La questione e' complessa. Aprire i negoziati senza
segnali concreti da parte della Turchia e' l'ammissine che con una buona
diplomazia come quella turca (erede della grande tradizione ottomana) si puo'
ottenere tutto, appunto mettendo il prosciutto sugli occhi al resto del
mondo.
Comunque la nostra rimane una posizione e
l'importante in questo caso e' continuare a discuterne.
Saluti e grazie per le sempre gradite e puntuali
precisazioni.
Mauro
----- Original Message -----
Sent: Wednesday, December 15, 2004 4:11
PM
Subject: Re: Turchia: cinque buoni motivi
contro l'ingresso nell'Unione Europea
A me sembrano 5 buoni motivi per aprirli i
negoziati. Infatti questi ultimi si devono concludere con la risoluzione dei
problemi ke sollevate. Ritardare o addirittura bloccare l'apertura dei
negoziati significa mettersi il prosciutto davanti agli okki e fregarsene dei
progressi compiuti finora.. progressi ke possono andare avanti solo in
virtu' dell'apertura dei negoziati e con la prospettiva dell'adesione. Porsi
con questo atteggiamento intransigente e, direi, antagonista ad
oltranza non porta a nulla se non alla perpetuazione dello status quo..
ma qua e' evidente ke ci divide l'approccio politico...
Ovvio ke quelle questioni (o gran parte di
esse) andranno risolte nell'arco di questi 10-15 anni di negoziati (e non sono
le uniche oltretutto).. se cosi' nn sara' la Turkia, come qualsiasi altro
stato ke compie quelle violazioni, non dovra' entrare... e' quello ke dice il
rapporto stesso della comm. europea d'altronde. Aprire i negoziati nn
significa infatti ke l'adesione e' automatica.
----- Original Message -----
From: "Associazione per i popoli minacciati / Gesellschaft
fuer bedrohte Voelker" <info at gfbv.it>
Sent: Wednesday, December 15, 2004 3:50 PM
Subject: Turchia: cinque buoni motivi contro l'ingresso
nell'Unione Europea
> www.gfbv.it/2c-stampa/04-1/041215it.html > > Turchia > Cinque buoni motivi contro l'ingresso
nell'Unione Europea > > Bolzano, Göttingen, 15 dicembre
2004 > > L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) lancia un
appello ai paesi > membri dell'UE affinché si aprano le consultazioni
per l'ingresso della > Turchia nell'UE siano solo quando la Turchia
garantirà il ritorno a casa > dei 2,4 milioni di profughi kurdi, la
ricostruzione dei 3400 villaggi > kurdi distrutti e l'amnistia per i
3.500 prigionieri politici kurdi. > Inoltre le minoranze cristiane in
Turchia dovranno essere riconosciute > come organizzazioni religiose
paritetiche e dovrà essere permesso ai > 180.000 sfollati ciprioti,
cacciati dalla parte nord dell'isola di Cipro > di tornare a casa.
L'APM infine chiede che la Turchia ponga fine alla > minaccia militare
contro la vicina regione autonoma kurda nel nord > dell'Iraq. >
> * 1. 2,4 milioni di profughi kurdi, 3.400
villaggi distrutti > Tra il 1980 e
il 1999 l'esercito turco ha cacciato 2,4 milioni di > Kurdi da oltre
3.400 villaggi poi distrutti. Tuttora si continua a > impedire alla
maggioranza di queste persone di tornare nei propri > villaggi. Secondo
i dati forniti dall'ONU si tratta del numero più alto > di profughi
interni sul territorio di un paese membro del Consiglio > europeo.
L'80% dei profughi è disoccupato, il 50% vive ancora in alloggi > di
fortuna, l'82% soffre di disturbi di salute, il 78% è malnutrito e >
solo il 5% gode di una copertura sanitaria. Il 40% non ha accesso ad >
acqua potabile, il 42% dei profughi è analfabeta e un quarto dei bambini
> non va a scuola. > * 2. 3.500
prigionieri politici > Dai tempi
della guerra civile turco-kurda 3.500 prigionieri > politici kurdi sono
ancora reclusi in carceri turche. Mentre i generali > turchi,
responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, continuano a >
restare impuniti, i Tribunali per la sicurezza nazionale hanno >
condannato centinaia di Kurdi per "separatismo" o presunto terrorismo.
> In Turchia 15 milioni di Kurdi aspettano finora invano un'amnistia
per i > loro prigionieri politici. > *
3. Occupazione di Cipro > Fino ad
oggi la Turchia nega a 180.000 ciprioti greco-ortodossi > maroniti e
armeni il ritorno nella parte nord dell'isola di Cipro, > occupata da
30.000 soldati e da 300 carri armati turchi. Nel 1974 > l'esercito
turco ha occupato il 36% dell'isola e cacciato l'80% della >
popolazione del territorio occupato. Nel frattempo ha lasciato l'isola
> anche metà della popolazione turco-cipriota che è stata rimpiazzata
da > 100.000 Turchi dell'Anatolia. Le richieste per un ritorno dei
profughi, > la restituzione delle proprietà e il ritiro delle truppe
sono state > finora ignorate. > * 4.
Discriminazione della minoranza cristiana >
In Turchia le comunità cristiane e di
altre religioni ancora non > godono di pari diritti. Alle chiese
cristiane si continua a negare lo > stato giuridico di diritto pubblico
e le proprietà ecclesiastiche > confiscate sono state restituite solo
in casi eccezionali. > * 5. Minaccia permanente
della regiona autonoma del Kurdistan iracheno >
Governo, opposizione ed esercito turco
continuano a minacciare > l'invasione della vicina regione autonoma
kurda in Iraq. In questo modo > la Turchia contribuisce alla
destabilizzazione del paese vicino e quindi > dell'intera area
mediorientale.
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