Ma ora le banche abbassano le armi



Ma ora le banche abbassano le armi

Cresce l’export del made in Italy bellico, diminuisce l’impegno delle banche italiane nel settore dell’industria di difesa.
Sono i due dati più significativi che emergono dalla «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento e dei prodotti ad alta tecnologia per l’anno 2004», trasmessa dalla presidenza del Consiglio al Parlamento nel marzo scorso.
Ombre e luci, insomma, che Giorgio Beretta, curatore della Campagna «Banche armate», evidenzia in un dettagliato articolo sul sito www.banchearmate.it
A preoccupare è l’incremento (più 16 per cento) delle autorizzazioni alle esportazioni per un valore di quasi 1,5 miliardi di euro. La buona notizia è che nella lista delle destinazioni troviamo ai primi posti Paesi dell’area Ue-Nato, cosa che fa segnare una significativa inversione di tendenza rispetto all’anno precedente. Tra le 690 nuove autorizzazioni una parte non trascurabile riguardano tuttavia Paesi «a rischio» cui la normativa in vigore proibisce la vendita di armi. Si tratta di Paesi in conflitto, sotto embargo Ue, responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e che spendono per la difesa ingenti risorse nonostante l’alto indebitamento. È il caso, ad esempio, di Paesi quali Malaysia,  Turchia, India e Pakistan.
Chi ha visto una flessione consistente dell’importazione di armi made in Italy è la Cina («solo» 2 milioni di euro contro i quasi 127 milioni del 2003). Merito dell’embargo Ue che, introdotto nel 1989 dopo i massacri di Tiananmen, è stato riconfermato lo scorso novembre.
L’altro dato interessante della Relazione riguarda direttamente la Campagna sulle «banche armate». Il documento segnala che il pressing dell’opinione pubblica ha prodotto cambiamenti «nell’atteggiamento assunto da buona parte degli istituti bancari nazionali nell’ambito della loro politica di responsabilità sociale d’impresa. Tali istituti, infatti - prosegue la Relazione - pur di non essere catalogati fra le cosiddette “banche armate”, hanno deciso di non effettuare più, o quantomeno, limitare significativamente le operazioni bancarie connesse con l’importazione o l’esportazione di materiali d’armamento».
Scorrendo i dati della Relazione si scopre che le transazioni bancarie nel 2004 hanno raggiunto il nuovo, preoccupante record di 1.317 milioni di euro. Due banche italiane (Banca di Roma e Grup­­po bancario San Paolo Imi) fanno la parte del leone con quasi il 60 per cento delle autorizzazioni.
Tra le novità positive va registrato un ulteriore e positivo passo di Unicredit, l’uscita ormai definitiva di Monte dei Paschi e la bassissima quota di nuove autorizzazioni di Banca Intesa che nel 2003 ha dichiarato il proprio disimpegno dal settore.