DIALOGO - PANIKKAR
- Subject: DIALOGO - PANIKKAR
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- Date: Sun, 8 Jan 2006 13:05:50 +0100
da Associazione
Partenia http://utenti.lycos.it/partenia “Siamo
ossessionati dalla ragione, ma se è presa in senso assoluto essa toglie la
libertà” - “L’errore dell’Occidente è di pensare che con il passaggio dal mito
al logos tutto sia spiegabile”(R.P.) Intervista: è considerato un sapiente che ha costruito
un ponte tra Oriente e Occidente. Uno dei grandi pensatori del nostro tempo,
aperto al dialogo tra le religioni, mette a confronto in un nuovo libro la
scienza e la fede. L’autore: Sacerdote, dottore in filosofia, scienze e
teologia, tra le sue opere “I Veda” (Bur 2001), “Pace e disarmo culturale”
(Rizzoli 2003), “La dimora della saggezza” (Mondatori
2005) Raimon Panikkar è un uomo coltissimo, i cui interessi spaziano dalla filosofia alla religione, alla scienza. Nato a Barcellona, da padre indiano e madre spagnola, Panikkar ha vissuto per lungo tempo in India. E’ considerato il più autorevole studioso in grado di mettere a confronto religioni diverse. E’ un fautore del dialogo interculturale. Splendide le sue traduzioni dal vedico. Il suo nuovo libro “La porta stretta della conoscenza” (a cura di Milena Carrara Pavan) è un tentativo di far dialogare scienza e religione. Professor Panikkar è davvero possibile il
dialogo fra due forme di sapere che per il fatto di voler essere dominanti,
tendono a escludersi? “Perché sia un
dialogo sensato e alla pari, ambedue le parti devono spogliarsi della pretesa di
esclusività. Occorre, insomma, maggiore umiltà. E l’umiltà è una virtù
intellettuale, non solo morale.” Come si fa a essere umili se i linguaggi di scienza e religione parlano di oggetti diversi? La scienza lascia fuori dio, la teologia a sua volta guarda al regno delle quantità con occhio severo. “Siamo esseri
storici e come tali subiamo i pregiudizi. E’ un pregiudizio immaginare che la
scienza possa risolvere ogni cosa. Così come
è un pregiudizio della tradizione occidentale identificare la religione con la
chiesa. Da un punto di vista indù sarebbe
inconcepibile.” Per un indù cos’è la religione? “Una forma di vita,
meglio la consapevolezza di una forma di
vita.” Ma un teologo e uno scienziato come possono parlarsi? “Al teologo direi di
non dimenticare il mondo fisico che è altrettanto reale del mondo teologico.
Allo scienziato suggerire di non ridurre tutto all’esperimento. C’è qualcosa di
più profondo dello sperimentabile.” E perché la scienza dovrebbe
rinunciare all’idea di avere un punto di vista più persuasivo sul
mondo? Perché non c’è un solo modo per
avvicinarsi alla verità. E soprattutto perché la vita umana non si lascia
strumentalizzare. Siamo talmente abituati al dominio della tecnica scientifica
da considerarla lo strumento principe per comprendere la vita umana. Ma non è
così.”
Lei dice
basta con la dittatura del pensiero strumentale che fonda la sua forza sul
calcolo. Che cos’è che non va nel suo metodo? “Bisogna liberarsi
dall’ossessione del perché, e dall’idea che esista una causa finale. La ragione
se è presa in senso assoluto toglie la libertà. Non la favorisce.” Ma è
piuttosto difficile vivere in un mondo come il nostro e non chiedersi mai
perché. “Attenzione.
Sono le azioni ultime, come l’amore autentico, che si fanno senza un
perché.” Libertà da
tutto tranne che dal proprio cuore? “Si è liberi
in quanto non diamo una ragione alle nostre
decisioni” Siamo nel
campo della fede o della follia. “E’ solo
l’Occidente che vuole giustificare ogni cosa, trovare una spiegazione per
tutto.” E’ il primato
del logos “Ma anche il rifiuto
dello spirito. L’Occidente ha creduto che passando dal mito al logos
acquisisse una forma di conoscenza superiore. In realtà non si è accorto che
ha solo mitizzato la ragione. Bisogna decostruire le proprie certezze. Sapendo
che le nostre conoscenze sono relative.” C’è
differenza tra relatività e relativismo? “Enorme. Il
relativismo distrugge se stesso. Ai suoi occhi una cosa vale l’altra. Ma non è
così. La relatività invece è la consapevolezza che qualsiasi cosa io possa dire
ha un senso e ha una pretesa di verità in relazione a un contesto del quale io
non sono completamente
consapevole.” E che ruolo
gioca la fede? “Ogni uomo ha
fede. Solo gli animali non ne hanno. Ogni uomo è consapevole di non sapere
tutto, sa che davanti a lui c’è l’ignoto. Non capisce il mistero ma ne è
profondamente consapevole. E questa consapevolezza è la descrizione
fenomenologia della fede.” Lei distingue
la fede dalla credenza. “La credenza
è l’interpretazione culturalmente, psicologicamente e personalmente condizionata
della nostra apertura al mistero.” La fede ha
bisogno della credenza? “Può farne a
meno. Mentre la credenza ha bisogno della fede. Il guaio è che se io identifico
la mia fede con la mia credenza allora divento un fanatico. Di qui le crociate,
l’inquisizione, l’intolleranza, l’assolutismo. Detto in modo filosofico, la fede
non ha oggetto. Capisco che per un occidentale che ha sposato in pieno il
pensiero razionale questo può sembrare una
bestemmia.” Se si può
arrivare a dire che la fede non ha oggetto, allora possiamo anche affermare che
Dio non esiste. “Lo possiamo dire. E’
solo idolatria immaginare che Dio sia un oggetto. Io non posso dire né che Dio
esiste né che non esiste.” Con
quest’ultima affermazione verrebbe da concludere: di che cosa stiamo
parlando? “Vede, c’è subito lo
smarrimento, il tono liquidatorio. E’ ovvio che stiamo discutendo del mistero.
Ma non possiamo parlarne se nei nostri discorsi non c’è amore. Nel senso più
ampio amore è uscire da se stessi. L’amore è centrifugo, la conoscenza è
centripeta. E’ un doppio movimento senza il quale non riusciremo a penetrare il
mistero.” Lei parla di
tre occhi: quello dell’intelletto, della sensibilità e della fede. Qual è il più
importante? “Devono
funzionare insieme. Guai ridurre un
essere umano solo alla parte
razionale.” Ma se la
ragione non guida c’è il rischio che le passioni, anche le peggiori prendano il
sopravvento. Come le tiene a bada? “Dirà che sono troppo indiano : non
reprimendole, rendendomi conto che siccome questi istinti e queste forze stanno
in me occorre prenderne coscienza. Questa è la vera contemplazione. Che non ha
niente a che vedere con il vuoto. Ho vissuto tanti anni fuori dal mondo
occidentale e ho capito che l’Occidente non è un modello da imitare. C’è una
felicità innata altrove che qui non
trovo.” E’ l’elogio
dei poveri di spirito? “Beati coloro che non dipendono dalla volontà,
il dogma fondamentale dell’occidente. In sanscrito non esiste la parole
“volontà”, La famosa preghiera: “padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la
tua volontà…”, presuppone un Dio volenteroso, legislatore. Per l’India è un
controsenso. L’insegnamento del buddismo tende a escludere la
volontà.” Il buddismo
chiama volontà desiderio. Come si fa a non
desiderare? “Distinguo tra aspirazione e desiderio. Il
desiderio è condizionato dall’esterno. Mentre l’aspirazione è qualcosa che viene
da dentro ed esce fuori.E’ chiaro che se il mio cuore non è puro, il desiderio
finirà con il prevalere.” Lei non usa
mai la parola etica.Perché? “Primo perché non sono un esperto di etica. E
poi in ogni etica vedo la tentazione di assolutizzare le proprie regole. Abbiano
certamente bisogno di un ethos ma questo non va legalizzato né
assolutizzato. Dio non è un legislatore, non c’è una legge ultima che egli ha
proclamato e alla quale attenersi.” Detta da un
sacerdote è un’affermazione paradossale. “Dio non fa leggi, non ho detto che non
esiste.” Dà
l’impressione di aver abbracciato una forma di panteismo. E’
così? “A mio parere il panteismo è un errore per
difetto. Per il panteismo tutto è divino.Che poi ciò che noi chiamiamo la
divinità si esaurisca in quel tutto aperto alla consapevolezza, questo è ciò che
rende il panteismo piccolo. Quando i vecchi presocratici dicevano che microcosmo
e macrocosmo si corrispondono sapevano quello che volevano dire. Sapevano che
ogni uomo non è un mondo in piccolo, ma un piccolo mondo, nel quale vive tutta
la realtà. E’ questa la divinità umana, e in tal senso la divinità è in ciascuno
di noi. Come dice il Vangelo: <<voi siete
dèi>>.” Antonio
Gnoli – Almanacco dei libri – La Repubblica – sabato 7 gennaio
2006 |
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