la svolta di cofferati



Bologna: La svolta di Cofferati

Colui che i bolognesi votarono credendo che fosse il difensore dei diritti,
si sta distinguendo per una campagna contro i più deboli.
Giovedì ha mandato le ruspe a distruggere le baracche di 300 rumeni. Al
sindaco non importa che siano costretti a lavorare in nero nei cantieri. In
un incontro con i giornalisti ha dichiarato «se si presentano persone che
certificano chi sono cosa fanno e dove lavorano sono pronto ad attivare le
procedure di protezione previste dalla legge ma solo i singoli possono
venire qui a denuciare il loro caporale. Non posso discutere con un
avvocato che dice di rappresentare i lavoratori clandestini». Come se per
un lavoratore clandestino fosse possibile farsi ricevere dal signor sindaco
per essere accompagnato in questura a denunciare il suo caporale. Ma
davvero Bologna deve convivere con un sindaco così? A Bologna naturalmente
votano quasi solo gli «stanziali». Quelli che studiano e fanno ricerca sono
in gran parte fuori sede. Quelli che lavorano sono in misura crescente
migranti, regolari o clandestini (comunque non votanti). I nomadi non
votano, si sa. Gli stanziali votano: quelli che hanno atteso baffone per
quarant'anni, i funzionari del partito di baffone, abitanti di ville con
piscina asserragliati sui colli, commercianti che lamentano il degrado, e
proprietari di casa che affittano qualche metro quadrato per 300 euro al
mese. Perciò Bologna produce innovazione culturale, ma esprime un potere
autoritario. E' la stessa frattura che Bologna conobbe nel `77. Ma da che
parte sta il sindaco che abbiamo votato perché credevamo che fosse il
difensore dei diritti?
Sta dalla parte dei lavoratori costretti alla clandestinità o dalla parte
degli sfruttatori che li fanno lavorare in nero? Dalla parte degli studenti
strozzati dall'affitto, o dei padroni di casa che non pagano le tasse? Sta
dalla parte di quelli che votano, dalla parte della legalità. Venerdì
Cofferati ha dichiarato che entro il 2 novembre si chiuderà il tormentone
legalità. Chi non approva il suo pensiero è fuori dalla Giunta, come se
fossimo ai tempi del Soviet supremo. La sua fissa è la legalità? Ma Cesare
Ottolini, commissario Onu per il diritto all'abitazione, ha diffidato
ufficialmente il sindaco di Bologna perché la legge internazionale prevede
che «le persone sottoposte a sgombero devono avere un'alternativa dignitosa
e concordata», mentre l'altro giorno donne e bambini sono stati
scaraventati fuori dalle loro baracche, e le ruspe hanno distrutto i
quaderni di scuola, e centinaia di poveracci ora sono costretti a dormire
nel fango perché è arrivato «il cinese» a mostrare cos'è la legalità.
Abbiamo capito tutti che il sindaco di Bologna non sa che cosa sia
l'umanità, ma si ha ragione di sospettare che non sappia neppure bene cosa
significa legalità.

Proprio ieri i lavoratori della Seribo (la società che fornisce i pasti
alle mense delle scuole comunali) hanno dichiarato che scenderanno in
piazza perché la giunta non rispetta gli accordi firmati con i sindacati.
Alda Germani, responsabile della funzione pubblica della Cgil ha
dichiarato: «Abbiamo il mandato dei lavoratori e dalla prossima settimana
partiranno iniziative».

La legalità di Cofferati, che noi cittadini di Bologna abbiamo votato
perché credevamo che fosse l'uomo dei diritti, è quella delle ruspe e del
lavoro nero, degli affitti esosi e del disprezzo per i lavoratori. Per un
anno, tramortita dallo stupore per un voltafaccia così plateale, l'opinione
democratica non è riuscita a reagire, perfino i movimenti sono rimasti
incerti sul che fare. Ma forse qualcosa comincia a cambiare. Nei giorni
scorsi si sono moltiplicate le prese di posizione di intellettuali e
politici contro la disumanità di palazzo d'Accursio. In un'intervista al
giornale locale, Achille Ardigò ha dichiarato che non voterebbe più per
l'uomo a cui in passato ha fatto da garante.

E' questo il contributo che Bologna intende portare alle prossime elezioni
politiche nazionali?

(franco berardi «bifo»)

da il manifesto 23 ottobre 2005
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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA