DIALOGO - PANIKKAR



 
da Associazione Partenia http://utenti.lycos.it/partenia

 

“Siamo ossessionati dalla ragione, ma se è presa in senso assoluto essa toglie la libertà” - “L’errore dell’Occidente è di pensare che con il passaggio dal mito al logos tutto sia spiegabile”(R.P.)

 

Intervista: è considerato un sapiente che ha costruito un ponte tra Oriente e Occidente. Uno dei grandi pensatori del nostro tempo, aperto al dialogo tra le religioni, mette a confronto in un nuovo libro la scienza e la fede.

L’autore: Sacerdote, dottore in filosofia, scienze e teologia, tra le sue opere “I Veda” (Bur 2001), “Pace e disarmo culturale” (Rizzoli 2003), “La dimora della saggezza” (Mondatori 2005)

 

Raimon Panikkar è un uomo coltissimo, i cui interessi spaziano dalla filosofia alla religione, alla scienza. Nato a Barcellona, da padre indiano e madre spagnola, Panikkar ha vissuto per lungo tempo in India. E’ considerato  il più autorevole studioso in grado di mettere a confronto religioni diverse. E’ un fautore del dialogo interculturale. Splendide le sue traduzioni dal vedico. Il suo nuovo libro “La porta stretta della conoscenza” (a cura di Milena Carrara Pavan) è un tentativo di far dialogare scienza e religione.

 

Professor Panikkar è davvero possibile il dialogo fra due forme di sapere che per il fatto di voler essere dominanti, tendono a escludersi?

“Perché sia un dialogo sensato e alla pari, ambedue le parti devono spogliarsi della pretesa di esclusività. Occorre, insomma, maggiore umiltà. E l’umiltà è una virtù intellettuale, non solo morale.”

Come si fa a essere umili se i linguaggi di scienza e religione parlano di oggetti diversi? La scienza lascia fuori dio, la teologia a sua volta guarda al regno delle quantità con occhio severo.

“Siamo esseri storici e come tali subiamo i pregiudizi. E’ un pregiudizio immaginare che la scienza possa risolvere ogni cosa. Così come è un pregiudizio della tradizione occidentale identificare la religione con la chiesa. Da un punto di vista indù sarebbe inconcepibile.”

Per un indù cos’è la religione?

“Una forma di vita, meglio la consapevolezza di una forma di vita.”

Ma un teologo e uno scienziato come possono parlarsi?

“Al teologo direi di non dimenticare il mondo fisico che è altrettanto reale del mondo teologico. Allo scienziato suggerire di non ridurre tutto all’esperimento. C’è qualcosa di più profondo dello sperimentabile.”

E perché la scienza dovrebbe rinunciare all’idea di avere un punto di vista più persuasivo sul mondo?

Perché non c’è un solo modo per avvicinarsi alla verità. E soprattutto perché la vita umana non si lascia strumentalizzare. Siamo talmente abituati al dominio della tecnica scientifica da considerarla lo strumento principe per comprendere la vita umana. Ma non è così.”

Lei dice basta con la dittatura del pensiero strumentale che fonda la sua forza sul calcolo. Che cos’è che non va nel suo metodo?

“Bisogna liberarsi dall’ossessione del perché, e dall’idea che esista una causa finale. La ragione se è presa in senso assoluto toglie la libertà. Non la favorisce.”

Ma è piuttosto difficile vivere in un mondo come il nostro e non chiedersi mai perché.

“Attenzione. Sono le azioni ultime, come l’amore autentico, che si fanno senza un perché.”

Libertà da tutto tranne che dal proprio cuore?

“Si è liberi in quanto non diamo una ragione alle nostre decisioni”

Siamo nel campo della fede o della follia.

“E’ solo l’Occidente che vuole giustificare ogni cosa, trovare una spiegazione per tutto.”

E’ il primato del logos

“Ma anche il rifiuto dello spirito. L’Occidente ha creduto che passando dal mito al logos acquisisse una forma di conoscenza superiore. In realtà non si è accorto che ha solo mitizzato la ragione. Bisogna decostruire le proprie certezze. Sapendo che le nostre conoscenze sono relative.”

C’è differenza tra relatività e relativismo?

“Enorme. Il relativismo distrugge se stesso. Ai suoi occhi una cosa vale l’altra. Ma non è così. La relatività invece è la consapevolezza che qualsiasi cosa io possa dire ha un senso e ha una pretesa di verità in relazione a un contesto del quale io non sono completamente consapevole.”

E che ruolo gioca la fede?

“Ogni uomo ha fede. Solo gli animali non ne hanno. Ogni uomo è consapevole di non sapere tutto, sa che davanti a lui c’è l’ignoto. Non capisce il mistero ma ne è profondamente consapevole. E questa consapevolezza è la descrizione fenomenologia della fede.”

Lei distingue la fede dalla credenza.

“La credenza è l’interpretazione culturalmente, psicologicamente e personalmente condizionata della nostra apertura al mistero.”

La fede ha bisogno della credenza?

“Può farne a meno. Mentre la credenza ha bisogno della fede. Il guaio è che se io identifico la mia fede con la mia credenza allora divento un fanatico. Di qui le crociate, l’inquisizione, l’intolleranza, l’assolutismo. Detto in modo filosofico, la fede non ha oggetto. Capisco che per un occidentale che ha sposato in pieno il pensiero razionale questo può sembrare una bestemmia.”

Se si può arrivare a dire che la fede non ha oggetto, allora possiamo anche affermare che Dio non esiste.

“Lo possiamo dire. E’ solo idolatria immaginare che Dio sia un oggetto. Io non posso dire né che Dio esiste né che non esiste.”

Con quest’ultima affermazione verrebbe da concludere: di che cosa stiamo parlando?

“Vede, c’è subito lo smarrimento, il tono liquidatorio. E’ ovvio che stiamo discutendo del mistero. Ma non possiamo parlarne se nei nostri discorsi non c’è amore. Nel senso più ampio amore è uscire da se stessi. L’amore è centrifugo, la conoscenza è centripeta. E’ un doppio movimento senza il quale non riusciremo a penetrare il mistero.”

Lei parla di tre occhi: quello dell’intelletto, della sensibilità e della fede. Qual è il più importante?

“Devono funzionare insieme. Guai  ridurre un essere umano solo alla parte razionale.”

Ma se la ragione non guida c’è il rischio che le passioni, anche le peggiori prendano il sopravvento. Come le tiene a bada?

“Dirà che sono troppo indiano : non reprimendole, rendendomi conto che siccome questi istinti e queste forze stanno in me occorre prenderne coscienza. Questa è la vera contemplazione. Che non ha niente a che vedere con il vuoto. Ho vissuto tanti anni fuori dal mondo occidentale e ho capito che l’Occidente non è un modello da imitare. C’è una felicità innata altrove che qui non trovo.”

E’ l’elogio dei poveri di spirito?

“Beati coloro che non dipendono dalla volontà, il dogma fondamentale dell’occidente. In sanscrito non esiste la parole “volontà”, La famosa preghiera: “padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà…”, presuppone un Dio volenteroso, legislatore. Per l’India è un controsenso. L’insegnamento del buddismo tende a escludere la volontà.”

Il buddismo chiama volontà desiderio. Come si fa a non desiderare?

“Distinguo tra aspirazione e desiderio. Il desiderio è condizionato dall’esterno. Mentre l’aspirazione è qualcosa che viene da dentro ed esce fuori.E’ chiaro che se il mio cuore non è puro, il desiderio finirà con il prevalere.”

Lei non usa mai la parola etica.Perché?

“Primo perché non sono un esperto di etica. E poi in ogni etica vedo la tentazione di assolutizzare le proprie regole. Abbiano certamente bisogno di un ethos ma questo non va legalizzato né assolutizzato. Dio non è un legislatore, non c’è una legge ultima che egli ha proclamato e alla quale attenersi.”

Detta da un sacerdote è un’affermazione paradossale.

“Dio non fa leggi, non ho detto che non esiste.”

Dà l’impressione di aver abbracciato una forma di panteismo. E’ così?

“A mio parere il panteismo è un errore per difetto. Per il panteismo tutto è divino.Che poi ciò che noi chiamiamo la divinità si esaurisca in quel tutto aperto alla consapevolezza, questo è ciò che rende il panteismo piccolo. Quando i vecchi presocratici dicevano che microcosmo e macrocosmo si corrispondono sapevano quello che volevano dire. Sapevano che ogni uomo non è un mondo in piccolo, ma un piccolo mondo, nel quale vive tutta la realtà. E’ questa la divinità umana, e in tal senso la divinità è in ciascuno di noi. Come dice il Vangelo: <<voi siete dèi>>.”

 

Antonio Gnoli – Almanacco dei libri – La Repubblica – sabato 7 gennaio 2006