Sofri:legge "ad personam"?



  Sulla proposta di legge Boato per "liberare" il Presidente della
Repubblica da ogni "vincolo dal Governo e poter, per adesso, firmare la
grazia per Sofri e domani, quando presidenti saranno altri, poi si vedrà...
  Tutta la sinistra "ufficiale" quella partitica e giornalistica è
schierata senza esitazioni per questa legge "ad personam" ed è difficile un
dissenso sperando che venga considerato. Pare quasi che ci sia sempre stata
in Italia, ma ora più che mai, una élite salottiera e trasversale agli
schieramenti che talora si rende reciproci favori e spesso polemizza per il
gusto di farlo.
  E Berlusconi gongola.
  Questo articolo è stato scritto con la sensibilità tecnico-giuridica del
magistrato (presidente emerito di Cassazione) Michele di Schiena (Brindisi)
che commenta la legge Boato ma anche le ragioni per cui dovrebbe essere
concessa la grazia a Sofri alla luce dell'attuale normativa.
  Un articolo in netta controtendenza rispetto alle opinioni dei vertici
della sinistra "ufficiale" ma forse più vicina del previsto agli umori
della sinistra di Base (basta leggere una lettera al "Manifesto" del
9/01/04 dopo l'incredibile editoriale della Rossanda). Abbiamo mandato
l'articolo a "Liberazione", che altre volte ha pubblicato gli articoli di
Di Schiena, vedremo stavolta.
  Sarebbe importante registrare gli umori di chi riceve questa e.mail, che
siete liberi di utilizzare come volete diffondendola o cestinandola,
rispondendo con le opinioni vostre.
Giancarlo CANUTO - A SINISTRA - Brindisi

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IL CASO SOFRI

   C'è un termine che per il suo significato letterale non dovrebbe
indicare orientamenti o decisioni pasticciate e negative ma che, per le
esperienze già fatte e per quelle che di tanto in tanto si profilano nella
vicenda politica del nostro Paese, si appalesa foriero di "inciuci", induce
al sospetto ed annuncia talvolta operazioni di dubbia legalità
costituzionale. Si tratta della parola inglese "bipartisan" che quando
torna in auge c'è sempre aria di ambigue tesi che cercano di accreditarsi
come verità assolute, di unanimismi che demonizzano il dissenso, di
mistificazioni intese a far passare decisioni impopolari. Ed oggi un
orientamento bipartisan sta prendendo corpo in favore della legge Boato che
dovrebbe consentire la concessione da parte del Presidente della Repubblica
della "grazia" ad Adriano Sofri, condannato con sentenza passata in cosa
giudicata per l'omicidio del commissario Calabresi. E sì, perché in favore
del citato disegno di legge si sta manifestando, col sostegno di autorevoli
opinionisti, un orientamento positivo dell'intera sinistra, di larga parte
della Casa delle libertà e di alcuni vertici istituzionali particolarmente
attivi nel lavoro rivolto a favorire il varo del provvedimento. C'è, è
vero, il contrasto del ministro Castelli e della Lega come ci sono alcune
ambigue riserve di AN e qualche perplessità nella Margherita. Ma il dato
prevalente sembra essere quello di una convergenza di opinioni in favore
dell'atto di clemenza.
   Da parte dei patrocinatori della "grazia" si sostiene che tale
provvedimento è una prerogativa esclusivamente propria del Presidente della
Repubblica come lo era del monarca nello Statuto albertino. Si finge però
di ignorare il diverso avviso di una parte autorevole della dottrina che
considera la concessione del beneficio in questione un atto formalmente
presidenziale ma sostanzialmente governativo come i decreti legge, i
decreti legislativi, la nomina dei ministri e degli alti funzionari. La
"grazia" sarebbe quindi esclusa dagli atti non solo formalmente ma anche
sostanzialmente presidenziali come il possibile rinvio della legge alle
Camere prima della sua promulgazione, i messaggi al Parlamento, la nomina
dei senatori a vita e dei cinque giudici costituzionali. A margine delle
questioni interpretative, non si comprende poi il motivo per il quale
personalità politiche che si riconoscono pienamente nella Costituzione
repubblicana si affannano ad identificare l'attuale istituto della "grazia"
con l'analoga prerogativa regia ed a patrocinare l'attribuzione del potere
di concedere l'atto di clemenza alla competenza esclusiva del Capo dello
Stato il quale, nella ipotesi di un uso palesemente arbitrario di siffatto
potere, non potrebbe, a differenza del governo, essere chiamato a
risponderne politicamente dinanzi al Parlamento ed al corpo elettorale.
   Quanto al merito, c'è da rilevare che tra le tante cose che si dicono e
si scrivono sulla concessione della "grazia" a Sofri brilla per la sua
assenza l'indicazione di accettabili ragioni che dovrebbero giustificare
l'adozione del provvedimento. Come si è detto, Sofri, dopo tutte le fasi e
tutti i gradi del processo, è stato dichiarato responsabile (come mandante)
di omicidio con sentenza passata in giudicato. Si possono avere, è vero,
riserve e dissensi su tutte le pronunce giudiziarie anche di ultima istanza
ma si tratterà sempre di opinioni private giacché per l'ordinamento e per
le istituzioni chi è stato definitivamente condannato va considerato a
tutti gli effetti colpevole e siffatto giudizio non può essere modificato
se non nei casi eccezionali tassativamente previsti dalla legge e
attribuiti sempre alla competenza degli organi giudiziari. Ne discende che
la concessione della "grazia" non può essere motivata con argomenti che
implichino la revisione o la riconsiderazione degli esiti processuali: se
ciò avvenisse non si tratterebbe più di "grazia", la quale presuppone la
colpevolezza anche quando non è richiesta dall'interessato, ma di
"giustizia", una "supergiustizia" ingiusta ed abnorme perché in contrasto
con i principi generali e le norme specifiche in materia del nostro
ordinamento. Ma c'è di più e cioè che la "grazia", pur essendo un atto
"libero" di clemenza, non può essere mai concepita come un atto arbitrario,
un atto cioè svincolato dal dovere di coerenza con i principi fondamentali
della Carta costituzionale e segnatamente col principio di uguaglianza
proclamato dall'art. 3 dello Statuto.
   Se così stanno le cose, coloro che caldeggiano la "grazia" per Sofri
dovrebbero fornire qualche convincente argomento sulle ragioni che, a loro
avviso, giustificano l'invocato provvedimento. Per chiudere una stagione di
lotte violente? Ma vi sarebbero altri aspiranti alla "grazia" e quella
stagione non sembra purtroppo veramente conclusa. Le doti intellettuali e
le relazioni sociali del condannato? Sarebbe gravemente ingiusto e
discriminante nei confronti dei tanti detenuti che non scrivono sui grandi
giornali e non hanno santi in paradiso. La pena scontata avrebbe esaurito
la sua funzione rieducativa? Va bene, ma un simile criterio dovrebbe poi
essere applicato ai tanti casi analoghi che non fanno notizia e dei quali
nessuno si occupa. La scarcerazione anticipata di Sofri si giustificherebbe
con servizi di eccezionale utilità (in ipotesi scientifici) che egli da
libero potrebbe rendere alla comunità nazionale o con serie ragioni di
salute ovvero con gravi e pressanti motivi familiari? Non sembra ricorrano
tali condizioni. Ed allora.?
   "Amicus Plato sed magis amica veritas": mi è amica la sinistra ma mi è
ancora più amica la verità o, meglio e più prudentemente, quella che a me
sembra essere tale. Il dissenso di chi scrive è diverso da quello di alcuni
esponenti della destra che appare strumentale e destinato con ogni
probabilità a rientrare o a restare simbolico in ossequio ai voleri del
"grande timoniere" della Casa delle libertà, sicuramente interessato a far
passare una legge "ad personam" voluta dalla sinistra ed a togliere così
credibilità e forza alle accuse che da quell'area gli vengono mosse per i
tanti provvedimenti adottati dal suo governo a vantaggio proprio e di
discutibili interessi. La condiscendenza della destra sul caso Sofri è una
polpetta avvelenata che la sinistra non dovrebbe avere la tentazione di
accettare.
   Brindisi, 8 gennaio 2004
Michele DI SCHIENA