[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
LAURA LANZILLO PRESENTA "IL RAZZISMO. IL RICONOSCIMENTO NEGATO" DI RENATE SIEBERT
- Subject: LAURA LANZILLO PRESENTA "IL RAZZISMO. IL RICONOSCIMENTO NEGATO" DI RENATE SIEBERT
- From: "Daniele Barbieri" <barbieri at migranews.net>
- Date: Thu, 30 Oct 2003 12:12:23 +0100
LAURA LANZILLO PRESENTA "IL RAZZISMO. IL RICONOSCIMENTO NEGATO" DI RENATE SIEBERT [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 ottobre] "Il negro non esiste. Non piu' del bianco. (...) Perche' non cercare semplicemente di toccare l'Altro, di sentire l'Altro, di rivelare l'Altro?", cosi' Frantz Fanon rifletteva su quella che era stata in primo luogo la sua esperienza del processo di razzizzazione - vissuta sulla propria pelle, lui nero delle Antille francesi studente in Francia, esperienza che l'avrebbe poi portato a impegnarsi nelle file del Fronte di liberazione nazionale durante la guerra per l'indipendenza dell'Algeria - e poi la constatazione dell'esistenza di una costruzione epistemologica ben precisa, incistata nel cuore del pensiero teoretico e pratico dell'Occidente, la categoria del razzismo. Che cos'e' il razzismo? E chi e' l'altro? Sono questi gli interrogativi sui cui riflette il recente volume di Renate Siebert, Il razzismo. Il riconoscimento negato (Carocci, pp. 170, euro 15,50). Un volume snello, di agile lettura, che nasce da una pratica didattica e che puo' sicuramente servire come introduzione alla questione del razzismo, ma che assume anche un interesse e una luce particolare alla luce degli avvenimenti di queste ultime settimane. La "choccante" proposta di Fini di presentare un disegno di legge per modificare l'art. 48 della nostra Costituzione al fine di concedere il diritto di voto alle elezioni amministrative agli immigrati residenti regolarmente sul nostro territorio e in possesso di un reddito fisso e stabile. Le ridicole (e tragiche) controproposte degli scherani di Bossi, di cui non merita nemmeno fare cenno. La strage continua, senza fine, che si consuma al largo delle coste siciliane cosi' come sulle spiagge della Normandia, dimostrando paradossalmente, attraverso l'evidenza di corpi senza vita, l'unita' dell'Unione europea almeno sull'incapacita' politica di affrontare quella che e' la realta' piu' evidente della globalizzazione: il movimento di individui oltre la logica dei confini statuali, provocato senza dubbio da condizioni oggettive di natura economica o demografica, ma che si palesa anche come richiesta di riconoscimento di una liberta' propria della persona, l'essere mobile, non confinato. Le risposte che a questo quotidiano orrore - di cui tutti siamo chiamati ad assumerci la responsabilita' che vengono fornite in termini o di velleitario umanitarismo misericordioso (quale quello espresso dal presidente della camera in visita "commossa" ai morti di Lampedusa o dal ministro Giovanardi a TeleLombardia) o di sgomento impotente, come quello che ha portato Giorgio Bocca sulle pagine di "Repubblica" a definire i drammi dell'immigrazione di massa "una calamita' naturale", una "piaga biblica". Politiche dell'immigrazione incentrate solo sulle parole d'ordine della sicurezza, dell'integrazione e dell'incatenamento delle persone migranti solo alla loro condizione di salariati? Umanitarismo commosso, calamita' naturale, piaga biblica? Solo questo sappiamo rispondere? Il libro di Siebert ci invita a compiere un altro percorso, un percorso che l'autrice nomina come unlearning, disimparare. "Come suggeriscono i cultural studies e i postcolonial studies, occorre scoprire le radici dei sistemi della conoscenza 'moderna' nelle pratiche coloniali, cominciando con un processo per disimparare attraverso il quale possiamo mettere in crisi le verita' ricevute". Se, come sostiene l'autrice, una societa' razzista e' un inferno per i migranti, lo e' ugualmente anche per noi che la abitiamo. E riconoscere cio' e' il primo passo che dobbiamo fare in questo percorso ("viaggio", lo definisce Siebert) per comprendere che il razzismo non e' solo una passione di un uomo che ha paura, come scriveva Sartre nel 1944, ma anche un universo cognitivo, che impregna noi come le categorie portanti del pensiero occidentale che si e' rappresentato come bianco, cioe' neutro, pretendendo percio' di essere universale. Un viaggio che si propone di sovvertire questo universo cognitivo e le pratiche di convivenza che da questo derivano e che ogni giorno attuiamo. A partire dall'affermazione che le razze non esistono, mentre esistono e agiscono processi di razzizzazione, Siebert compie il proprio viaggio - con un approccio che si nutre degli apporti della teoria sociale critica come dei piu' recenti studi antropologici, etnografici e dei postcolonial studies, ma anche della teoria politica e di quella giuridica - attraverso sei brevi e intensi capitoli, dedicati alla questione dell'Alterita' (che da sempre inquieta la nostra filosofia), alla costruzione sociale dell'Altro, ai razzismi (da quello "biologico" a quello "culturale" o "differenzialista"), all'ideologia razzista (che innerva storicamente il colonialismo europeo, l'imperialismo e il nazionalsocialismo, quanto oggi anche alcuni dei discorsi sulla modernita' postcoloniale), all'antisemitismo, alla prospettiva del multiculturalismo (specchio attraverso cui si riflettono le contraddizioni insite nelle teorie della cittadinanza e dei diritti universali). Il lavoro che Siebert fa, e richiede al proprio lettore, e' quello di non sfuggire all'evidenza che la societa' che abitiamo si e' fondata anche su processi di razzizzazione, di costruzione dell'altro come pericoloso, nemico, estraneo, da negare o assimilare in nome di pretese inferiorita' o differenze, al fine di garantire la sicurezza della nostra identita'; non sfuggire alla violenza che tali processi hanno innescato e alla visione del marchio umiliante che milioni di corpi hanno subito in nome di cio'. E' un invito alla memoria, a non dimenticare in nome dell'"io non c'ero", "io non sono cosi'", perche' anche la storia del razzismo e' la nostra storia, una storia di dolore, morti e lutti, che deve essere elaborata, e dunque attraversata, da noi, figlie e figli di quella storia. "Vivere e/o fare esperienza della propria vita non sempre e non necessariamente coincidono": riprendendo alcune suggestioni che provengono dalla dialettica hegeliana del riconoscimento, Siebert svela come al fondo del razzismo stia il rifiuto del riconoscimento dell'altro che ci si pone davanti. La dialettica del riconoscimento, invece, impegna in prima persona noi stessi, in quanto impone di entrare in un movimento conflittuale nei confronti sia di noi stessi sia dell'altro, movimento che si da' sul terreno dell'esperienza materiale, del nostro fare. Riconoscere l'altro, vale a dire "toccare l'Altro", entrare in relazione con lui e non semplicemente osservarlo come sotto la lente di un vetrino da microscopio, impone al tempo stesso un uscire da se', un mobilitarsi (una pratica concreta), e un processo di apprendimento, un'autocoscienza di tale pratica, una comprensione cognitiva. Se il viaggio di Siebert, contaminazione di unlearning e mobilitazione reale, giunge a riconoscere "che il razzismo rappresenta un elemento strutturante in cio' che Wallerstein analizza come 'economia-mondo capitalistica'", mette in luce i coni d'ombra della modernita' razionalistica, la contraddizione "tra democrazia e solidarieta', da una parte, e violenza e potere coloniale, dall'altra", considera questa presa di coscienza come tappa intermedia verso quella che, riprendendo un'espressione di Dipesh Chakrabarty, e' indicata come "provincializzazione dell'Europa": decostruzione dell'eurocentrismo e dell'universalismo che a esso inerisce per "restituire il carattere di soggetto a chi ne era stato privato sotto dominio coloniale". Il lavoro di Renate Siebert, in definitiva, ci fa riflettere non solo sulla storia del farsi del nostro io, cosi' come l'ha rappresentato la modernita', ma anche sulle turbolenze, evidenze di sovversione di quell'io che ci circondano e di cui per lo piu' si nega la presenza. E la turbolenza non investe solo quei confini, barriere, steccati che il nuovo ordine mondiale ha eretto a protezione della propria sicurezza, contro cui si infrangono quotidianamente donne e uomini in una guerra tanto sanguinosa e crudele quanto occultata e negata. Turbolenti diventano anche concetti quali etnia, identita', cultura o cittadinanza mobilitati al proprio interno da concrete esperienze soggettive che ne svelano il carattere intimamente escludente e contraddittorio. Turbolenza che rompe l'eurocentrismo universalista della modernita' e si muove verso un universalismo che sia davvero globale, che assuma cioe' dell'universalismo tutti gli antagonismi e le contraddizioni che ne hanno fatto la storia, rendendolo piu' complesso e ricco. E' una voce femminile che invece che l'umanitarismo pietoso o la risposta violenta di chiusura all'altro, ci ricorda che stare nel farsi del presente e agire politicamente impone anche la pratica della memoria, della narrazione, del parlare di diritti avendo presente i doveri che a essi ineriscono, dell'attraversare lutti e ferite per portare a visibilita' i corpi senza nasconderne l'irriducibile pluralita', costringendoli a verniciarsi di un colore bianco uniforme.#
- Prev by Date: ricevo e giro: Foglio del Gruppo Uomini di Pinerolo
- Next by Date: "Noi Siamo Chiesa" sul crocifisso nelle scuole
- Previous by thread: ricevo e giro: Foglio del Gruppo Uomini di Pinerolo
- Next by thread: "Noi Siamo Chiesa" sul crocifisso nelle scuole
- Indice: