risposta Min. Prestigiacomo a On. Bianchi



CAMERA DEI DEPUTATI



Interpellanza e risposta del Ministro Prestigiacomo

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Seduta n. 419 del 5/2/2004 Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,07).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze
urgenti. (Iniziative normative per rendere più efficace e trasparente l'iter
per le adozioni internazionali - n. 2-01047)

DORINA BIANCHI. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituita
la commissione per le adozioni internazionali, alla quale fanno riferimento
gli enti autorizzati dislocati sul territorio nazionale. In Italia, ogni
anno, circa 9 mila famiglie concludono positivamente la pratica di
disponibilità all'adozione internazionale, chiamata «idoneità all'adozione
internazionale». Circa 2 mila bambini provenienti da paesi stranieri vengono
dichiarati annualmente adottabili, attraverso la mediazione obbligatoria con
gli enti autorizzati che gestiscono tutto il flusso di entrata dei bambini
in Italia. Quindi, circa 7 mila famiglie «idonee all'adozione
internazionale» restano insoddisfatte e sono costrette a riprovare l'anno
successivo.
Il risultato è che il numero delle famiglie che attendono un bambino da
adottare cresce ogni giorno, mentre il numero dei bambini disponibili resta
sempre lo stesso e, mancando la certezza di poter rientrare fra le 2 mila
famiglie prescelte annualmente, si accentuano le trafile burocratiche e
alcune volte anche economiche, quali: iscrizione a corsi regionali di
formazione, iscrizione ad ente autorizzato per l'adozione internazionale,
pagamento anticipato all'interlocutore estero autorizzato (senza, però,
garanzia di successo), costi per soggiorni all'estero, che spesso si
concludono con la constatazione che i bambini in oggetto non sono
adottabili.
Il sistema dell'iter per l'adozione internazionale inizia forse a presentare
segni di cedimento e diventa sempre più difficile capire, all'interno del
ventaglio delle associazioni autorizzate, quali siano effettivamente
affidabili e quali, invece, siano rivolte più che altro alla realizzazione
di lucro, non preoccupandosi, ad esempio, di rifiutare nuove iscrizioni di
coppie quando vi sono ancora da smaltire molte famiglie in lista di attesa.
Vorremmo sapere se il Governo, considerata la situazione, non ritenga che
questo problema rappresenti una priorità di alto contenuto morale e sociale
e come tale debba essere più attentamente seguita sia dal punto di vista
legislativo, sia dal punto di vista operativo. Vorremmo sapere, inoltre,
quali iniziative, anche normative, il Governo intenda adottare, affinché sia
introdotto un sistema atto a risolvere la situazione, che, garantendo i
tempi e l'esame delle istanze per l'adozione, rappresenti un iter chiaro,
affidabile, efficace, sicuro e soprattutto trasparente, in modo da
interrompere l'agonia delle famiglie interessate.


PRESIDENTE. Il ministro per le pari opportunità, onorevole Prestigiacomo, ha
facoltà di rispondere.


STEFANIA PRESTIGIACOMO, Ministro per le pari opportunità. Ringrazio la
collega, onorevole Dorina Bianchi, che con la sua interpellanza mi permette
di delineare un bilancio sui primi tre anni di operatività del nuovo sistema
delle adozioni internazionali che, com'è noto, è stato completamente
ridefinito dalla legge di ratifica della Convenzione de L'Aja.
La legge del 1998 ha segnato per l'Italia, in materia di adozioni, la fine
di un sistema improntato sulla iniziativa personale, comunemente definito
come il «fai da te». Al tempo, i coniugi che desideravano adottare un
bambino dovevano prendere personalmente i contatti nel paese straniero ed
erano esposti continuamente al rischio di cadere nella rete del traffico dei
minori.
Accadeva di tutto: che venissero indicati come abbandonati e adottabili
bambini lasciati negli istituti per estrema povertà dei genitori, che
venissero falsificati i documenti anagrafici e contraffatte le schede
sanitarie. Unico controllo sugli atti era quello della nostra rappresentanza
diplomatica all'estero. Soltanto successivamente, una volta che il bambino
era stato introdotto in Italia, il giudice minorile rilevava eventualmente
l'irregolarità della procedura e, spesso, si rendeva conto che, sotto il
profilo giuridico, lo stato di abbandono del bambino era dubbio.
Oggi, la situazione è ben diversa: la Convenzione de L'Aja, principale
accordo internazionale sulla tutela dei minori e sulla cooperazione in
materia di adozione internazionale, ha imposto agli Stati ratificanti, leggo
testualmente, «di prevedere misure atte a garantire che le adozioni
internazionali si facciano nell'interesse superiore del bambino e nel
rispetto dei suoi diritti fondamentali».
Per assolvere a questo impegno, il legislatore italiano ha delineato una
procedura di adozione sicuramente molto articolata, perché scandita in fasi
ben distinte e perché prevede l'interazione di più soggetti, altamente
specializzati, ma, al contempo, sicura, trasparente e lineare. Credo che,
per avere una chiara visione dell'intera procedura, sia necessario partire
dai dati statistici, ben diversi da quelli che l'interpellante pone a
fondamento dell'atto ispettivo.
Secondo le rilevazioni effettuate dalla commissione per le adozioni
internazionali, autorità centrale cui è attribuita dalla legge la delicata
funzione di controllo e garanzia del sistema, non risponde al vero che
novemila famiglie vengono dichiarate ogni anno idonee all'adozione. Infatti,
i decreti di idoneità emessi nel 2002 sono stati 5.711 e, nel 2003, 5.407.
Non è neanche vero che il numero dei bambini adottati è pari solo a duemila
l'anno. In base ad un trend di crescita continuo, si è registrato un
incremento costante: infatti, i bambini adottati nel 2002 sono stati ben
2.225 e, nel 2003, ben 2.759.
Da quanto affermato, emerge l'inattendibilità anche del terzo dato
denunciato dall'interpellante relativo a circa settemila famiglie
insoddisfatte, in quanto non sono riuscite a realizzare il loro desiderio di
avere un bambino.
Del resto, considero di notevole rilevanza un ulteriore fattore: per
verificare quante siano le coppie che realmente desiderano adottare un
bambino straniero non bisogna considerare il numero dei decreti di idoneità
emessi, bensì quello delle coppie che, dichiarate idonee all'adozione
internazionale dai tribunali per i minorenni, danno poi, concretamente,
incarico agli enti autorizzati di avviare la procedura di adozione. Accade,
spesso, infatti, che molte coppie, dopo aver ottenuto il decreto, ne fanno
scadere l'efficacia, lasciandone trascorrere invano l'intero anno di
validità, senza dare mandato all'ente.
Per evidenziare l'incidenza concreta di questo fattore ricorrerò ancora una
volta ai numeri.
Ho già detto che i decreti di idoneità emessi nel 2002 sono stati 5.711 e,
nel 2003, 5.407: a fronte di tali dati, è significativo notare che sia nel
2002 sia nel 2003 gli incarichi conferiti agli enti sono stati mediamente il
60 per cento del numero dei decreti di idoneità emessi. Quindi, poco più
della metà delle coppie che hanno avuto nell'anno il decreto di idoneità
proseguono il percorso di adozione e tale tendenza è stata confermata
nell'ultimo biennio.
I dati dimostrano, pertanto, che non è vero, come sostiene l'interpellante,
che il numero delle famiglie che attendono un bambino da adottare cresce
vertiginosamente. Dopo aver fornito questa descrizione analitica, mi preme,
ancora una volta, ricordare che il principio informatore della Convenzione
de L'Aja, recepito dal nostro legislatore, è quello dell'interesse superiore
del bambino ad avere una famiglia e non il contrario. Alla luce di questo
principio, deve essere fortemente ridimensionata la critica - peraltro
infondata - circa il gran numero di famiglie che rimangono insoddisfatte.
Ritengo comunque che, nonostante la legislazione italiana sulla materia sia
all'avanguardia e sia considerata un modello per molti paesi, la procedura
di adozione internazionale possa essere sensibilmente migliorata, sia con
provvedimenti di natura amministrativa sia con interventi a livello
normativo.
Il mio impegno è rivolto verso tale obiettivo e sta riguardando diversi
aspetti del sistema. Riconoscendola quale esigenza prioritaria, ho
affrontato il problema dei costi delle procedure. È stata infatti
predisposta, su mia iniziativa, la direttiva, adottata dal Presidente del
Consiglio dei ministri nel 2003, che sottolinea l'importanza di determinare,
attraverso l'elaborazione di apposite tabelle, i tetti di spesa dei servizi
resi nel corso delle procedure, sia in Italia sia all'estero, dagli enti
autorizzati. Dette tabelle, stabilite in collaborazione dalla commissione e
dagli enti autorizzati e già consultabili via Internet, sono sottoposte ad
una revisione periodica, anche allo scopo di consentire alla stessa
Commissione di verificarne la puntuale osservanza.
Questo nostro intervento permette alle coppie di conoscere preventivamente
l'impegno economico che dovranno affrontare scegliendo, anche sulla base di
tali dati, il paese da cui far provenire il bambino. Ricordo inoltre che la
legge garantisce la deducibilità per il 50 per cento delle spese sostenute
dai genitori adottivi, tra le quali sono riconducibili anche quelle - cui fa
riferimento l'interpellante - sostenute per il trasferimento e il soggiorno
nel paese straniero. Ad esempio, la legge sulle adozioni internazionali del
Brasile prevede che la coppia debba rimanere in tale paese per 40 giorni,
affinché vi sia il migliore incontro con il bambino. Dunque, ciò prescinde
dalla nostra volontà, trattandosi di regole alle quali dobbiamo attenerci
nel momento in cui ci rivolgiamo al Brasile per intraprendere con lo stesso
una collaborazione.
Al fine di rispondere ad un altro rilievo evidenziato dalla collega
interpellante, in merito ai viaggi che, in alcuni casi, le coppie hanno
compiuto all'estero per constatare poi che i bambini indicati dagli enti non
sono adottabili o neanche esistono, ritengo opportuno far presente in primo
luogo che episodi di questo genere accadevano nella vigenza del vecchio
sistema, privo di regole e di controlli.
Diventata operativa la nuova procedura, solo in Ucraina abbiamo riscontrato
che le prassi in vigore non apparivano chiare e lineari. Dunque, nel 2002,
abbiamo adottato la drastica decisione di sospendere le adozioni con questo
paese. Ora i rapporti sono stati ripresi, in quanto l'Ucraina sta compiendo
gli adempimenti necessari per la ratifica della Convenzione de l'Aja. Questo
passo rappresenta per noi una garanzia che le procedure, in futuro, potranno
essere compiute nella legalità, nella trasparenza e nell'interesse del
minore.
Con riferimento ad un'altra osservazione dell'interpellante, si fa presente
che tra le spese che la coppia sostiene all'inizio della procedura non è
assolutamente previsto il pagamento anticipato all'interlocutore all'estero
autorizzato, ma solo le spese per le traduzioni dei documenti, le loro
legalizzazioni ed eventuali tasse e bolli.
In merito ai corsi di formazione segnalati dall'interpellante, si sottolinea
che gli enti autorizzati hanno il compito, per legge, di informare e
accompagnare la coppia nel percorso intrapreso.
Pur condividendo l'intento del legislatore di favorire il migliore incontro
fra gli aspiranti all'adozione e il bambino da adottare attraverso
un'adeguata preparazione, ritengo che il momento della formazione debba
essere garantito nei suoi elementi essenziali, senza per questo costituire
un inutile appesantimento della procedura in termini sia di costi sia di
tempi.
Mi preme sottolineare che la commissione per le adozioni internazionali ha
emanato nel 2003 e aggiornato nel 2004 le linee guida indirizzate agli enti
autorizzati, con la finalità di assicurare, sul territorio nazionale e
all'estero, una uniformità dei loro comportamenti e la omogeneità dei
servizi da loro resi.
Del resto, ai fini dello svolgimento della attività di vigilanza che
l'autorità centrale deve compiere, per legge, sia in Italia sia all'estero,
è necessario che gli enti conoscano gli standard cui devono attenersi per
un'organizzazione e una gestione corretta e trasparente delle attività che
sono chiamate a svolgere. La legge prevede che la commissione disponga
verifiche, anche all'estero, sull'attività degli enti almeno ogni tre anni.
È stato garantito, pertanto, un periodo di sperimentazione del nuovo sistema
al fine di consentire agli enti, soprattutto a quelli di nuova formazione,
di adeguarsi agli standard richiesti dalla legge e dalla Convenzione de
L'Aja. Ormai i tempi sono maturi. La commissione in questi primi tre anni di
attività ha operato in modo da precostituire le condizioni e gli strumenti
per l'attuazione di un'attività di verifica omogenea e soprattutto fondata
su parametri obiettivi di riferimento.
L'anno 2004 vedrà svolgersi in maniera sistematica e pianificata l'attività
di vigilanza, svoltasi finora sulla base solo di segnalazioni puntuali. Il
programma prevede il compimento del controllo ispettivo entro il 31 dicembre
2004. L'attività di verifica sarà diretta ad accertare la permanenza
nell'ente dei requisiti valutati al momento del rilascio dell'autorizzazione
e a verificare che l'attività sia conforme alla normativa di settore.
Nell'ambito delle modifiche normative, che intendo apportare al quadro
vigente, interverrò al fine di rendere più frequenti e sistematici gli
interventi ispettivi sull'attività degli enti. Credo che l'attività di
vigilanza rivesta una particolare importanza non solo per garantire, come
chiede l'interpellante, l'operatività di soggetti altamente affidabili in un
settore così delicato, ma anche per consentire di individuare eventuali
lacune o disfunzioni del sistema che rendono necessario un intervento.
Desidero rassicurare gli onorevoli colleghi sul mio impegno concreto per far
sì che la procedura sia realmente sicura, lineare, trasparente. Per questo
intendo avviare la promozione di una campagna che si chiamerà «Adozioni
pulite». Tale iniziativa si baserà, da un lato, sulla istituzione di una hot
line e di un numero verde, presso la Presidenza del Consiglio, al quale le
famiglie potranno rivolgersi per segnalare le eventuali disfunzioni del
sistema e, dall'altro, sul rafforzamento dell'attività di vigilanza della
commissione attraverso la costituzione di apposite unità ispettive.
Ritengo, inoltre, di dare grande rilievo all'attività di informazione e
sensibilizzazione. Essendo una convinta sostenitrice dei processi di
informatizzazione della pubblica amministrazione, penso che l'applicazione
delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione anche all'attività
della commissione rivolta al pubblico possa consentire di conferirle una
dimensione più informale e trasparente che servirà ad avvicinare di più il
pubblico alla materia delle adozioni. A tal fine, sto provvedendo a
sviluppare ulteriormente l'operatività del portale Internet della
commissione per istituire una sorta di sportello informatico per le
relazioni con il pubblico che garantisca una gestione del rapporto con
l'utenza improntata a criteri della tempestività, dell'efficacia e della
continuità.
Infine, mi è stato comunicato dal Ministero della giustizia che sta per
essere definitivamente approvato il regolamento che disciplina la
costituzione della banca dati di cui alla legge n. 149 del 2001, che
permetterà il monitoraggio di tutti i dati relativi ai minori dichiarati
adottabili ed ai coniugi aspiranti all'adozione nazionale e internazionale.
In conclusione, voglio ribadire che nella materia delle adozioni
internazionali esiste da parte del Governo la massima attenzione e
vigilanza. È necessario stabilire regole e introdurre meccanismi di
controllo che, senza alterare la semplicità e la spontaneità del gesto
dell'adozione, consentano di garantire trasparenza a questo nobile istituto.


PRESIDENTE. L'onorevole Dorina Bianchi ha facoltà di replicare.


DORINA BIANCHI. Signor Presidente, mi dispiace un po' che il ministro
Prestigiacomo abbia interpretato la nostra interpellanza come una critica
alla legge o come una critica a quello che oggi il Governo sta facendo. La
nostra interpellanza nasce soltanto dall'esigenza di fare chiarezza e di
seguire un problema delicato sul quale, come ha ben detto il ministro
Prestigiacomo, non c'è ad oggi un reale monitoraggio; sono, infatti,
numerose, anche su Internet, le lettere di genitori che incontrano
difficoltà in questa materia.



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Cav. Alessandro Maria Fucili

esperto di adozioni minori, affido, sociale

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