USA = (NEO)NAZISMO



Title: USA = (NEO)NAZISMO
Da: "Nicola Sergio Serrao"
Data: Tue, 22 Feb 2005 00:35:44 +0100
Oggetto: la realtà è peggiore di quanto forse potreste avere immaginato.  Fallujah: la verità, finalmente

USA = NAZISMO

Fallujah: la verità, finalmente
Salam Ismael

Socialistworker, 19 febbraio 2005

(versione italiana a cura di http://freebooter.da.ru/)

Il Dott. Salam Ismael lo scorso mese ha portato aiuti a Fallujah. Questa è
la storia di come gli Stati Uniti hanno assassinato una città

All'inizio fu l'odore che mi colpì, un odore difficile da descrivere e che
non dimenticherò mai. Era l'odore della morte. Centinaia di cadaveri che si
stavano decomponendo nelle case, nei giardini e nelle strade di Fallujah. I
corpi marcivano dove erano caduti, corpi di uomini, donne e bambini, molti
per metà mangiati dai cani randagi.

Una ondata di odio aveva spazzato via due terzi della città, distruggendo
case e moschee, scuole ed ospedali. Era la tremenda e spaventosa potenza
dell'assalto militare degli USA.

I racconti che sentii nei due giorni successivi vivranno in me per sempre.
Voi potete pensare di sapere ciò che è accaduto a Fallujah. Ma la realtà è
peggiore di quanto forse potreste avere immaginato.

A Saqlawiya, uno degli improvvisati campi profughi che circondano Fallujah,
abbiamo trovato una vecchia di 77 anni. "Sono Hudda Fawzi Salam Issawi del
distretto di Jolan a Fallujah", mi disse, "Cinque di noi, compreso un
vecchio vicino di 55 anni, quando è cominciato l'assedio sono rimasti
intrappolati insieme nella nostra casa a Fallujah.

"Il 9 novembre i marines americani sono arrivati alla nostra casa. Mio padre
ed il vicino andarono alla porta per incontrarli. Non eravamo combattenti.
Pensavamo di non avere nulla da temere. Sono corsa in cucina per mettere il
velo, dal momento che dovevano entrare in casa degli uomini e sarebbe stato
inopportuno farmi vedere a testa scoperta.

"Questo mi ha salvato la vita. Appena mio padre ed il vicino si avvicinarono
alla porta gli americani aprirono il fuoco su di loro. Morirono all'istante.

"Io e mio fratello di 13 anni ci nascondemmo in cucina, dietro al
frigorifero. I soldati entrarono nella casa e presero mia sorella maggiore.
La picchiarono. E quindi le spararono. Ma non videro me. Appena se ne erano
andati, ma non prima di avere distrutto i nostri mobili ed avere rubato il
denaro dalla tasca di mio padre".

Hudda mi raccontò di come ha confortato la sorella morente leggendo versi
del Corano. Dopo quattro ore la sorella morì. Per tre giorni Hudda e suo
fratello sono rimasti con i loro partenti assassinati. Ma avevano sete e da
mangiare avevano soltanto pochi datteri. Temevano che i soldati sarebbero
ritornati e decisero di provare a scappare dalla città. Ma vennero
individuati da un cecchino USA.

Hudda venne colpita ad una gamba, suo fratello correva ma fu colpito alla
schiena e morì all'istante. "Mi preparai a morire", mi disse. "Ma fui
trovata da una soldatessa americana che mi portò all'ospedale". Alla fine si
ricongiunse ai membri sopravvissuti della sua famiglia.

Trovai anche altri sopravvissuti di un'altra famiglia del distretto di
Jolan. Mi dissero che alla fine della seconda settimana di assedio le truppe
USA percorsero Jolan. La Guardia Nazionale irachena utilizzava altoparlanti
per chiedere alla gente di uscire dalle case portando bandiere bianche,
portando con se tutti i loro effetti personali. Venne loro ordinato di
raccogliersi fuori vicino alla moschea di Jamah al-Furkan, nel centro della
città.

Il 12 novembre Eyad Naji Latif ed otto membri della sua famiglia, uno di
loro un bambino di sei mesi, raccolsero i loro effetti personali e
camminarono in una unica fila, secondo le istruzioni, verso la moschea.

Quando raggiunsero la strada principale all'esterno della moschea udirono un
grido, ma non riuscirono a capire cosa veniva gridato. Eyad mi ha detto che
poteva essere stato "ora" in inglese. Poi iniziarono gli spari.

I soldati USA apparvero dai tetti delle case circostanti ed aprirono il
fuoco. Il padre di Eyad venne colpito al cuore e sua madre al petto.

Morirono all'istante. Anche due dei fratelli di Eyad furono colpiti, uno al
petto ed uno al collo. Due delle donne vennero colpite, una ad una mano e
l'altra ad una gamba.

Quindi i cecchini uccisero la moglie di uno dei fratelli di Eyad. Quando
cadde, suo figlio di cinque anni corse da lei e rimase sopra il suo corpo.
Uccisero anche lui.

I sopravvissuti fecero ai soldati dei disperati appelli perché cessassero il
fuoco.

Ma Eyad mi disse che ogni volta che uno di loro tentava di alzare una
bandiera bianca veniva colpito. Dopo diverse ore provò di alzare il braccio
con la bandiera. Ma lo colpirono al braccio. Infine provò ad alzare la mano.
Così lo colpirono alla mano.

I cinque sopravvissuti, compreso il bambino di sei mesi, stettero distesi
sulla strada per sette ore. Poi quattro di loro strisciarono fino alla casa
più vicina per trovare riparo.

Il mattino successivo anche il fratello che era stato colpito al collo
riuscì a strisciare verso la salvezza. Rimasero tutti nella casa per otto
giorni, sopravvivendo di radici e di una tazza d'acqua che avevano
risparmiato per il bambino.

L'ottavo giorno furono scoperti da alcuni membri della Guardia Nazionale
irachena e portati in ospedale a Fallujah. Essi sentirono che gli americani
arrestavano tutti gli uomini giovani, così la famiglia fuggì dall'ospedale e
ottenne finalmente delle cure in una città vicina.

Essi non sanno in dettagli cosa accadde alle altre famiglie che erano andate
verso la moschea come ordinato. Ma mi dissero che la strada era bagnata di
sangue.

Ero arrivato a Fallujah in gennaio come parte di un convoglio di aiuti
umanitari finanziato da donazioni britanniche.

Il nostro piccolo convoglio di camion e pulmini portava 15 tonnellate di
farina, otto tonnellate di riso, medicinali e 900 capi di vestiario per gli
orfani. Sapevamo che migliaia di profughi erano accampati in condizioni
terribili in quattro campi alla periferia della città.

Lì sentimmo racconti di famiglie uccise nelle loro case, di feriti
trascinati in strada ed investiti con i carri armati, di un container con
dentro i corpi di 481 civili, di assassinio premeditato, saccheggio ed atti
di ferocia e crudeltà che superano ogni immaginazione.


In mezzo alle rovine

Per tale motivo decidemmo di entrare a Fallujah a investigare. Quando
entrammo in città quasi non riconoscevo il posto dove avevo lavorato come
medico nell'aprile del 2004, durante il primo assedio.

Trovammo persone che vagavano come fantasmi tra le rovine. Alcuni cercavano
i corpi dei parenti. Altri cercavano di recuperare dalle case distrutte
alcuni dei loro beni.

Qua e là, piccoli gruppi di persone facevano la coda per carburante o cibo.
In una coda alcuni sopravvissuti lottavano per una coperta.

Ricordo di essere stato avvicinato da un'anziana donna, i suoi occhi gonfi
di lacrime. Mi afferrò per il braccio e mi raccontò di come la sua casa era
stata colpita da una bomba USA durante un'incursione aerea. Il soffittò
crollo sul figlio di 19 anni, tagliandogli entrambe le gambe.

Non poté ottenere aiuto. Non poteva andare in strada perché gli americani
avevano postato cecchini sui tetti ed uccidevano chiunque si avventurasse
fuori, anche di notte.

Fece del suo meglio per fermare l'emorragia, ma fu inutile. Rimase con lui,
il suo unico figlio, finché questi morì. Ci vollero quattro ore perché
morisse.

Il principale ospedale di Fallujah fu preso dalle truppe USA nei primi
giorni dell'assedio. L'altra sola clinica, la Hey Nazzal, venne colpita due
volte dai missili USA. I suoi medicinali e l'attrezzatura medica vennero
tutti distrutti.

Non c'erano ambulanze, le due ambulanze che venivano ad aiutare i feriti
furono colpite e distrutte dalle truppe USA.

Abbiamo visitato case del distretto di Jolan, un'area povera di lavoratori
nella parte nord occidentale della città che era stata il centro della
resistenza durante l'assedio di aprile.

Sembrava che questo quartiere fosse stato scelto per la punizione durante il
secondo assedio. Ci spostavamo di casa in casa, scoprendo famiglie morte nei
loro letti, o abbattute in soggiorno o in cucina. Tutte le case avevano i
mobili fracassati ed i beni sparpagliati.

In alcuni posti trovammo corpi di combattenti, vestiti in nero e con le
cartucciere.

Ma, nella maggior parte delle case, i corpi erano di civili. Molti erano in
vestaglia, molte delle donne non avevano il velo, il che significa che nella
casa non vi erano altri uomini che quelli della famiglia. Non vi era nessuna
arma, nessun bossolo.

Ci divenne chiaro che eravamo testimoni delle conseguenze di un massacro, il
macello a sangue freddo di civili inermi ed indifesi.

Nessuno sa quanti sono morti. Ora le forze d'occupazione spianano i
quartieri con i bulldozer per coprire il loro crimine. Ciò che è accaduto a
Fallujah è stato un atto di barbarie. La verità deve essere raccontata al
mondo intero.

articolo originale
http://www.socialistworker.co.uk/article.php4?article_id=5891



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Iraq: evacauati i giornalisti italiani, assedio a Ramadi


    I servizi d'intelligence hanno invitato i giornalisti italiani a
lasciare l'Iraq per motivi di sicurezza. Gli inviati delle principali
testate, messi in allarme, sono già partiti o stanno lasciando Baghdad in
queste ore. Si pone ora un serio problema per l'informazione, perchè nessuno
è più in grado di seguire gli avvenimenti sul posto, neppure i cosiddetti
giornalisti "embedded", coloro che lavorano al seguito degli eserciti.
Questa decisione, motivata dal fatto che “le scorte armate che proteggono i
giornalisti avrebbero dei rischi troppo alti”, porterebbe alla cancellazione
di tutta l’informazione dallo scenario di tensione e guerra che c’è ancora
in Iraq.

    Secondo un membro locale del Comitato degli Ulema, la principale
organizzazione religiosa sunnita i due giornalisti indonesiani sequestrati
in Iraq sono stati rilasciati a Ramadi (a ovest di Baghdad). Secondo al
Arabiya, la giornalista Meutya Hafid e l'operatore Budiyanto, entrambi della
rete privata metro Tv, sono stati rilasciati dall'Esercito islamico in Iraq,
gruppo armato che ha in passato rivendicato numerosi sequestri. Il rapimento
dei due giornalisti, però, era stato rivendicato da un altro gruppo,
l'Esercito dei combattenti, sconosciuto finora, che aveva chiesto al governo
di Giakarta di "precisare la natura della missione per la quale i due
giornalisti si trovavano in Iraq", secondo quanto aveva indicato la tv del
Qatar al Jazira.

    E intanto la situazione a Ramadi è di nuovo infuocata. Le Forze
Multinazionali di occupazione dopo aver circondato la città hanno chiuso l’
entrata orientale e hanno fatto il loro ingresso in vari quartieri. Secondo
gli operatori di Ics sembra essere iniziato un vero e proprio assedio nel
distretto di Sufiya. Lavorando nei villaggi nell'immediata periferia di
Ramadi gli operatori hanno potuto constatare che sono state uccise 7 persone
e 4 auto sono state completamente bruciate in seguito al tentativo di
entrare in città. Circa 150 famiglie hanno raccolto le proprie cose e hanno
iniziato l'evacuazione verso Aana e Heet.

    Questi racconti rimandano a quelli che a distanza di quattro mesi
stanno uscendo sull’assedio delle truppe americane alla città di Falluja. Il
Dott. Salam Ismael lo scorso mese ha portato aiuti a Fallujah. Tornato in
Inghilterra ha raccontato cosa ha visto: “All'inizio fu l'odore che mi
colpì, un odore difficile da descrivere e che non dimenticherò mai. Era
l'odore della morte. Centinaia di cadaveri che si stavano decomponendo nelle
case, nei giardini e nelle strade di Fallujah. I corpi marcivano dove erano
caduti, corpi di uomini, donne e bambini, molti per metà mangiati dai cani
randagi. Una ondata di odio aveva spazzato via due terzi della città,
distruggendo case e moschee, scuole ed ospedali. Era la tremenda e
spaventosa potenza dell'assalto militare degli USA”. [AT]

http://unimondo.oneworld.net/article/view/103597/1/