Dal "tutto è politica" al "tutto è privato". Mariapia Garavaglia contro la RU486



Dal "tutto è politica" al "tutto è privato". Mariapia Garavaglia contro la RU486

Al direttore - Si parla spesso, anche in modo
abusato, di protagonismo femminile. A giudicare
dalle notizie apparse in questi giorni però, c'è del
vero in questa espressione, anche se sarebbe più
esatto aggiungervi l'aggettivo "mancato". Abbiamo
infatti una martire kamikaze fortunatamente
mancata in Giordania, abbiamo, purtroppo,
una vedova "sposa mancata" nelle celebrazioni
dei caduti a Nassiriyah e abbiamo un'occasione
mancata con il dibattito sulle quote rosa. L'unico
protagonismo femminile non mancato di questi
giorni è quello bellissimo di Ellen Johnson-Sirleaf,
prima donna a essere stata democraticamente
eletta alla presidenza della Liberia, dopo 14 anni
di devastante guerra civile. Le donne dunque al
centro delle notizie, e quasi mai in positivo. Ma al
nostro elenco, mi si consenta il gioco di parole,
manca ancora una manchevolezza importante,
la principale, quella che investe in pieno la problematica
femminile: il dibattito sulla RU486.
Partiamo dai punti fermi. La 194 può non essere
condivisa - ed è il mio caso - ma è una legge dello
Stato e come tale va attuata nello spirito e nella
lettera, ricordando che si tratta di "norme a tutela
della maternità". Quindi il fine sociale della
norma non può essere messo in discussione. Cosa
è la RU486? E' un farmaco la diffusione del
quale esigerebbe perlomeno una modifica delle
misure previste dalla 194 a tutela della donna. La
pillola abortiva, evitando il ricovero, consentirebbe
a lungo andare di sottrarsi invece a quella assistenza
sanitaria che oggi è prevista. Per qualche
esperto e per i fautori di una società laicista, proprio
in questa capacità di isolamento della persona
e del suo disagio deriva il principale beneficio
di questo farmaco. Si parla di trionfo della
persona che liberamente può fare fronte a un
aborto senza ricorrere a nessuno, tranne a un medico
che prescrive e a pochi milligrammi di sostanze
capaci di interrompere una gravidanza.
Queste stesse ragioni, secondo me, sono l'aspetto
sviante della RU486. Si relega in solitudine quella
donna che la legge, socializzandone i problemi,
decide di aiutare. Come è noto infatti, ogni farmaco
ha sempre effetti indesiderati; l'aspirina,
che pure ha più di 100 anni di storia, è pericolosa
per le persone che hanno intolleranze. Questo
non è un motivo per abolirla, ma fa capire che
anche la pillola più comune può richiedere una
conoscenza precisa delle indicazioni terapeutiche.
La legge non serve per occupare posti letto,
ma per fornire assistenza, un diritto fondamentale
per la tutela della salute cui si rischia rinunciare.
La mancata socializzazione di un problema
fa mancare alla donna l'aiuto, che non è
un concetto teorico ma pratico. Separarsi dal resto
del mondo e vivere un disagio in solitudine
non è infatti un rimedio, perché misurarsi apertamente
con un problema presuppone anche la
possibilità di risolverlo. È preoccupante che l'ultima
frontiera del dibattito su un tema fondamentale
per le donne si risolva nel far mancare
sostegno alle donne in un momento non facile
della loro vita. Altro che manchevolezza, con l'adozione
generalizzata della RU486 si aprirebbe
un'enorme crepa sociale. Purtroppo, come spesso
accade da qualche tempo, soprattutto dopo il
legittimo intervento dell'episcopato italiano su
questo argomento, c'è da attendersi un inasprimento
del confronto, con il merito della questione
che scompare, sostituito da un estenuante dibattito
su quanti grammi la società italiana deve
essere più o meno laica. E' un copione che conosciamo
e che lascia insoddisfatti chi, come chi
scrive, vorrebbe che i problemi delle donne non si
esaurissero in un guazzabuglio ideologico, in cui
la ragione diventa un concetto astratto, del tutto
disancorato alla realtà. Al contrario, i problemi
delle donne vanno risolti nell'interesse della
società. La società che non assume l'esperienza
esistenziale delle donne per rappresentarla in politica
e per socializzarne le relazioni personali, oltre
che deficitaria dal punto di vista democratico,
induce ingiustizie e solitudini che diventano
pericolose. La donna isolata nel suo disagio è
una cittadina sola e più in pericolo. E' l'icona di
tante scorciatoie. Dopo aver vissuto un'epoca in
cui tutto era politica, oggi, con eccessiva semplificazione,
si torna indietro. Adesso credo che la
priorità sia evitare che si affermi il contrario, che
tutto appartenga alla sfera privata.
Mariapia Garavaglia, vicesindaco di Roma

	

	
		
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