Scampìa.... storia di ordinaria ingiustizia



Marc Rothemund:“Quali sono le nostre reazioni quando abbiamo a che fare con le ingiustizie?
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Scampia - Secondigliano: ore 13,30....un giorno qualunque

 

 

Ero a Napoli, alla guida della mia macchina.; come non di rado, attraversavo il Corso Secondigliano, una lunga strada che da Capodichino si inoltra verso la periferia verso i comuni dell’area giuglianese. Pieno giorno, molto traffico, negozi ancora aperti, gente per strada e dappertutto...uno di quei giorni in cui si ascolta musica in macchina, aspettando che il traffico lasci qualche varco alla fretta.

All’improvviso un rumore al finestrino mi scuote....a qualche cm. dal mio viso vedo una pistola, vera, di quelle che sinora avevo visto agitare solo nei film....la pistola è fissa su di me, nonostante la mia macchina prosegua per qualche istante lentamente: la mano che la tiene ferma appartiene ad un uomo, poco più che trentenne, alla guida di un motorino e con un  giovane dietro di sè che ho immaginato “apprendista”.

Resto ferma, immobile, alla guida della mia macchina, mentre mi urlano di scendere; pochi istanti dopo, altri due uomini su un altro motorino mi spalancano lo sportello e mi trascinano con violenza a terra, fuori dalla macchina, mentre riesco a salvare la borsa dal sedile.

La sensazione che quella pistola avrebbe potuto funzionare, a distanza di alcuni giorni, è ancora viva in me, così come la certezza che Napoli sia ormai una città allo sbando, un far-west in cui mancano addirittura gli “sceriffi”.

Pieno giorno, a volto scoperto, svariate decine di persone presenti, nessun filtro alla violenza gratuita.

I carabinieri sono arrivati dopo più di mezz’ora...”Signò” hanno risposto ai miei improperi “non ve la prendete con noi!! Siamo l’unica macchina in servizio su tutta Secondigliano e Scampia!!”

Secondigliano e Scampia non sono semplici quartieri....sono vere città di decine di migliaia di abitanti in cui la concentrazione di delinquenza e miseria è tale da ricordare tristemente terre malate lontane, come le periferie brasiliane o alcune aree della Colombia.

Lo Stato, in queste terre, è del tutto assente. Ho attraversato per la prima volta nella mia vita il quartiere di Scampia nella macchina dei carabinieri che mi accompagnavano a sporgere denuncia...”Possibile che per chilometri di strada non si veda l’insegna di un servizio pubblico, di un centro ricreativo, di una qualsiasi.....” inveivo sbigottita al cospetto di tanto squallore “Signò!!!” mi hanno subito interrotta i tre carabinieri “Ma quale centro educativo!!! Qua ci vivono solo pregiudicati e tossici....se ci sta qualcuno “perbene” è una perla rara...”

“Questa è gente che entra e esce dalla galera” ha aggiunto prontamente il più giovane dei tre “e noi non solo siamo alla sbando, esposti come voi e non tutelati, ma abbiamo anche le mani legate...” “ Legate da chi?” “E certo...se anche noi arrestiamo sul fatto un delinquente, dopo qualche giorno sta un’altra volta fuori....la magistratura serve solo a mettere in libertà quelli che noi arrestiamo...e a questo punto, mi dice lei che li arrestiamo a fare?”

I carabinieri sono impotenti e indifesi, la polizia è assente...le pistole sono nelle mani di quasi tutti i cittadini del quartiere, compresi i bambini, che si fanno da soli “giustizia”.

Nessun segno, sui muri, di vita cittadina, di spettacoli o di iniziative che possano lasciar immaginare una qualche forma di civile comunanza.

La violenza è nel DNA della vita del quartiere...trasuda dalle urla che si rivolgono le persone anche solo per un saluto, comunicandosi in quel modo un comune malessere.

I carabinieri in sede cercano di darmi conforto...ma la rabbia che provavo non aveva ancora dato spazio a segni di cedimento.

La denuncia è laboriosa....finchè vengo cortesemente accompagnata alla fermata dell'’autobus.

Per la prima volta, intravedo sui muri imbrattati un manifesto, uno di quelli a me cari...a sfondo rosso, e con sigla di partito, recita “I bilanci partecipativi a Scampia: una iniziativa di quartiere”. Avevo trattenuto le lacrime fino a quel momento ma quel piccolo manifesto, usurato dalla pioggia e dagli strappi, mi faceva d’improvviso sentire l’ingenuità e la tenerezza di una sfida già persa...e su quelle parole si poggiavano le mie lacrime e i miei pensieri “Signo’!” mi urla un uomo maturo “ma vi è morto qualcuno di questi?!?...ma lasciategghì (lasciateli andare)...fann’ sul’ chiacchiere!! (sono tutte chiacchiere)”

Scampìa non ha più parole da dare al racconto politico...e neanche a quello ricamato dalle trame dei progetti fasulli che lo Stato continua ad annunciare e, di fatto, a non fare....è il folklore macabro della cronaca di camorra a tenere la scena nel teatro di guerra di queste terre...e non c’è realtà più ostica alla legalità e al senso dello Stato di quella in cui sia culturalmente radicato un ostracismo che trova piena conferma nella reale latitanza delle istituzioni.

La tenerezza del sogno politico non raggiunge la miseria di Scampìa...la camorra è più vicina, è lì, a far da ombrello alla disperazione che non sa chiedere altra giustizia che quella della violenza che genera....la camorra c’è, a dar violenza alla violenza...lo Stato non c’è, ed è il suo pieno silenzio a far risuonare con terrore ancora dentro di me il rimbombo della pistola a qualche centimetro dal mio cranio.

Antonella S.

 

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