la supvema misevia di Bevtinotti



Da: "Marco"
Data: Tue, 22 Feb 2005 14:37:16 +0100
Oggetto: [antiamericanisti] viva il nuovo segvetavio


Ecco le dichiarazione del segretario del nuovo partito eurocomunista, e
anche cattocomunista nonché sio(comu)nista.



Bertinotti: sì al guanto di velluto, ma stop alla guerra

«Non c’è pregiudizio e l’amministrazione Bush non è quella di prima. Sharon?
E’ bene incoraggiarlo»





dal Corriere - 22 febbraio 2005





ROMA - Onorevole Fausto Bertinotti, al suo partito - Rifondazione comunista
- piace il «benvenuto signor presidente» che Romano Prodi ha augurato a Bush
ospite in Europa? «Quel saluto rappresenta il guanto di velluto,
obbligatorio nelle relazioni diplomatiche. Poi bisogna vedere che mano c’è
sotto: non dico che sotto quel guanto c’è un pugno di ferro, però… Un conto
sono i rituali diplomatici, un conto i problemi reali: in questo caso la
linea di politica estera».

Che ora significa rapporto con gli Stati Uniti.

«E che deve basarsi sull’autonomia dell’Europa. Oggi l’Atlantico sta
all’Europa come il Tevere stava allo Stato italiano alla fine dell’800 e
parte del ’900: lo Stato italiano misurava la propria autonomia in laicità,
l’Europa deve farlo partendo dal principio che l’Oceano non è solo via di
comunicazione, ma anche distanza. La Ue non può segnare solo una sorta di
autonomia a sovranità limitata, cioè fintanto che è compatibile con il
primato Usa, ma deve portare avanti un proprio progetto del mondo.
L’Atlantico va considerato largo, altrimenti l’Europa non esiste, diventa
solo un’articolazione del potere imperiale».

Comunque Prodi sottolinea decisamente l’auspicio di un «nuovo, grande
accordo transatlantico».

«È vero. E se questo significa dire alt alla guerra, se significa che invece
di procedere verso un’ipotesi militare in Iran si torna indietro dall’Iraq,
allora va bene. Gli Stati Uniti devono disinnescare la guerra. Questo deve
essere il messaggio europeo. Non c’è pregiudizio verso gli Stati Uniti, però
bisogna seguire il senso dell’Europa che hanno Francia e Germania».

Che a Prodi piace. Dunque sotto il «guanto di velluto» lei vede il no al
rifinanziamento della missione votato dal centrosinistra in Parlamento? Un
no che da più parti si attribuisce a "Prodinotti"...

«Ma non esiste un Prodinotti... Abbiamo culture politiche distinte e devono
trovare una convergenza, questo sì. Però il Prodinotti è un’idea
incompatibile con la natura stessa di Prodi: una natura tosta, non bisogna
farsi ingannare dalla sua fisicità morbida...».

La cultura cattolica dell’ex presidente della Commissione europea si
concilia con la svolta non-violenta e vagamente "spirituale" che lei sta
imprimendo a Rifondazione?

«Lui viene da una cultura fortemente segnata dal dossettismo; in Italia i
cattolici democratici si sono sempre caratterizzati con il dialogo
interreligioso, il lavoro per un Mediterraneo di pace, il rapporto con i
Paesi arabi, l’idea di un mondo estraneo alla logica delle grandi potenze.
Ora si aggiunge l’influenza dei movimenti pacifisti. Ecco, Prodi esprime in
maniera contenuta tutto questo nuovo popolo... E io ero sicuro di quel no al
rifinanziamento».

E le novità mediorientali? Prodi apprezza i passi verso la pace; e il
direttore dell’ Unità < B> , Furio Colombo, dà un buon giudizio di Sharon,
uomo che la sinistra ha sempre demonizzato.

«Non c’è ragione per non apprezzare la decisione del governo israeliano di
ritirarsi da alcuni territori. Riconosco che in Sharon è avvenuto un
cambiamento: era l’uomo di Sabra e Chatila, ma oggi compie una scelta che lo
espone allo scontro con l’ala più integralista del suo Paese e con parte del
suo stesso partito. Se il suo passato da falco oggi lo mette in condizione
di muovere qualche passo in più, forse il passato può almeno avere un
risvolto diverso. È bene incoraggiare, certo senza però rinunciare a
mantenere un occhio critico».

Torniamo al rapporto Europa-Usa e a come va affrontata la questione
irachena.

«L’Ue deve sostenere l’intervento di un’Onu emancipata dall’unilateralismo
Usa. Deve associarsi agli altri Paesi che avevano contrastato l’intervento
militare in modo che il Consiglio di sicurezza possa programmare il ritiro
delle truppe».

Un programma a tappe esiste già nella risoluzione 1546 delle Nazioni Unite.

«Dobbiamo chiedere date precise. Oggi l’Amministrazione Bush non è quella di
prima, è attraversata da pulsioni diverse ed è incrinata quella sua sicumera
del veni, vidi, vici . Può essere che chieda realmente il concorso europeo e
la risposta non può essere lo scioglimento nella strategia americana che ha
portato alla guerra, ma si deve partire dall’affermazione "avevamo ragione
noi ad opporci"».

Pensa, come il presidente dei Comunisti italiani Armando Cossutta, che
un’Europa «autonoma» debba avere anche una propria forza militare?

«Non credo che ce ne sia bisogno, esistono già gli eserciti delle singole
nazioni. No, io penso a una forza di pace, di protezione civile. L’Europa
deve avere un ruolo e una logica diversi. Prendiamo ad esempio i messaggi di
pace: nessuno Stato è riuscito ad essere efficace tanto quanto il Papa, una
voce ultrasecolare. Ecco cosa intendo per costruire una potenza di pace, che
sottragga il mondo alla guerra».

Gianni Vattimo, sempre area Pdci, critica duramente Prodi per
l’atteggiamento con cui ha accolto Bush: «Terrificante, una turpitudine
suprema»...

«Io posso commentare parole e posizioni di Prodi, non i giudizi che altri ne
danno...».

Daria Gorodisky