Dall'Olanda all'Italia, inizia la guerra culturale sull'eutanasia dei minori



Dall’Olanda all’Italia, inizia la guerra culturale sull’eutanasia dei minori
Del Barone: “Tifo per la dignità della vita” Neri: “Chi decide se non i genitori?”. Sgreccia: “Questa non è vera libertà”.
Il peso dell’onere della prova

Roma. “Tifo per la dignità della difesa della vita e non per la dignità della morte”, commenta il presidente dell’Ordine dei medici Giuseppe Del Barone, rispondendo a Umberto Veronesi, che ha detto di essere pronto ad aiutare a morire chi soffre. “10.000 anestesisti e rianimatori lavorano per difendere la vita anche in condizioni spesso estreme”, ha detto Del Barone. L’Olanda è stato il primo paese nel 2001 a legalizzare la “morte dolce”. “Si dovrebbe uccidere quel bambino che si scopra avere difetti fisici o mentali prima o dopo la nascita”, aveva detto il filosofo olandese Wim Rietdijk. Tra il 1997 e il 2004 sono stati segnalati 22 casi di eutanasia solo su bambini affetti da spina bifida. Nel progetto di legge della Rosa nel pugno è prevista l’interruzione delle terapie di sostenimento vitale anche per i minori. Per Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, come in una sorta di cartina al tornasole, “gli italiani potranno individuare chi sta dalla parte dell’uomo e chi punta alla cosificazione dell’essere umano”. Se per Margherita Hack, che a Terri Schiavo voleva fare un’iniezione senza pensarci due volte, “la vita e la morte appartengono all’uomo e non a Dio”, l’Osservatore romano parla di “lezioni di morte”. Per Veronesi invece “l’eutanasia è un atto di carità”.
Ben altra però è la virtù teologale per Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Al Foglio dice che “bisogna evitare l’accanimento terapeutico e le cure sproporzionate, favorire le terapie palliative, curare il dolore e aumentare l’umanizzazione. Il malato non deve disperare, né sentirsi solo. Ma che cos’è la morte degna? Della vita non siamo padroni, non sono solo i credenti a sentire che la vita è libertà. Una volta soppressa, non c’è più libertà di scelta”. I sostenitori dell’eutanasia parlano di autonomia dell’individuo. “Si dice ‘libertà’, non si dice niente – dice Sgreccia – Tutti gli atti liberi sono autonomi, ma sono liberi perché morali e nascono da dentro la persona. Invece si cerca soltanto di sottrarre l’uomo alla propria responsabilità. E il minore è tutelato dalla legge anche contro i genitori. Quest’ideologia ha un volto umanistico, ma dietro c’è un utilitarismo e un economicismo per cui il malato e la libertà costano, sbarazziamocene. La vera libertà non abbandona la vita”.

D’Agostino: “Invocare una legge è rozzo”
Chiede Demetrio Neri, storico della filosofia, radicale e membro del Comitato nazionale di bioetica: “Nel caso di neonati malati, con la spina bifida e che hanno bisogno del respiratore artificiale, chi può prendere questa decisione se non i genitori? Sui minorenni chiedo però che la discussione venga accantonata, non siamo ancora maturi”. Per Francesco D’Agostino, presidente del Comitato di bioetica e fra i promotori del documento sul testamento biologico, “invocare una legge sull’eutanasia è rozzo e grossolano. Le situazioni straordinarie non tollerano di essere gestite dalla burocrazia. Un conto è non condannare una persona che in assoluta purezza di intenti commette eutanasia, un’altra è favorire la burocratizzazione della fine della vita umana, banalizzandola. Sui minorenni non si può pensare in astratto, l’Olanda è lì a dimostrare come si arrivi alla soppressione dei neonati. Nel protocollo olandese rientra anche la spina bifida, una malattia con cui si vive fino all’età adulta. Sui neonati si parli piuttosto di eugenetica. A Veronesi dico che non è onesto scaricare su esseri fragili le decisioni sulla fine della vita, ci vuole pochissimo per manipolare la volontà del malato. E sono chiacchiere quelle sull’autonomia individuale”.
Diversa la posizione di Cinzia Caporale, vicepresidente del Comitato nazionale di Bioetica e che ha condiviso alcune battaglie dei radicali: “Sono favorevole all’eutanasia, attiva e passiva, ma con le opportune garanzie; contraria invece a quella sui minori, di ogni tipo. Per un liberale la pietra angolare è il consenso e nel caso dei minori non esiste questa possibilità. Nella legge dei Radicali mancano tutte le garanzie. Sono contenta però che si tenga accesa la discussione. Ma il testo di legge non è garantista, e sui minori e la sospensione delle terapie c’è un’inversione dell’onere della prova. Per la legge il paziente deve avere manifestato il desiderio di volere le terapie; se non lo fa, il medico le può sospendere. Ma così sono salvaguardati meno i bambini degli adulti”.
Ancora più netto il filosofo Vittorio Possenti, membro anche lui del Comitato: “La società desidera sbarazzarsi delle giovani vite e con esse dell’idea che la vita sociale si fonda sul divieto di non uccidere? E’ terrorismo totalitario, volontà del potere, diritto positivo”.