Mai più autocensura



Spero di far cosa gradita nell'inoltrarvi l'articolo a quattro mani di
Vittorio Agnoletto e Tommaso Fattori pubblicato oggi su Il Manifesto.

Cordialmente,
Giosuè De Salvo

Segreteria Vittorio Agnoletto
Tel. 02 87395155
<mailto:vagnoletto at lilacedius.it>vagnoletto at lilacedius.it


***************************************************

Mai più autocensura
di Vittorio Agnoletto e Tommaso Fattori

(Articolo pubblicato sabato 22 ott 2005 su IL MANIFESTO, pag 10)

L'autocensura non è mai utile. Non lo è ora, non lo sarà in futuro, a
maggior ragione se il centro sinistra governerà; proprio come non
gioverebbe un addomesticamento del conflitto sociale. Invece siamo stati
zitti, pur non condividendo alcune importanti scelte compiute da un'area
politica nella quale ci riconosciamo.
Abbiamo taciuto perché, dicevamo a noi stessi, non possiamo porre un
ulteriore "problema" quando è necessario mostrarsi uniti nella decisiva
battaglia contro il governo delle destre, quando già troppe polemiche
attraversano la sinistra antiliberista, quando ogni osservazione
rischierebbe di essere interpretata alla luce del complesso dibattito tra
le diverse aree interne ai singoli partiti. Abbiamo taciuto pensando che il
movimento fosse già sottoposto a sufficienti tensioni interne per una
candidatura frutto di una scelta politica di una delle sue tante anime e
presentata invece dai media come rappresentanza esclusiva di tutto
l'universo no global.
Per evitare fraintendimenti diciamo subito da quale posizionamento
affrontiamo la questione: ci sentiamo parte del movimento sviluppatosi da
Genova in poi, non siamo iscritti ad alcun partito, pensiamo sia necessario
costruire l' alleanza di tutta l'opposizione per vincere le elezioni e per
realizzare un governo al quale partecipino tutte le forze politiche
dell'Unione, ci siamo impegnati nelle primarie in sostegno a Bertinotti.
Le primarie. Non vi è dubbio che il voto di domenica abbia mostrato una
forte ricerca di unità contro Berlusconi e un radicato desiderio di
partecipazione. Questo desiderio si è espresso attraverso i canali che il
mondo politico del centrosinistra ha messo a disposizione: la scelta del
leader. Il rischio ora è che una richiesta di partecipazione venga gestita
come una delega in bianco. Chi ha vinto, incoronato dalla volontà popolare,
si sente legittimato a decidere tutto. Rischia di trionfare la
personalizzazione e l'americanizzazione della politica. Il desiderio di
democrazia partecipata può essere stravolto in una forma di democrazia
d'investitura.
Una volta indette, era necessario partecipare alle primarie  con un
candidato alternativo a Prodi. Ma primarie così organizzate dovevano essere
invocate anche da settori della sinistra antiliberista? Non sarebbe stato
più opportuno chiedere di pronunciarsi, oltre che sui nomi in lizza per la
leadership, anche attorno ad alcuni punti programmatici? Non programmi
complessivi abbinati ai nomi dei candidati premier, ma alcuni, selezionati,
fondamentali  quesiti da sottoporre al voto con la possibilità di scegliere
tra differenti risposte.
Avrebbe comunque vinto Prodi, ma forse vincolato sul ritiro delle truppe, o
sulla chiusura dei CPT o sul rifiuto della legge 30. O, più probabilmente,
proprio per questa ragione, la maggioranza dell'Unione non le avrebbe
accettate. Ma era una battaglia da fare pubblicamente e con forza, allora,
quando, almeno formalmente, tutti    erano
ancora ai nastri di partenza.
Per il futuro prossimo: riusciremo ad aprire spazi di espressione diretta
del popolo dell'Unione su alcuni punti cardinali di programma? Intanto
firmiamo per la campagna "Cambiare si può", un passo in questa direzione.
La legge elettorale. Sulla complessa questione della legge elettorale non
aiutano reticenze o semplificazioni.  Il quadro oggi appare più o meno
questo: nella maggioranza lo schieramento tradizionalmente a favore del
maggioritario si batte per una riforma in senso proporzionale,
nell'opposizione i sostenitori del proporzionale sembrano difendere il
maggioritario. E' il paradosso del presente.
La legge proposta dalla destra è sovversiva dell'ordine costituzionale,
propone un premio di maggioranza che farebbe vergognare qualsiasi "legge
truffa", impone ai cittadini di votare su liste bloccate. Altrettanto
inaccettabile è una legge elettorale approvata a pochi mesi dal voto, senza
il consenso dell'opposizione, anche se la modifica in extremis del titolo
quinto della Costituzione nel 2001, con il minimo dei voti indispensabili,
non è stato un buon esempio.
Nessun dubbio sulla necessità di opporsi "senza se e senza ma" alla
proposta governativa. Ma con quali contenuti, con quali parole d'ordine?
E' doloroso ricordare che la legge elettorale voluta dal centrosinistra in
Toscana presenta elementi di forte somiglianza con la proposta della
destra; con l'aggiunta di un presidenzialismo assoluto, sul piano
regionale, accompagnato da un considerevole aumento del numero dei
consiglieri (ma in un consiglio con sempre meno poteri). Abbiamo avversato
in prima persona quella proposta, i movimenti l'hanno criticata, ma con
queste regole si è votato in Toscana pochi mesi fa. Ulteriori elementi del
paradosso.
Se tutto questo è chiaro, altrettanto chiaro è che la sinistra alternativa
debba trovare il coraggio di dire la verità: che un autentico sistema
proporzionale è semplicemente più democratico dell'attuale sistema
elettorale e di qualunque sistema maggioritario; che le ragioni che ci
spinsero a votare "no" al referendum del 1993 non sono oggi meno valide.
Tacere su tutto ciò o limitarsi a sussurrarlo, non aiuta la sinistra né
nella discussione del presente, né nelle scelte da compiere domani quando,
eventualmente, sarà al governo. Se oggi stiamo zitti chi, fra la nostra
gente, sarà disponibile a impegnarsi domani in favore del proporzionale?
Sappiamo bene come la politica dei due tempi non abbia mai pagato.
Possibile che l'unica mobilitazione di massa convocata dall'Unione sia
stata in difesa del maggioritario ? Non vi sono altri temi egualmente degni
di mobilitazione? La lotta contro ogni forma di privatizzazione dell'acqua,
l'opposizione alla riforma Moratti o alla legge Bossi/Fini, solo per fare
qualche esempio, non meritavano almeno un pari impegno?
Genova e dintorni. Qualunque percorso di sinistra non può prescindere
dall'assunzione dei temi sollevati dal movimento. Ci piacerebbe vedere le
forze antiliberiste porre, insieme, sul tavolo dell'Unione alcuni punti
discriminanti di questa comune eredità: la richiesta formale di aperture di
una commissione d'inchiesta sui fatti di Genova, un netto rifiuto di
missioni di guerra comunque mascherate, la chiusura e non la riverniciatura
dei CPT, l'abolizione della legge 30.
Una possibilità reale. Anche considerando che le commissioni chiamate a
elaborare il programma sono composte quasi unicamente da rappresentanti dei
partiti e che, abbiamo ragione di temere, l'assemblea programmatica si
ridurrà principalmente ad un incontro di grande impatto mediatico.
Non è poi sostenibile una politica economica fondata sulla privatizzazione
dei servizi e sull'avvio delle Grandi Opere Infrastrutturali (Ponte sullo
Stretto, Alta Velocità Ferroviaria, nuove autostrade) anziché sul sostegno
ai diritti dei lavoratori e su interventi di recupero e ad alto contenuto
occupazionale. E' pretendere troppo chiedere a Prodi una pubblica presa di
distanza dalla direttiva Bolkestein approvata dalla Commissione Europea
quando ne era presidente?

Se l'autocensura avesse riguardato solo gli autori di questo articolo
saremmo di fronte ad una vicenda da risolvere ciascuno con la propria
coscienza; ma, senza supponenza, crediamo che molti di coloro che hanno
attraversato la vita del movimento in questi ultimi anni  abbiano svolto
riflessioni non molto differenti. Almeno questo è ciò che abbiamo percepito
nello scambio di opinioni con amici e compagni incontrati in tante recenti
occasioni.
In questi anni ci siamo ripetuti reciprocamente che la forza di un governo
di sinistra (o centrosinistra) sta nella sua capacità di non rinunciare mai
alla dialettica sociale, nel vedere nei movimenti e nelle organizzazioni di
massa dei compagni di strada, delle risorse dalle quali non si può
prescindere. Perciò abbiamo sempre detto che anche in presenza di un
governo "amico" (per il quale oggi anche noi ci stiamo battendo) nessuno
potrà chiedere ai movimenti sociali di non svolgere il proprio ruolo, di
"tacere per non disturbare il manovratore".
Se su questo impegno vogliamo essere credibili per il domani, dobbiamo
cominciare a sperimentarlo dall'oggi.

Vittorio Agnoletto
Tommaso Fattori