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bolkestein
- Subject: bolkestein
- From: "Cima Laura" <cima_l at camera.it>
- Date: Thu, 7 Apr 2005 15:46:17 +0200
Carissimi, vi invio in allegato il resoconto stenografico dell'interpellanza urgente presentata da Laura Cima sulla Direttiva Bolkestein. Cari saluti marella narmucci Visita il sito personale all'indirizzo internet <http://deputati.camera.it/laura.cima>http://deputati.camera.it/laura.cima CAMERA DEI DEPUTATI seduta n. 608 di Giovedì 7 aprile 2005 INTERPELLANZE URGENTI I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri delle attività produttive e per le politiche comunitarie, per sapere - premesso che: nei prossimi mesi entrerà nel vivo della discussione la cosiddetta «direttiva Bolkestein» (dal nome del suo proponente, l'ex commissario europeo olandese Frits Bolkenstein), relativa ai servizi nel mercato interno; la proposta di direttiva è già stata approvata dalla Commissione europea il 13 gennaio 2004 ed è attualmente all'esame del Consiglio dei ministri dell'Unione europea e del Parlamento europeo; la direttiva, per la cui formulazione sono state consultate 10.000 imprese, ma nessuna organizzazione sindacale e della società civile, rappresenta, secondo gli interpellanti, un pericoloso attacco allo stato sociale e la rimessa in discussione dei diritti dei lavoratori, così come sono garantiti dalle leggi nazionali dei Paesi dell'Unione europea; uno dei principi giuridici su cui si basa questa direttiva è quello del «principio del Paese d'origine». Ciò significa che una società prestatrice di servizi è esclusivamente sottomessa alla legge del Paese dove ha la sua sede legale e non più alla legge del Paese dove fornisce il servizio; attraverso il suddetto «principio del Paese d'origine», si favorisce legalmente lo spostamento delle sedi delle società verso i Paesi a più debole protezione sociale, ambientale e del lavoro, destrutturando definitivamente i diritti sociali e contrattuali delle lavoratrici e dei lavoratori nell'Unione europea; si prefigge la privatizzazione di tutte le attività di servizio, dalle attività logistiche di qualunque impresa produttiva fino ai servizi pubblici e all'istruzione, a partire dalla sanità e dai servizi sociali; attraverso le norme sul distacco dei lavoratori (articolo 24) precarizza totalmente le prestazioni di lavoro, con il rischio evidente di dumping sociale; riduce drasticamente le possibilità di intervento e il potere decisionale degli Stati membri e delle autorità locali, privandole della facoltà ad esercitare proprie linee di intervento e controllo nella politica economica e sociale; in stretto collegamento con l'Accordo generale sul commercio dei servizi (Gats) rafforza le politiche neo-liberiste dell'Unione europea; tale direttiva europea, se sarà adottata, avrà come conseguenza che tutti i servizi forniti dagli Stati membri dell'Unione europea saranno considerati come prodotti economici ordinari; conseguentemente, settori essenziali, quali la cultura, l'istruzione, le cure sanitarie e tutti i servizi relativi ai sistemi nazionali di protezione sociale, potranno essere soggetti alle stesse forme di concorrenza economica delle merci; considerando il suo ampio campo di applicazione, il progetto di direttiva avrà, inoltre, un impatto sostanziale su molte aree di servizi nell'Unione europea e provocherà una destrutturazione del mercato del lavoro, in particolar modo per i lavoratori in distacco, in trasferta e per i lavoratori temporanei, non più tutelati dalla legislazione del Paese in cui svolgono la loro attività lavorativa; un tale cambiamento implica inevitabilmente un deterioramento dei sistemi legali legati alle pensioni, all'assistenza sociale o alla copertura delle cure sanitarie a vantaggio dei sistemi privati, comportando, inoltre, la deregolamentazione dei sistemi educativi nazionali e la fine di tutte le forme di diversità culturale; dal marzo 2004, alcuni partiti politici e diverse istanze nazionali ed europee (associazioni, sindacati) hanno segnalato il rischio insito in questa direttiva, chiedendo la mobilitazione per contrastare questo progetto di regressione sociale; nonostante le proteste, una larga maggioranza degli Stati membri sembra essere favorevole alla sua rapida adozione; il 2 marzo 2005 il portavoce della Commissione europea ha dichiarato che Bruxelles non ritirerà la direttiva, ma ne rivedrà il testo, in particolare i punti più controversi, come il principio del Paese d'origine e i settori che esso copre; in un primo momento anche il Commissario europeo al mercato interno, Charlie McCreevy, in un incontro stampa tenutosi a Bruxelles, ha affermato che nella sua formulazione attuale la proposta di direttiva sui servizi difficilmente potrà decollare e, quindi, sarà modificata attraverso emendamenti che assicurino che le condizioni e gli standard di tutela dei lavoratori non siano colpiti in alcun modo e che non si verifichi un «dumping sociale» e ha aggiunto che i servizi sanitari e quelli che contano sul finanziamento pubblico, definiti «particolarmente sensibili», dovrebbero essere esclusi dal campo di applicazione della direttiva nella sua nuova versione; ma in seguito ha difeso il contestatissimo «principio del Paese d'origine», anche se ha riconosciuto che bisogna affrontare certe «preoccupazioni» sulla sua applicazione; l'Europa ha bisogno che il necessario completamento del mercato interno europeo, nell'ottica della discussione apertasi sulla «strategia di Lisbona», avvenga senza ridurre lo standard qualitativo dei servizi offerti ai cittadini, migliorandone anzi prezzi e servizi e non alterando i diritti delle persone che lavorano; il 9 marzo 2005 il Parlamento europeo ha approvato con una larga maggioranza (514 voti favorevoli, 110 contrari e 20 astensioni) una risoluzione che chiede che nei prossimi cinque anni la strategia di Lisbona dovrà essere la priorità assoluta dell'Unione europea. La crescita sostenibile e l'occupazione dovranno rappresentare i principali obiettivi, mentre per rafforzare i risultati dell'economia europea sarà anche essenziale disporre di una politica sociale e ambientale forte e ben concepita; il 19 marzo 2005, anniversario dell'inizio della guerra in Iraq e alla vigilia del vertice europeo sugli accordi di Lisbona, i movimenti sociali europei, i sindacati, le organizzazioni giovanili si sono ritrovati a Bruxelles per dar vita ad un'importante giornata di mobilitazione contro la guerra, il liberismo e il razzismo. In quella sede è stato chiesto il ritiro della «direttiva Bolkestein», che è un tentativo di mettere nelle mani delle grandi corporations i diritti sociali acquisiti, liberalizzando i servizi, e attraverso l'introduzione del «principio del Paese d'origine» si cercano di smantellare i diritti del lavoro e le norme a tutela della salute e dell'ambiente -: se il Governo, a fronte di un'ampia mobilitazione sociale e di un largo pronunciamento parlamentare contro la «direttiva Bolkestein», in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione europea e in linea con la risoluzione approvata dal Parlamento europeo sugli obiettivi della strategia di Lisbona, non ritenga opportuno sostenere che obiettivo principale che una direttiva sui servizi deve avere è quello di stimolare una crescita economica e un lavoro sostenibile, senza pregiudicare le competenze degli Stati membri nei servizi di interesse generale, garantendo l'armonizzazione delle regole, la promozione della qualità, il rilancio di una relazione tra servizi ed attività produttive, bloccando, perciò, le delocalizzazioni e la liberalizzazione dei servizi, della gestione dei beni comuni, della salute o dell'acqua, che debbono rispondere, invece, a logiche di cittadinanza e non di mercato, e se non ritenga, quindi, di esprimere parere negativo sulla «direttiva Bolkestein», chiedendone il suo ritiro. (2-01508) «Cima, Boato, Zanella». (15 marzo 2005) LAURA CIMA. Signor Presidente, vorrei illustrare l'interpellanza in esame, perché non si tratta di un argomento tanto conosciuto, anche se, a tale riguardo, vi è stata una grande manifestazione di giovani che ha portato all'attenzione europea i problemi di questa direttiva, oggetto di accesa discussione di tutti i soggetti che riguarderà. Vorrei riassumere brevemente i rischi di questa proposta, che è stata approvata dalla Commissione europea il 13 gennaio 2004 e, da allora, è all'esame del Consiglio dei ministri dell'Unione e del Parlamento europeo. In particolare, sono state presentate alcune proposte di emendamenti non di poco conto e mi riferisco, ad esempio, al parere del Comitato economico e sociale europeo varato recentemente (10 febbraio del 2005), il quale propone un numero consistente di emendamenti che ridimensionano notevolmente questa direttiva. In particolare, viene messo in discussione il principio giuridico fondamentale su cui si basa, vale a dire quello del paese di origine. Si tratta di un principio estremamente pericoloso, perché in questo modo una società prestatrice di servizi è esclusivamente sottomessa alla legge del paese dove ha la sua sede legale e non più alla legge del paese dove fornisce il servizio. In questo modo, si favorisce legalmente lo spostamento delle sedi delle società verso i paesi a più debole protezione sociale, ambientale e del lavoro, destrutturando definitivamente i diritti sociali e contrattuali di lavoratrici e lavoratori nell'Unione europea. Quindi, si fa esattamente l'opposto di ciò che la direttiva Bolkestein si proponeva, vale a dire realizzare gli obiettivi di Lisbona che, come sappiamo, il Parlamento europeo recentemente ha definito come la priorità assoluta dell'Unione, in seguito ad una risoluzione approvata a larghissima maggioranza (514 voti favorevoli), perché la crescita sostenibile e l'occupazione dovranno rappresentare i principali obiettivi della politica europea e degli Stati membri. Per rafforzare i risultati dell'economia europea sarà anche essenziale disporre di una politica sociale e ambientale forte e ben concepita. Voi sapete benissimo che il principio su cui si basa lo sviluppo in Europa, grazie anche alla presenza qualitativa dei verdi, è quello dello sviluppo sostenibile. Ciò significa che l'economia, lo sviluppo economico non può essere disgiunto dal rispetto ambientale e dei diritti dei lavoratori, nonché da una politica sociale forte. Tra l'altro, il 19 marzo, alla vigilia del vertice europeo sugli accordi di Lisbona, i movimenti sociali europei, i sindacati e le organizzazioni giovanili si sono ritrovati a Bruxelles e hanno dato vita ad un'importante giornata di mobilitazione contro la guerra, contro il liberismo senza nessun vincolo e, quindi, contro lo sviluppo insostenibile. In quella sede, è stato chiesto il ritiro di questa direttiva perché essa tenderebbe a creare grandi multinazionali dei servizi, grandi corporation che potranno disporre di diritti sociali acquisiti, liberalizzando i servizi. Introducendo il principio del paese d'origine, si smantelleranno i diritti del lavoro e le norme a tutela della salute e dell'ambiente. Signor Presidente, in Italia vi è una tradizione sociale che ci ha consentito di essere da sempre il primo paese in Europa in relazione al rispetto dei diritti dei lavoratori e, anche se purtroppo questo Governo ha inferto colpi non di poco conto su tale versante, ritengo che la suddetta tradizione sia talmente forte da non poter essere smantellata facilmente. Dunque, in questa fase - abbiamo da sempre affermato che le direttive devono essere discusse in Parlamento nella fase ascendente -, è importante che il Governo si confronti. Siccome non vi è stato alcun confronto e, in Italia, salvo alcuni addetti ai lavori e i giovani presenti a Bruxelles, non si conoscono i rischi derivanti da tale direttiva, riteniamo importante chiedere al Governo, attraverso la presente interpellanza urgente, quale sia la posizione dell'Italia rispetto alla suddetta direttiva. Chiediamo inoltre se il Governo, a fronte di un'ampia mobilitazione sociale e di un largo pronunciamento parlamentare contro la direttiva Bolkestein, in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione europea, non ritenga opportuno sostenere che obiettivo principale che una direttiva sui servizi deve avere - a differenza di quanto previsto dall'attuale direttiva Bolkestein - sia quello di stimolare una crescita economica e un lavoro sostenibile, senza pregiudicare le competenze degli Stati membri nei servizi d'interesse generale, garantendo l'armonizzazione delle regole. Infatti, tale direttiva si pone in contrasto non solo con la politica generale da applicarsi secondo gli obiettivi della strategia di Lisbona, ma anche con le normative nazionali. Dunque, invitiamo il Governo ad intervenire secondo le indicazioni del Parlamento europeo, promuovendo la qualità dei servizi, il rilancio di una relazione tra servizi e attività produttive e bloccando, perciò, le delocalizzazioni e la liberalizzazione selvaggia dei servizi - che tale direttiva attualmente propone -, della gestione dei beni comuni, della salute e dell'acqua. Stiamo infatti parlando di diritti fondamentali sui quali si basano i diritti riconosciuti dalla nostra Carta costituzionale. Tali diritti vengono considerati da tale direttiva alla stregua di merci che devono circolare liberamente senza alcuna limitazione posta dagli Stati membri. Infatti, gli stessi Stati non possono neppure imporre la propria legislazione in merito a tali materie. A mio avviso non è questo lo spirito della Costituzione europea appena approvata né del nuovo Trattato ratificato dalla Camera; al contrario, ritengo che essi tratti della concezione alla base del Trattato di Nizza, che appunto andava in questa direzione, ed ampiamente superata dal nuovo Trattato. In proposito, vorrei ricordare che non abbiamo mai condiviso il Trattato di Nizza, perché la gestione dei beni comuni - salute ed acqua - devono rispondere essenzialmente a logiche di diritti di cittadinanza e non a quelle di mercato. Pertanto, vorremmo innanzitutto chiedere al Governo qual è stata la sua posizione su un dibattito aperto da oltre un anno. Inoltre, ci domandiamo se non sarebbe opportuno che lo stesso Governo esprimesse parere negativo alla direttiva, chiedendo il suo ritiro. Infatti, a nostro avviso, tra i motivi che hanno portato all'esito delle recenti elezioni regionali, in cui i cittadini hanno spostato il loro sostegno politico determinando un cambiamento di fatto della maggioranza in Italia verso il centrosinistra, figura anche la tutela dei diritti acquisiti, in particolare quelli sociali, verso cui il centrosinistra è tradizionalmente più attento. In proposito esiste una serie di proposte molto chiare. I Verdi europei - come è noto il movimento dei Verdi è articolato a livello europeo e in tale ambito è stata portata avanti una battaglia molto aspra contro la direttiva in oggetto anche all'interno del Parlamento europeo - esigono il suo ritiro e chiedono alla Commissione di proporre una direttiva quadro che consenta di definire i princìpi fondamentali per i servizi di interesse generale e di dare attuazione alle condizioni che garantiscono il loro finanziamento pubblico e l'accesso generalizzato ad esso senza discriminazione in relazione alla situazione sociale e al luogo di residenza. Infatti, in questo senso si rispettano gli obiettivi di Lisbona. In caso contrario ci si allontana da essi né può essere riconosciuta coerenza alla direttiva Bolkestein con la priorità che il Parlamento ha appena riconosciuto alla strategia di Lisbona. Pertanto, abbiamo chiesto alla Commissione una valutazione dell'impatto delle attuali liberalizzazioni nel settore dei servizi, da quello dell'energia a quello dei trasporti fino a quello dei servizi postali, prima di proporne una nuova, estesa a tutti i settori. Infatti, le critiche piovute da tutti i livelli istituzionali e sociali su tale direttiva sono state anche dovute alla sua formulazione, priva di un serio monitoraggio e di un adeguato supporto di analisi in grado di garantire quanto affermato dalla direttiva stessa, ovvero l'assenza di effetti negativi a fronte di un rilancio dell'economia europea. Inoltre, chiediamo l'ulteriore armonizzazione, tramite una nuova direttiva, in materia di distaccamento dei lavoratori. Infatti, tale direttiva deve essere addirittura migliorata per rafforzare i diritti dei lavoratori stessi e il dialogo sociale. Come è noto, la precarizzazione e lo spostamento del lavoro sta all'origine della grave situazione sociale e dell'impoverimento verificatosi in Europa in molti settori. PRESIDENTE. Onorevole Cima, la prego di concludere. LAURA CIMA. Signor Presidente, mi accingo a farlo. I colleghi sanno quanto si è verificato in economia, dove alcune multinazionali hanno proceduto ad una delocalizzazione improvvisa di fabbriche che pure garantivano un grosso profitto in altre parti del mondo, lasciando sul lastrico i lavoratori. Ebbene, tale eventualità si potrebbe verificare nuovamente se la direttiva in oggetto sarà approvata anche nel settore dei servizi. PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, senatore Ventucci, ha facoltà di rispondere. COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Cima per l'illustrazione della direttiva europea relativa ai servizi nel mercato interno. La proposta si inserisce nel processo di riforme economiche avviato dal Consiglio europeo di Lisbona, di cui la realizzazione di un mercato interno dei servizi rappresenta un elemento chiave. A tal fine, la Commissione ha messo a punto una strategia per il mercato interno dei servizi, sviluppata in due fasi. La prima fase, relativa all'analisi delle difficoltà, si è conclusa con l'adozione di una relazione sullo stato del mercato interno dei servizi. Ometterò di citare, onorevole Cima, i riferimenti alla relazione, riservandomi comunque di consegnarle il testo scritto, contenente tali riferimenti. La seconda fase è diretta a definire le soluzioni più adeguate e si è conclusa con la proposta di direttiva in esame. La proposta, quindi, è finalizzata a far sì che i servizi possano essere forniti all'interno dell'Unione con la stessa facilità con la quale sono prestati in uno stesso Stato membro. La nozione chiave di «servizio» si desume dall'articolo 50 del Trattato della Comunità europea e dalla numerosa giurisprudenza della Corte di giustizia: « prestazioni fornite normalmente dietro remunerazione, nella misura in cui non sono regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, capitali e persone». A causa del loro carattere complesso e immateriale, basato nella maggioranza dei casi nel know-how e sulle qualifiche del prestatore, i servizi sono molto più sensibili delle merci alle frontiere presenti nel mercato interno. La proposta di direttiva analizza e disciplina con logiche giuridiche distinte le due situazioni che assicurano la libera circolazione dei servizi: una mobilità in regime di «diritto di stabilimento» (capo II - articoli 5-15); una mobilità in regime di «libera prestazione dei servizi», vale a dire di prestazione temporanea (capo III - articoli 16-25). I capi IV, V e VI introducono inoltre elementi diretti a stabilire un più alto grado di fiducia reciproca tra gli Stati membri attraverso il rafforzamento della cooperazione amministrativa e la promozione della qualità dei servizi e di codici di condotta elaborati dalle parti interessate a livello comunitario. Le molte preoccupazioni che l'onorevole Cima ha evidenziato nell'interpellanza e nella sua illustrazione trovano risposta, in qualche misura, rassicurante nelle conclusioni del Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005, ove i capi di Stato e di Governo dell'Unione europea sottolineano la necessità di rafforzare la competitività e di promuovere la crescita e l'occupazione attraverso la realizzazione di un mercato interno dei servizi che sappia preservare il modello sociale europeo. Inoltre il Consiglio, «alla luce del dibattito in corso, che mostra che la stesura attuale della proposta di direttiva non risponde pienamente alle esigenze», chiede che «nel quadro del processo legislativo sia intrapreso ogni sforzo per raggiungere un ampio consenso che risponda a tutti questi obiettivi». Il testo proposto dalla Commissione, infatti, può, anche secondo le valutazioni del Governo italiano, portare facilmente ad applicazioni non omogenee nei vari Stati membri, riducendo gli effetti benefici di un mercato unico dei servizi e aumentando invece, in qualche modo, l'incertezza dei cittadini e il contenzioso comunitario, così come rappresentato dall'onorevole Cima. Anche l'Italia, come tanti altri Stati, ritiene che la proposta di direttiva volta a facilitare la libera prestazione di servizi nell'ambito del mercato interno rappresenti un elemento importante nel contesto della strategia di Lisbona, ma pensa anche che la proposta non debba pregiudicare in modo alcuno la qualità dei servizi pubblici di sicurezza sociale, la diversità e specificità culturale e non debba, quindi, produrre effetti di dumping sociale. In particolare, mi accingo ad elencare schematicamente - a beneficio anche dell'onorevole Cima - le sei questioni che l'Italia ha indicato come le più importanti e delicate: definizione del campo di applicazione (articolo 2); complementarietà rispetto alle norme comunitarie già esistenti nei settori dei servizi (articolo 3); livello di responsabilità degli Stati membri in relazione a determinati obblighi di risultato (articoli 26, 27, 31 e 33 del capo V); costi richiesti per attuare la cooperazione amministrativa come previsto dalla proposta; distinzione più chiara tra il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi (capo II e capo III); applicazione del principio del paese d'origine (articolo 16). In particolare, nell'ambito dei lavori del gruppo del Consiglio «Competitività e crescita» la delegazione italiana ha chiesto che si chiarisse quali settori sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva (per noi anche il settore sanitario, i servizi postali, il settore fiscale, i giochi d'azzardo e l'istruzione e la formazione pubblica). Sempre la delegazione italiana ha posto, al gruppo, come essenziale, la necessità di chiarire la reale portata del principio del paese d'origine, principio cardine del mercato interno, ma che ovviamente ha un significato diverso se applicata alle merci o ai servizi. E ancora, si deve definire in quale modo sono compresi i servizi economici di interesse generale, assicurare una reale garanzia per i consumatori nel caso di servizi prestati da prestatori di altri paesi membri e, in caso di contenzioso, qual è la legge applicabile per le obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali, tenuto conto delle regole già sancite dal regolamento «Roma I» e dall'emanando «Roma II». La posizione italiana, in continuo e dinamico approfondimento, è frutto di una intensa opera di consultazione di tutte le amministrazioni e delle parti sociali interessate, attiva presso il dipartimento fin dal febbraio 2004. Nell'ambito dei lavori del gruppo «Competitività e crescita» del Consiglio, la presidenza lussemburghese ha impostato le discussioni a partire dal documento di lavoro predisposto dalla presidenza olandese e che può contare anche sul generale appoggio della Commissione. Si tratta del documento 5161/05 del 10 gennaio 2005. In alcuni punti il documento è certamente più chiaro del testo originario e tiene conto di nostre specifiche richieste, mentre in altri punti è ancora insoddisfacente. La discussione è, comunque, ancora molto aperta e risente, allo stato attuale, delle reazioni anche molto critiche fatte emergere dal Parlamento europeo e sottolineate in particolare dalla stampa francese e tedesca. Personalmente ringrazio l'onorevole interpellante per aver dato l'opportunità di poter chiarire la situazione. Devo aggiungere, infine, che avrebbe desiderato essere presente qui oggi il ministro Buttiglione ma la riunione del Consiglio dei ministri tuttora in corso glielo ha impedito ed è stato necessario delegare il sottoscritto. PRESIDENTE. L'onorevole Cima ha facoltà di replicare. LAURA CIMA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per averci illustrato finalmente la posizione del Governo sul tema oggetto dell'interpellanza. Mi dichiaro parzialmente soddisfatta perché ritengo che questa occasione rappresenti un primo confronto tra Parlamento e Governo. Non mi risulta, inoltre, che nelle Commissioni competenti questo tema sia già stato affrontato. Si tratta di questioni di fondamentale importanza, che occorrerà approfondire ampiamente. Se, correttamente, il Governo ricerca un'intesa con gli enti locali interessati e con le parti sociali, altrettanto dovrebbe fare per avviare un confronto parlamentare serrato su questo tema. Il mio auspicio è che, a partire da oggi, questo confronto prenda il via, magari nelle competenti Commissioni e preferibilmente non solo con atti di sindacato ispettivo ma anche per iniziativa del Governo. Vorrei illustrare perché riteniamo che le giustificazioni presenti nella proposta della Commissione siano fondamentalmente di natura più ideologica che pratica. Come ho già avuto modo di ricordare, il taglio nell'ambito della strategia di Lisbona non è così essenziale. Si rischia, addirittura, di non fare dell'Unione europea la più competitiva economia delle conoscenze del mondo entro il 2010, ma, piuttosto, di creare una situazione che non presenti la sicurezza giuridica e la trasparenza necessarie per effettuare servizi transfrontalieri. Nessuno ha mai chiesto, anche quando è subentrata l'esigenza dell'apertura ai servizi e alla libera circolazione degli stessi eliminando ostacoli (cosa su cui non siamo assolutamente contrari), una direttiva di così ampia portata. Ciò è anche abbastanza chiaro da tutti gli atti delle consultazioni che si sono tenute nel novembre 2004 presso il Parlamento europeo, dove persino i rappresentanti delle imprese dei servizi hanno manifestato la loro posizione: ciò risulterà chiaro anche al Governo se ha effettuato in Italia lo stesso tipo di consultazioni. Noi sosteniamo che tale direttiva avrà proprio quegli effetti che anche il sottosegretario temeva, e cioè che produrrà dumping sociale e, ovviamente, ambientale. Di ciò siamo molto preoccupati, perché il concetto del paese d'origine comporterà il fatto che i prestatori di servizi non saranno più soggetti a leggi e a regolamenti dei paesi in cui opereranno, ma a quelli del paese in cui avranno sede sociale e, se non vi sarà una previa armonizzazione, gli operatori tenderanno a stabilirsi in quei paesi membri dove lo standard normativo è inferiore, proprio ciò che lo stesso sottosegretario riconosceva come rischio. In tal modo, l'Unione europea finirà con il rinunciare all'obiettivo fondamentale di armonizzazione degli standard verso un livello elevato in campo sociale, ambientale e di tutela dei consumatori, che ha costituito la sua politica e la caratteristica essenziale del suo mercato interno. Riteniamo anche che si esageri riguardo all'impatto previsto sulla crescita e sull'occupazione. Uno degli argomenti essenziali proposto dalla Commissione è quello che i servizi rappresentino un enorme potenziale di crescita economica e di occupazione. La Commissione ha riferito che essi costituiscono il 70 per cento dei PIL nazionali, ma in realtà essi rappresentano solo il 20 per cento delle esportazioni. La maggior parte dei servizi, quindi, risponde ai bisogni locali a cui siamo, come forza politica, molto attenti (per questo ho accennato anche alle recenti elezioni regionali). La direttiva provocherà l'effetto opposto, come ho già detto, favorendo lo sviluppo dei grandi consorzi transnazionali fornitori di servizi, mettendo a repentaglio l'attività degli operatori locali: ritengo che questo sia contro ogni buona logica di sviluppo sostenibile. Il quarto punto riguarda il fatto che il campo è troppo vasto e comprende servizi di «interesse generale», coprendo tutti i servizi tranne quelli finanziari, delle comunicazioni elettroniche e dei trasporti; quindi anche la sanità, signor sottosegretario, anche i servizi sociali, anche l'istruzione, la cultura, i servizi audiovisivi e i media con il rischio di una crescente concentrazione di questi ultimi. Nonostante una forte domanda espressa dal Parlamento europeo, finora non vi sono proposte parallele di direttiva sui servizi di interesse generale, che avrebbero costituito un contrappeso ed evitato che la direttiva Bolkestein trasbordasse a questo livello: direttiva che dunque mette a repentaglio la qualità dei servizi sociali e sanitari, a cui noi come forza politica siamo assolutamente attenti, poiché è da lì che si misura il livello di civiltà di una comunità. La direttiva è, secondo noi, potenzialmente in conflitto con l'applicazione di alcune disposizioni del nuovo Trattato costituzionale. Ho già detto che non vi sono seri studi sull'impatto giuridico e che si verificheranno situazioni di mancanza del diritto (lo ribadiva anche il sottosegretario asserendo che il rischio è quello di un contenzioso continuo), poiché il princìpio del paese d'origine contraddice alcune disposizioni di leggi che prevedono oneri contrattuali e non contrattuali (Roma 1 e 2, lo riconosceva lo stesso sottosegretario) e cumulerà i suoi effetti con quelli di altre legislazioni comunitarie, come, ad esempio, la direttiva sul distaccamento dei lavoratori, la televisione senza frontiere, le prassi commerciali sleali, la proposta di direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali, disposizioni che non prevarranno sulla direttiva Bolkestein, se non verrà modificata, accrescendo le incertezze sotto il profilo giuridico. In particolare, la direttiva risulta incompatibile con quella sul distaccamento dei lavoratori, come ho già detto e non entrando nel merito essendo la parte più chiara di essa. Se ho ancora un po' di tempo a disposizione, vorrei sottoporre al Governo alcune proposte alternative per raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla Commissione. Noi chiediamo alla Commissione europea di proporre una direttiva quadro che consenta di definire principi fondamentali per i servizi di interesse generale e di dare attuazione alle condizioni che garantiscano il loro finanziamento pubblico e l'accesso generalizzato ad essi senza discriminazioni in relazione alla situazione sociale e al luogo di residenza (questo è l'obiettivo di Lisbona). Si chiede, inoltre, alla Commissione europea una valutazione dell'impatto delle attuali liberalizzazioni settoriali relativamente ai servizi (in particolare, energia, servizi postali e trasporti). Si chiede, altresì, un miglioramento della direttiva sul distaccamento dei lavoratori, e si propone un approccio alternativo che faccia riferimento ad un numero limitato di servizi commerciali. Questo permetterebbe l'armonizzazione comunitaria basata su dei principi. In particolare, si avrebbe un campo limitato che includerebbe una lista espressa di settori che dovrebbero essere coperti; tra questi, le attività non retribuite a salario (articolo 47) che non implicano alcuna attività di interesse generale come sono invece i settori dell'istruzione, della cultura, dell'audiovisivo, la sanità e gli altri servizi sociali, il lavoro, l'acqua, l'energia, la gestione dei rifiuti e la tutela dell'ambiente. Settori questi che non possono sottostare, a nostro avviso, alla logica della direttiva in questione. Per quanto riguarda la libera circolazione dei servizi, si chiede l'applicazione del principio del paese ospite e non quello del paese d'origine (si chiede cioè esattamente l'opposto di quanto previsto dalla direttiva) fino a quando non si realizzi una migliore e completa armonizzazione a livello di accesso all'esercizio di un servizio; a questo riguardo si fa riferimento in particolare al comportamento dell'operatore, alla qualità e al contenuto del servizio, alla pubblicità, ai contratti e alla responsabilità dell'operatore. Per quanto riguarda poi la questione della libertà di installazione dell'impresa, chiediamo, piuttosto che un approccio legislativo, la messa in opera di un metodo aperto di coordinamento al fine di comparare le esigenze degli Stati membri nel campo della prestazione dei servizi e per progredire verso una maggiore convergenza nella prospettiva di una futura armonizzazione con l'obbligo di conseguire risultati entro un certo termine. Proponiamo, inoltre, la creazione di sportelli unificati e di altri strumenti amministrativi per facilitare l'accesso degli operatori alle informazioni pertinenti e per migliorare la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri. Esortiamo quindi la Commissione europea e gli Stati membri a sviluppare innanzitutto i programmi europei nel quadro della strategia europea per l'occupazione allo scopo di accrescere i posti di lavoro e le eguali opportunità nel settore dei servizi, in particolare nel settore della tutela ambientale, dei servizi sociali, della cultura e della mobilità. Mi dispiace che il ministro Buttiglione non sia potuto essere presente oggi in aula a fornirci ulteriori elementi sui recenti sviluppi del dibattito in corso su questa problematica; mi auguro, comunque, che il confronto odierno rappresenti un primo momento cui dare seguito in futuro. Ci auguriamo, altresì, che il contributo che i Verdi europei stanno dando in tutta Europa in merito alla discussione su questa direttiva sia preso in debita considerazione anche da questo Governo.
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