SE LO SCETTICO AFFRONTA LA FEDE
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- Date: Sun, 13 Nov 2005 10:29:36 +0100
da
Associazione Partenia http://utenti.lycos.it/partenia
tollerare: accettare, rispettare le
opinioni diverse dalle proprie; mostrare comprensione verso gli atteggiamenti, i
comportamenti altrui, anche quando li si disapprovi: tollerare ogni
ideologia, tutte le religioni; un regime totalitario non tollera
l'opposizione;
SE LO SCETTICO
AFFRONTA LA FEDE
Umberto
Galimberti
Che cos'è un miracolo?
L'infrazione di una legge di natura, l'interruzione della regolarità del suo
ciclo. Ma siccome noi non conosciamo la natura fino nei suoi recessi più
segreti, la credenza nel miracolo è il sostituto della nostra ignoranza. Così
parla David Hume, filosofo empirista inglese, in un suo Trattato sui
miracoli, scritto nel 1720 e inserito nella decima sezione dei suoi
Saggi filosofici del 1743, dove si riassume il Trattato sulla
natura umana (1740), al cui interno il trattato sui miracoli non
compariva.
L'inserzione ha quindi
un carattere provocatorio e consapevolmente scandalistico per smobilitare un
pezzo forte della credenza umana, sempre disposta a dar credito allo
"straordinario" per il piacere istintivo che l'animo umano prova di fronte
all'insolito.
Il filosofo illuminista,
nella sua argomentazione, utilizza uno dei temi generali della sua filosofia
secondo cui la fede, per sua natura, non poggia sulla ragione , perchè io non
credo in ciò che so.Non credo che due più due faccia quattro perchè lo so. E
intorno a ciò che so non c'è bisogno di fede. La fede, infatti, è un assenso
della volontà (e non dell'intelletto) su un dato di fatto, ma siccome i dati di
fatto sono contingenti e non necessari come la verità di ragione, l'assenso che
as essi si concede è assolutamente gratuito.
Così argomentando, lo
scettico Hume, per quelle strane vertigini a cui ci abitua il pensiero, finisce
col sostenere a sua insaputa quanto già sostenevano Paolo di Tarso e Tommaso
d'Acquino quando dicevano che la fede è promossa non dall'evidenza del
contenuto (ut ad proprium terminum) ma dalla volontà /ex voluntate)
perchè, a differenza del sapere, la fede imprigiona l'intelletto conducendolo
"in captivitatem", per cui, di fronte alla fede, l'intelletto è inquieto (nondum
quietatus), in una condizione di timore e infermità (in infirmitate et timore et
remore multo).
Questa affinità di argomentazione con i padri antichi medievali della dottrina cristiana, se poteva sfuggire a Hume, non sfugge al vescovo di Salisbury John Douglas che, in una lunga lettera aperta indirizzata ad Adam Smith dal titolo Criterion dedica una sezione ai miracoli, distinguendo quelli riferiti dal Vangelo a cui bisogna dare la massima credibilità e quelli a cui il popolo di tanto in tanto presta fede.. Questo secondo tipo di miracolo, scrive Douglas: “Sono opera della natura, scambiati per prodigi dall’ignoranza, dalla suggestione del popolo e dalla macchinazione perversa di qualche furbo.” Il riferimento del vescovo di Salisbury è ai miracoli attribuiti post mortem all’Abbè de Paris, santo giansenista in odore di eresia, la cui devozione era osteggiata dalle chiese sia cattolica sia protestante. Ma quel che qui interessa è che, nel confutare la fede popolare nei miracoli, John Douglas utilizza gli stessi argomenti adottati da Hume contro la fede in generale, rivelando una curiosa contaminazione con lo spirito illuminista che vedeva nel progresso delle scienze l’erosione della fede. E come Hume utilizza, non sappiamo con quanta consapevolezza, argomenti cristiani contro la fede, così Douglas utilizza, lui sì consapevolmente, argomenti scettico-illuministici contro la fede popolare. Dal punto di vista della ragione Hume ha tutte le ragioni, mentre dal punto di vista della fede il vescovo di Salisbury avrebbe potuto risolvere la questione rifacendosi al quel passo del Vangelo dove Cristo, senza esitazione, dice: “Voi credete perché vedete, ma beati saranno coloro che crederanno senza vedere”. Tra fede e ragione, infatti, non c’è concomitanza e tanto meno subordinazione perché, come ci ricorda Hume, la fede affonda le sue radici nella dimensione irrazionale, di cui l’uomo si alimenta quando la ragione non offre sufficienti ancoraggi.
Ci scusiamo
se qualcuno di voi è finito per sbaglio nella rubrica
dell'Associazione Partenia.Se non avete gradito il messaggio e
se non volete più riceverne, potete inviare una mail con su
scritto"cancellami".Provvederemo immediatamente.Cordiali saluti. |
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