati forniti dall’Eurispes su cattolici, aborto e magistero
della Chiesa
Assuntina Morresi spiega la manipolazione dei dati
ROMA, lunedì, 23 gennaio 2006 (ZENIT.org).- Grande scalpore è stato destato
dal Rapporto Italia 2006 dell'Istituto di Studi Economici, Politici e Sociali
(Eurispes), secondo cui i cattolici sono
in decrescita e rispondono sempre meno al magistero della Chiesa.
In
un’intervista concessa a ZENIT, Assuntina Morresi, docente di Chimica Fisica
all’Università di Perugia e coautrice – insieme a Eugenia Roccella e Lucetta
Scaraffia – del libro “Contro il Cristianesimo” (Piemme 2005), sostiene che “i
cattolici praticanti sono il 32% della popolazione italiana”, “il magistero è
tenuto in forte considerazione anche dai non praticanti” e gli Italiani sono
“generalmente lontani da una mentalità abortiva”.
“Il lancio dell’ultimo
sondaggio dell’Eurispes è proprio l’esempio per eccellenza di come si voglia a
tutti i costi rappresentare un’Italia che non c’è, mistificando fino
all’inverosimile i dati che sono sotto gli occhi di tutti”, ha affermato la
Morresi. “Non so dire fino a che punto ci sia malafede in chi ha commentato il
sondaggio e dove cominci invece la superficialità”.
Qual è il suo
parere sul rapporto Eurispes? I criteri utilizzati sono credibili?
Morresi: Innanzitutto la relazione completa dell’Eurispes sarà resa nota
il 27 gennaio, quindi l’analisi si basa sui dati pubblicati finora dai giornali,
e non sul testo originale.
Partendo dall’ipotesi che il campione sia
rappresentativo, il primo dato è che l'87% degli Italiani si dichiara cattolico,
in aumento dell'8% rispetto a quindici anni fa.
Un dato molto importante
perché indica un’esigenza di significato, la ricerca di una dimensione
spirituale non generica, una richiesta di identità culturale che evidentemente
trova una qualche risposta solo nel cristianesimo.
Un’autocertificazione
di cattolicità è un criterio interessante, perché indica una tendenza in atto,
ma non può costituire la base quantitativa di un sondaggio, che richiede criteri
oggettivi, e non di percezione di sé.
Di solito i cattolici sono contati
in base alla fedeltà ad alcuni sacramenti: una Nazione si definisce cattolica in
base al numero dei battezzati, per esempio, mentre una società si può definire
tale contando il numero dei matrimoni celebrati con rito religioso. Un criterio
utilizzato spesso in sondaggi di questo tipo è quello della frequenza alla
Messa.
Anche l’Eurispes prende in considerazione questo criterio, ma lo
fa per definire i cattolici “praticanti”: sono un terzo fra quelli che si dicono
cattolici, valutati probabilmente considerando chi va a Messa una o più volte
alla settimana. La percentuale esatta è il 36,8% di chi si percepisce cattolico,
il che corrisponde al 32% della popolazione italiana (curiosamente coincidente
con quella dei contrari alla 194, nel referendum di quasi trent’anni fa).
Questo cosa vuol dire?
Morresi: Tenendo conto di questi
criteri, l’esito del sondaggio prova che un terzo della popolazione italiana è
cattolica praticante e pensa e si comporta in totale sintonia con il magistero
della Chiesa, che comunque è condiviso o preso in seria considerazione anche da
molti non praticanti.
Il dato eclatante è quello sull’aborto: se i
numeri corrispondono al vero, la maggior parte degli italiani è addirittura a
favore di una restrizione della 194. La dimostrazione è facile:
Dal
sondaggio Eurispes risulta che in caso di pericolo di vita della madre, è
favorevole all’aborto l’83.2% dei cattolici e l’89.9% dei non cattolici. Non
abortirebbe in caso di pericolo di vita della madre il 16.8% di chi si dichiara
cattolico, percentuale da confrontarsi con il 36.8% dei praticanti, tutti
candidati alla santità: in caso di pericolo di vita per la madre, infatti, chi
non abortisce viene fatta santa, come ad esempio Gianna Beretta Molla. E’ un
atto eroico, non richiesto dalla Chiesa, condiviso in Italia da una percentuale
consistente anche fra i non cattolici (10.1%). Cioè in caso di pericolo di vita
della madre è contrario all’aborto il 15.9% degli italiani.
Secondo
l’Eurispes, in caso di gravi anomalie e malformazioni del feto abortirebbe il
72.9 % di chi si dichiara cattolico e l’86.9% dei non cattolici. Quindi terrebbe
un figlio anche se handicappato grave il 27.1 % di chi si dichiara cattolico, da
confrontarsi con il 36.8% dei praticanti. Cioè in caso di gravi anomalie e
malformazioni del feto è contrario all’aborto il 25.3% degli italiani.
In caso di violenza sessuale abortirebbe il 61.9% di chi si dichiara
cattolico e l’88.4 dei non cattolici. Quindi terrebbe il figlio il 38.1% di chi
si dichiara cattolico, cioè più dei praticanti. Cioè in caso di stupro è
contrario all’aborto il 34.7% degli italiani
In caso di problemi
economici abortirebbe il 23% di chi si dichiara cattolico e il 51.2% dei non
cattolici, cioè terrebbe il figlio il 77% di chi si dichiara cattolico (più del
doppio dei praticanti). In caso di problemi economici terrebbe il figlio il
73.3% degli italiani.
In caso di non volontà della madre abortirebbe il
18.6% di chi si dichiara cattolico e il 45% dei non cattolici, cioè terrebbe il
figlio l’81.4% di chi si dichiara cattolico, e il 55% dei non cattolici. Cioè il
78% degli italiani non accetta il criterio secondo il quale una madre può
abortire perché così vuole. Quindi non c’è questo scollamento del popolo
italiano dalla Chiesa, anzi sembra il contrario.
Come valuta i dati
sull’accettazione del divorzio, sulla fecondazione assistita e sui Pacs?
Morresi: Secondo l’Eurispes il 65.6 % dei cattolici e il 93.8% dei non
cattolici è favorevole al divorzio. Quindi il 34.4% di chi si dichiara cattolico
è contro il divorzio, cioè quasi tutti i praticanti, mentre quasi tutti i non
cattolici sono a favore. Cioè il 30.7% degli italiani è contrario al divorzio:
quarant’anni fa i contrari erano il 40.7%. La mentalità italiana a riguardo è
cambiata di poco, nonostante tutto e sorprendentemente.
Sulla
fecondazione assistita è favorevole il 58.7% dei cattolici, secondo Eurispes, e
l’89.9% dei non cattolici. Cioè è contraria il 41.3% di chi si dichiara
cattolico, quindi più dei praticanti. E infatti il referendum che abbiamo vinto
(e da cui lor signori non si sono ancora ripresi) non aboliva la fecondazione
artificiale, ma ne dava i limiti. Rimane il fatto che una popolazione in
percentuale maggiore rispetto a quella praticante è contraria. Cioè è contraria
alla fecondazione artificiale il 37.2% degli italiani.
In merito ai PACS
si dichiara favorevole il 68,7 per cento dei cattolici interpellati e l'88,4 per
cento dei non cattolici, secondo l’Eurispes, cioè è contrario il 31.3% di chi si
dichiara cattolico – da confrontarsi con il 36.8% dei praticanti. Cioè è
contrario ai PACS il 28.7% degli italiani. Questo è l’unico dato che potrebbe
avere una qualche attinenza con i titoli sparati dai giornali.
Ma non è
detto che si sappia bene cosa siano i PACS. Per esempio dal sondaggio Eurisko
pubblicato da Repubblica il 17 settembre scorso “due persone su tre si dicono
d’accordo sulla possibilità di estendere ai conviventi parte dei diritti finora
riservati alle coppie sposate” – e quindi in accordo con i dati Eurispes – ma
anche “appena il 31% del campione interpellato ritiene che l'accesso a unioni di
questo tipo dovrebbe essere garantita a persone dello stesso sesso”. Cioè due
persone su tre sono anche contrarie ad estendere parte dei diritti delle coppie
sposate a coppie omosessuali. Quindi l'essere o no favorevole ai PACS dipende
dal fatto che vi si includano o no le coppie omosessuali.
In
conclusione?
Morresi: Se questo sondaggio è attendibile, si deduce
che i cattolici praticanti sono il 32% della popolazione italiana, il magistero
della Chiesa è tenuto in forte considerazione anche dai non praticanti e gli
italiani sono generalmente lontani da una mentalità abortiva, e lontani anche
dalla legge 194.
Da questo punto di vista i mass media, i direttori dei
giornali più diffusi ed i partiti farebbero bene a guardare in faccia la realtà:
un terzo degli italiani è cattolico praticante, in sintonia con le indicazioni
della Chiesa, che comunque sono fortemente prese in considerazione anche fra i
non praticanti, e spesso condivise.