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Inchiesta sulla precarietà nel Gruppo Cos (...non solo call center!)
- Subject: Inchiesta sulla precarietà nel Gruppo Cos (...non solo call center!)
- From: "C.U.B. TRASPORTI settore aereo" <rsa_cub_trasporti at hotmail.com>
- Date: Wed, 30 Mar 2005 11:52:56 +0200
Ciao, è di ieri sul Manifesto la pubblicazione del primo articolo di una inchiesta giornalistica sulle condizioni di lavoro nelle aziende del Gruppo Cos: salari da fame e nessun diritto. L'articolo del giornalista, Antonio Sciotto, squarcia il velo di omertà anche sulle responsabilità sindacali determinate dagli accordi a perdere che i soliti noti si ostinano a sottoscrivere. E' emblematico che nonostante la situazione che subiscono i lavoratori delle società del Gruppo COS, cgilcisluiluglsult in Alitalia continuino a sostenere (...o a tacere!) l'imminente uscita del call center AZ dalla Compagnia sapendo che Alicos, società de Gruppo COS, rileverà le attività e ... forse i lavoratori! Ø DA cgilcisluiluglsult NON UNA PAROLA CHIARA, UNA INIZIATIVA E UN INTERVENTO CONTRO L'USCITA DI TALE SERVIZIO DALLA COMPAGNIA E PER IL SUO MANTENIMENTO IN ALITALIA. Ø DA cgilcisluiluglsult NON UNA PRESA DI POSIZIONE NETTA A SOSTEGNO DELLA STABILIZZAZIONE DEL LAVORO IN ALITALIA E A FAVORE DELL'ADOZIONE DI UN CRITERIO CERTO E TRASPARENTE PER LA TRASFORMAZIONE NELLA COMPAGNIA DEI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO IN CONTRATTI A TEMPO INDETERMINATO. Di fatto un avallo esplicito che quei sindacati (…chi prima chi dopo!) stanno inviando all'azienda per procedere allo smembramento della Compagnia e al trasferimento in AZ Servizi di quasi tutte le attività di terra (call-center, informatica, amministrativi...prima di ogni altra!): un primo passo verso la loro definitiva liquidazione e cessione a terzi. Altro che garanzie! Altro che GRUPPO Alitalia! Altro certezza del rinnovo dei contratti per i precari! LA VERITÀ E' UN'ALTRA: FERMIAMOLI FINCHE' SIAMO IN TEMPO! Buona lettura A presto IL MANIFESTO 29 MARZO 2005 INCHIESTA Viaggio nei call center siciliani tra i lavoratori a progetto del gruppo Cos Salve, risponde Lucia Per 38 centesimi l'ora ANTONIO SCIOTTO INVIATO A PALERMO Il primo stipendio di Lucia? Quarantasei euro netti, o 56 lordi se preferite. La scorsa estate ha lavorato alla Cosmed di Palermo, gruppo Cos, per un intero mese, 6 ore al giorno per 5 giorni a settimana, ma le pagavano solo i contratti che riusciva a procurare alla Wind: a conti fatti, la bellezza di 38 centesimi all'ora. D'accordo, era il primo mese, quello di «rodaggio», ma non è che le cose siano poi migliorate troppo: oggi è una lavoratrice a progetto in scadenza ogni trimestre, riesce a fare tra i 300 e i 400 euro al mese, ma non è detto. E' pagata a cottimo, solo per i «contatti utili»: 25 centesimi lordi per ogni telefonata che superi i 25 secondi. Altrimenti è come se non avesse lavorato: Lucia non stava lì. Ironia della sorte, deve fare anche gli «straordinari»: 8 ore al giorno anziché le 6 da contratto, senza alcuna maggiorazione, anche loro a cottimo ed esposte alla stessa incertezza. «Spesso non riesco a fare neppure i giorni di riposo - ci spiega seduta al tavolino del bar Recupero di Palermo, dove l'abbiamo incontrata - Dovrei farne due a settimana, ma ci chiedono di continuare a lavorare senza sosta. Non vuoi fare 8 ore? Nei riposi puoi farne 6 o 4, mi dicono, ma ti consigliamo caldamente di venire. Come sai, il tuo contratto è in scadenza, e un eventuale rifiuto potrebbe pesare...». Lucia non riesce a capire che senso abbia continuare a lavorare al call center, ma non vede al momento alternative: la disoccupazione in Sicilia è altissima, sul tavolo dell'ufficio personale della Cosmed si accumulano montagne di curriculum. Tutti ragazzi, ma non solo, pronti a lavorare per una busta paga incerta: «Ieri - ci spiega - ho guadagnato solo 10 euro in otto ore: tre telefonate utili e un contratto. Ho speso di più per la benzina e il pranzo». E da fine gennaio c'è un sistema di compenso ancora più perverso: se non si riesce a tenere una media complessiva di durata delle telefonate di 2 minuti e 36 secondi, vengono retribuite soltanto il 25% delle chiamate utili. Accanto a Lucia c'è Alfonso, il suo ragazzo, come lei ha 25 anni. Anche lui immerso in pieno nella giungla dei call center, campagne per Wind e Tim, ma sempre attraverso gli appalti della Cos. Ha lavorato per la Alicos, gemella minore della Cosmed, che gestisce tra l'altro il numero verde Alitalia: due settimane fa hanno scioperato per ottenere un compenso fisso. «Spesso lavoro per pochi euro al giorno, mentre per la benzina e il pranzo vanno via 12 euro - ci spiega - L'attuale campagna ce la pagano 42 centesimi lordi a chiamata, è un lavoro in perdita, non riesci a mettere da parte nulla. Io non riesco a permettermi neppure l'affitto, devo restare a vivere con i miei genitori». I «lavoratori a progetto» - che qui a Palermo molti chiamano sinteticamente «lap» - sarebbero la versione aggiornata dei «cococò»: la legge 30 li inquadra come una sorta di autonomi, a compenso libero, e dunque dovrebbero almeno gestire liberamente i propri orari. In realtà i «team leader», i capetti, li controllano da vicino: vogliono essere avvisati quando mancheranno, li rimproverano per le assenze, impongono gli straordinari. La Cos, il gruppo nazionale di cui è proprietario Alberto Tripi (e che di recente ha acquisito anche la Finsiel), nel capoluogo siciliano occupa circa 1200 «lap» (1800 nei periodi di picco), ripartiti tra Cosmed e Alicos; nelle due società gemelle ci sono anche 1400 operatori con contratti subordinati. Ma se consideriamo pure gli altri call center della città, i lavoratori a progetto diventano oltre duemila: «Una condizione di precarietà di cui si comincia a prendere coscienza - ci spiega Angelo Candiloro, della Slc Cgil, che organizza gli operatori con microfono e auricolari - E finalmente riusciamo a fare mobilitazioni più serie». Mauro, 34 anni, lavora in Cosmed per la campagna della Sky, riceve le telefonate dei clienti che chiedono informazioni sulla tv satellitare. Anche lui è un «lap», esposto senza protezioni ai capricci delle commesse e del mercato: quando la campagna va bene riesce a guadagnare 650 euro al mese per 4 ore di lavoro in 5 giorni a settimana. Oggi, dato che il mercato langue, riesce a fare sì e no 250-300 euro al mese. «Non ho tfr, malattia, ferie - ci dice - sono a totale disposizione dell'azienda: "valgo" 62 centesimi a chiamata e "scado" ogni 6 mesi. Anche a me chiedono spesso gli straordinari, per 6-8 ore al giorno e senza riposo settimanale. Ho un secondo lavoro in una scuola privata, dove magari guadagno ancora meno, ma almeno lì mi rispettano come persona». Anche Giancarlo, 32 anni, lavora nella campagna Sky: «Duecento euro al mese, ma che ci fai? Spesso non ricevo più di sei chiamate al giorno, neppure 3 euro di guadagno». Giancarlo è dottorando all'università di Torino, ma non frequenta: «Mi porto un libro per riempire i tempi morti - spiega - ma i team leader mi vietano di leggere, devo farlo di nascosto. Secondo me non è giusto, visto che non veniamo retribuiti per il tempo che non riceviamo chiamate». Del lavoro di apprendista ci parla Giuseppe, 24 anni. Ha un contratto di apprendistato di 18 mesi alla Alicos, in base al quale percepisce una paga ridotta rispetto al contratto nazionale. Si va dai 320 euro dei primi 6 mesi ai 470 dell'ultimo semestre di prova: un part time regolare di 4 ore prende 580 euro mensili. Essendo in attesa della conferma, che sarà decisa in estate, è messo sotto pressione e obbligato a dire continuamente «sì». Come gli altri è costretto agli straordinari forzati, raddoppiando di fatto le sue 80 ore mensili: solo che a lui per 160 ore vanno in busta paga 610 euro, mentre i dipendenti a tempo indeterminato ne prendono 1015. «Quelli che fanno il tuo stesso lavoro guadagnano quasi il doppio - dice - Certo, non me la prendo con loro, è che ormai le aziende ci vogliono mettere gli uni contro gli altri». La compagna di Giuseppe è interinale al 155 Wind, sempre in Alicos, e pure lei «ricattabilissima»: «Il 28 dicembre - spiega - hanno chiamato il suo gruppo e cambiato improvvisamente i turni: dovevano lavorare fino all'una di notte dell'1 gennaio. Noi avevamo già programmato il Capodanno fuori: la mia ragazza ha chiesto cosa sarebbe successo se si rifiutavano. Sapete, hanno risposto, il 4 gennaio si decide il rinnovo, e sicuramente si terrà conto della vostra disponibilità...». (1 / Continua) scheda Premiata ditta Tripi dove l'appalto è d'oro Il gruppo Cos appartiene ad Alberto Tripi e famiglia (il figlio Marco è amministratore delegato), è stato fondato a Roma nel 1983. Partito con commesse di informatica (tra i clienti, negli anni Ottanta, Lottomatica, il ministero dell'interno, la Bnl), dal 2000 si dedica al business di microfoni e cuffiette. E macina profitti: dai 90 milioni di euro di fatturato del 2002, è passato ai 210 del 2004 e ne prevede 250 nel 2005. Le «risorse umane» (così il sito definisce gli operatori) passano da 5.113 del 2002 a 13 mila dell'anno scorso, toccando i 17 mila quest'anno grazie alla recente acquisizione della Finsiel. Nel 2000 Tripi acquistava il call center Alitalia di Palermo (oggi Alicos), nel 2004 la romana Atesia da Telecom. Con la neo annessa Finsiel, la Cos punta a diventare leader nel settore informatica e dei servizi di tlc per imprese, banche, pubblica amministrazione. Il tutto grazie agli appalti d'oro che continua a ricevere da aziende come Telecom, Wind o Sky, mentre nelle 5200 postazioni si alternano migliaia di «collaboratori a progetto». La Cos ha 11 sedi in Italia e 3 all'estero (a Tunisi, Bucarest e Buenos Aires). E la Cgil firmò l'accordo che piace all'azienda A gennaio l'intesa locale con la Cos: niente fisso in busta paga, cottimo ratificato. Il sindacato diviso Palermo per tutti? La Cos vorrebbe proporre l'accordo «flessibile» anche a Catania e in altri territori. Netto rifiuto dal capoluogo etneo e dalla segreteria nazionale Slc AN. SCI. PALERMO Se i lavoratori dei call center palermitani cominciano a ribellarsi, c'è già un accordo tra il sindacato e il potente gruppo Cos che dovrebbe tutelarli. Il condizionale è d'obbligo, perché l'intesa siglata lo scorso gennaio da Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom locali e dalla Cosmed viene molto contestata all'interno della Cgil siciliana e sta facendo discutere anche l'organizzazione a livello nazionale. Il punto più critico riguarda il fatto che non viene individuato un compenso minimo fisso, lasciando dunque i già precari lavoratori a progetto della Cosmed esposti ai capricci del mercato: guadagni solo in base alle chiamate effettuate, a «cottimo». Inoltre, non viene assicurata nessuna prospettiva certa di stabilizzazione, per quanto graduale, dei contratti, configurando per i 1600 operatori un possibile destino di precari a vita. Male dunque sul piano concreto, della certezza della retribuzione, ma viene contestato anche l'impianto «politico» dell'intesa: ratificherebbe infatti la piena legittimità del contratto a progetto, nonostante la Cgil abbia più volte espresso la necessità di abrogare la legge 30 e in particolare i suoi tipi contrattuali più precarizzanti. Abbiamo sentito innanzitutto chi ha firmato l'accordo, il segretario generale Scl Cgil di Palermo, Rosario Faraone: «L'intesa può essere considerata un primo passo in un settore e rispetto a un'azienda, la Cos, dove tutto viene deciso unilateralmente dai manager - ci spiega - E' vero che non siamo riusciti a ottenere un fisso mensile, ma ci sono tanti altri punti importanti. C'è quello che definiamo "incontro preventivo": all'avvio di ogni commessa, valuteremo insieme alla Cosmed la liceità o meno dell'applicazione dei contratti a progetto. Per la prima volta, poi, viene indicata la necessità di una giusta causa per la rescissione anticipata di un contratto. E i lavoratori a progetto diventano bacino privilegiato in caso di assunzioni con contratti subordinati o per nuove collaborazioni. C'è una proroga in caso di infortunio o malattia, e un fondo sanitario e previdenziale del 5% a carico dell'azienda. Infine, abbiamo ottenuto la possibilità di delega al sindacato, l'assemblea nei posti di lavoro e la bacheca: in questo modo ci struttureremo meglio dentro il gruppo Cos, per ottenere migliori risultati in futuro». «Una scelta di strategia», conclude il sindacalista congedandoci. Non la vedono così nella stessa Slc palermitana: il coordinatore regionale dell'area Lavoro e Società, Angelo Candiloro, contesta il merito e il metodo dell'intesa. «Non assicurare alcun fisso mensile ai lavoratori va contro gli stessi principi della Cgil, e inoltre si ratifica la piena legittimazione politica dei contratti a progetto, mentre il nostro sindacato, a livello nazionale, chiede da tempo l'abrogazione della legge 30. E' anche in contraddizione rispetto alla piattaforma delle telecomunicazioni, che punta a evitare la corsa al ribasso dei diritti attraverso contratti precari quali quelli a progetto: nell'accordo non c'è traccia di una futura stabilizzazione. In più - conclude - non sono stati coinvolti i lavoratori, né la nostra segreteria: si è fatta solo un'assemblea ad intesa già firmata, dove i partecipanti sono stati male informati e non hanno avuto la possibilità di votare». L'accordo non piace neppure a Catania, dove i sindacati sono impegnati da tempo su una piattaforma territoriale per i call center: anche in questo caso, al centro c'è il gruppo Cos, che nella provincia dà lavoro a ottocento persone. «Tra i punti qualificanti della nostra piattaforma c'è proprio l'ottenimento di un fisso mensile, dunque secondo noi a Palermo si è andati indietro», spiega il coordinatore provinciale del Nidil Massimo Malerba. «A Catania non è proponibile - conferma Pippo Di Natale, segretario provinciale Cgil - Noi chiediamo un fisso mensile, oltre ai diritti sindacali e a una graduale stabilizzazione». «La battaglia dei lavoratori catanesi dei call center non può essere sacrificata sull'altare di un accordo sicuramente sbagliato sia nel merito che nel metodo», aggiunge Angelo Lagona, segretario generale Slc Catania. Sonora bocciatura anche dal segretario regionale Nidil, Daniele David: «E' un'intesa sbagliata, andrebbe rinegoziata - dice - Di fatto legittima il lavoro gratuito, non riconoscendo il tempo lavorato senza che siano realizzate chiamate utili. E poi non è stato consultato il Nidil, che si occupa dei precari, nonostante siano coinvolti oltre 1500 collaboratori a progetto». Sembra però che alle aziende l'accordo di Palermo piaccia, tanto che viene riproposto ai sindacati in vari territori, tra cui Torino. Ma lo stop nazionale arriva da Emilio Miceli, segretario generale Slc Cgil: «Non si riconosce un fisso mensile, quell'intesa non è proponibile altrove».
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