Una bella strigliata al Berlusca



Editoriale pubblicato oggi sul Corriere della Sera

OLTRE IL LIMITE

di FRANCESCO MERLO

Troppe volte ci capita di pensare che Berlusconi faccia la satira di se
stesso e si autoriduca a macchietta. Almeno due volte la settimana infatti
si caricaturizza da solo con involontarie autodenigrazioni. Se continua
così, in mancanza di riforme, di grandi opere, di efficienti scuole di
Stato, di rilancio dell'economia, di sport e di talento, presto di lui
potrebbe restare, come materia di studio e di pietas , solo un modello di
autoannichilimento. Insomma sta accadendo quel che Montanelli aveva
preannunciato sul Corriere : Berlusconi si sta consumando e sbriciolando da
sé. Ecco perché, nel giorno in cui Berlusconi ha detto che i giudici sono
matti e ha aggiunto che Montanelli e Biagi sono stati sempre invidiosi di
lui, la cosa che più ci manca è la risposta di Montanelli. Ci manca la
sapienza di chi comprende che l'insulto insensato e l'ingiuria sguaiata
nascondono sempre debolezza, malessere, inadeguatezza, forse tragedia.
Nessuno di noi conosce Berlusconi come lo conosceva Montanelli. Solo lui
avrebbe capito, allarmato, da quale pozzo di disperazione affiori l'idea
infantile che un re invidi un valletto, un gigante un nano, che un
monumento della storia d'Italia, il quale aveva rifiutato anche il seggio
di senatore a vita, abbia desiderato, fosse pure una volta, di indossare i
tacchi e la pelata di un parvenu della politica.
E perché mai Enzo Biagi dovrebbe invidiare un improvvisatore del quale non
si possono invidiare né la cultura né l'intelligenza né l'eleganza ma solo
il danaro, problematicamente accumulato? Secondo noi, Montanelli oggi non
rimprovererebbe a Berlusconi neppure il cattivo gusto di avere insultato un
morto. Berlusconi infatti - ci perdonino tutti i suoi forsennati detrattori
che tanto gli somigliano - sicuramente non è una iena, ma un visionario, la
cui originaria naïveté e la cui proverbiale leggerezza stanno degradandosi
in grottesco, come il trucco sfatto sul viso di un clown. Dunque Berlusconi
attacca il morto perché lo vede vivo, lo teme vivo e, di nuovo, confonde la
libertà di giudizio con l'invidia.
Anche l'idea che i giudici siano matti, oltre che un'ossessione da
imputato, è un autogol da imputato. Il giudice matto non esiste, e la
convinzione che ci sia una tabe psichica che motivi i dottori in Legge
verso la magistratura non è buona neppure per la letteratura da
«scemeggiato» tv. Si conoscono infatti giudici corrotti, moralmente o
politicamente, giudici eroi, giudici per bene, giudici quaquaraquà, ma il
giudice pazzo è una categoria solo berlusconiana, come appunto l'invidia di
Biagi e Montanelli; è una categoria che rimanda ad altro, che significa
altro.
Significa che per Berlusconi il Diritto frequenta, o meglio - viste le
precisazioni del disperato portavoce Bonaiuti - costeggia la follia.
Una persona che informa la sua vita al rispetto del Diritto non è normale,
come pensa di essere Berlusconi, ma folle o quanto meno maniaco, come non
pensa di essere Berlusconi. La legge è fatta per essere amministrata da
dissennati e gli italiani che si fidano dei giudici pazzi sono poveri
idioti.
Come si vede, siamo oltre la satira più impietosa. Nessuna Sabina Guzzanti
sarebbe arrivata a tanto. C'è una tale assenza di misura da spingerci non
all'indignazione ma alla commiserazione, la stessa provata per Robert De
Niro che, pugile per forza, dopo l'incontro si finisce dissanguandosi nelle
toilettes.