Il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi lotta per la sua Italia



Ritratto

Il patriota prigioniero

Il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi lotta per la sua Italia

di Ulrich Ladurner (c) DIE ZEIT 10.07.2003 Nr.29
(traduzione dal tedesco di José F. Padova)



Quando la scorsa settimana Silvio Berlusconi propose pubblicamente
l'europarlamentare tedesco Martin Schulz per il ruolo di kapò in un film
sulle SS, un uomo comprese di primo acchito tutta la dimensione della
gaffe: il Presidente della Repubblica italiano, Carlo Azeglio Ciampi. Ciò
che Berlusconi, tanto avventatamente e malignamente, ha fatto oggetto di
barzelletta, Ciampi l'ha vissuto sulla propria pelle. Per lui le guerre sul
Continente non sono state dei serial televisivi. Violenza, terrore,
persecuzione - tutto questo per Ciampi era autentico.
Per questo egli è il vero opposto di Berlusconi - e poiché ogni legge
necessita della sua firma, egli è al tempo stesso l'unico che potrebbe
frenare lo zar dei media bramoso di potere. Beninteso: potrebbe. Che egli
non lo faccia è il risultato di un conflitto che lo condanna a un ruolo
tragico: proprio lui, l'appassionato avvocato dello Stato di diritto,
diventa contro la propria volontà l'alleato di un autocrate. E proprio la
sua esperienza storica lo porta al fianco di uno che ha dimenticato la
storia.
Nel 1939, diciannovenne, studiava a Lipsia. I suoi compagni di corso erano
tedeschi, inglesi, francesi, americani. Erano amici e in un batter d'occhio
diventarono nemici mortali. Pochi anni più tardi, nel 1943, Ciampi, allora
giovane ufficiale italiano, si unì alla Resistenza, che combatteva contro
gli occupanti tedeschi. Queste esperienze hanno segnato l'uomo per sempre.
La simpatia per i tedeschi tuttavia rimase immutata. Dimostrò anche il suo
amore per Goethe, che neppure Hitler poté togliergli. Si può leggere tutto
questo per lo meno come una privata professione di fede del Capo dello
Stato italiano per la Germania e per l'Europa. Ciò ha certamente
importanza, perché con la presidenza Berlusconi dell'Unione Europea la
fragilità del progetto Europa è divenuta palese; non solamente a causa di
Berlusconi [ come tale ] - qui vi sono sufficienti motivi con riferimento
alla guerra in Iraq - ma anche a causa del Berlusconi uomo assetato di
potere, che calpesta le regole dello Stato di diritto vigenti nel resto
d'Europa.
L'unificazione dell'Europa è sempre stata al centro dell'azione di Ciampi -
sia come Governatore della Banca d'Italia o più tardi come competente uomo
politico. La più importante occasione per tradurre in pratica le sue
convinzioni politiche circa l'Europa Ciampi l'ebbe fra il 1996 e il 1998.
In quel periodo, come esperto al di sopra dei partiti, egli era stato
chiamato dal primo ministro Romano Prodi alla funzione di ministro delle
Finanze. Con un rigoroso indirizzo di politica economica e finanziaria
Ciampi guidò il suo Paese nella zona "euro". Un atto di forza che quasi
nessun italiano avrebbe creduto possibile e che senza la credibilità di
Ciampi e Prodi pressi i loro concittadini non sarebbe stato possibile
realizzare. Gli italiani accettarono i duri provvedimenti della coppia
senza lamentarsi. Una prova - occorre ricordarsene dopo lo scandalo di
Berlusconi - dell'entusiasmo degli italiani per l'Europa.
Vi sono dunque molti motivi per essere d'accordo con Ciampi; ma in questi
motivi si trova anche nello stesso tempo il problema di questo uomo
politico, il quale dice di sé con ragione di avere il vantaggio di essere
solo. Egli pensa con questo di essere sempre rimasto "tecnico", vincolato
alle realtà delle cose e non al potere. La fede nell'Europa per lui è
soprattutto una fede nel valore delle istituzioni. Ciampi stesso ha
descritto le proprie convinzioni politiche con una citazione dal
pubblicista politico italiano Vincenzo Cuoco: "Più necessarie delle persone
sono le istituzioni". Nel 1799 Cuoco aveva partecipato alla fallita
rivoluzione napoletana e in seguito aveva scritto che gli individui sono
spinti dalle passioni molto più intensamente di quanto essi stessi
potrebbero lasciarsi andare. Prima di tutto, le istituzioni proteggono la
persona dalla persona. Bassezza, cupidigia, vendetta e quant'altro
l'attività politica fa nascere, Ciampi vuole tenere lontano dalle
istituzioni, che devono durare più a lungo della vita umana e che devono
realizzare molto più di quanto potrebbe il singolo.
Per questo, fin dall'assunzione della presidenza della Repubblica nel 1999,
nell'avvelenato clima politico italiano egli esorta sempre e ancora al
"rispetto per le istituzioni" dello Stato. Ciampi, cattolico praticante e
convinto laicista, ha difeso lo Stato in innumerevoli discorsi con verve
quasi sacerdotale. Quanto più insistentemente egli parla, tanto più preme
il timore che la Repubblica italiana sia in pericolo. Che cosa succede se
al potere giunge uno cui poco importa delle istituzioni dello Stato
democratico? Che fare contro un Berlusconi? Contrapporvisi. E Ciampi si
contrappone. Più volte ha esortato il presidente del Consiglio a
trattenersi, per ultimo nel caso Schulz. Inviò al Parlamento un pubblico
messaggio con il quale chiaramente richiedeva una legge per la
decartellizzazione dei media: "Senza molteplicità dei mezzi di
comunicazione non vi è democrazia". Un attacco allo zar dei media e
presidente del Consiglio Berlusconi. Ciampi lotta per la sua Repubblica
Italiana. Qui non ha mai perso l'equilibrio, mai si poté dire da quale
parte della brutta lotta politica interna egli pendesse. È un arbitro
apartitico, dignitoso e riservato, quanto il suo ufficio prescrive.
Ma basta questo quando la Repubblica passo a passo viene scalzata? Infatti
Ciampi ha fatto questo, firmando finora tutte le leggi che Berlusconi si è
fatto confezionare sulla sua misura. Recentemente egli ha dato la sua
benedizione a una legge che di fatto ha tolto dal collo di Berlusconi la
corda del suo ultimo processo penale e che è entrata in vigore un giorno
prima dell'insediamento di Berlusconi come presidente di turno dell'Unione
Europea. Ciampi avrebbe potuto rispedirla alla camera per una nuova
deliberazione. Non lo ha fatto, con grande delusione dell'opposizione.
Anche in questo caso egli si è fatto guidare dalla sua convinzione che le
istituzioni non sono soltanto più importanti delle persone, ma anche più
durature. La stella di Berlusconi può spegnersi in fretta, la Repubblica,
magari un poco scalfita, può rilucere ancora. Questa speranza di Ciampi
davanti all'irrefrenabile ascesa di Berlusconi riceve una coloritura
cavalleresca, persino di romantica inutilità. Lo smantellamento dello Stato
di diritto italiano procede sempre più, nonostante la costante resistenza
di Ciampi.
E se ora egli si mettesse apertamente contro Berlusconi? Se come mezzo
estremo applicasse la sua immensa popolarità? Rapidamente atterrerebbe
nella mortale arena del Circo politico italiano. Un passo falso, e il
direttore del Circo Berlusconi getta il presidente della Repubblica in
pasto ai leoni, su questo non vi sono dubbi. Sarebbe finita con l'autorità
di Ciampi, che gli viene soprattutto dall'essere al disopra dei partiti.
Sarebbe finita con la sua fiducia di poter salvare la Repubblica. Dovrebbe
riconoscere di essere un patriota prigioniero.

Bassezza, cupidigia, vendetta
- quanto più insistentemente Ciampi parla, tanto più la Repubblica sembra
essere in pericolo. Ma che fare contro un Berlusconi, che si fa
confezionare le leggi su misura? Opporvisi.

(c) DIE ZEIT 10.07.2003 Nr.29


Testo originale:



Porträt
Der gefangene Patriot
Staatspräsident Carlo Azeglio Ciampi kämpft um sein Italien
Von Ulrich Ladurner
Als Silvio Berlusconi den deutschen EU-Parlamentarier Martin Schulz
vergangene Woche öffentlich für die Rolle eines Kapo in einem SS-Film
vorschlug, verstand ein Mann auf Anhieb das ganze Ausmaß dieser
Entgleisung: der italienische Staatspräsident Carlo Azeglio Ciampi. Worüber
Berlusconi so leichtfertig und bösartig zugleich witzelte, das hat Ciampi
am eigenen Leib erlebt. Für ihn waren die Kriege auf dem Kontinent keine
Fernsehserie. Die Gewalt, der Terror, die Verfolgung - das war für Ciampi
alles echt.
Darum ist er das eigentliche Gegenstück zu Berlusconi - und da jedes Gesetz
seine Unterschrift braucht, ist er zugleich der Einzige, der den
machtgierigen Medienzaren bremsen könnte. Wohlgemerkt: könnte. Dass er es
nicht tut, ist ein Ergebnis eines Konflikts, der ihn zu einer tragischen
Rolle verdammt: Ausgerechnet er, der leidenschaftliche Anwalt des
Rechtsstaats, wird wider Willen zum Verbündeten eines Autokraten. Und
ausgerechnet seine historische Erfahrung bringt ihn an die Seite eines
Geschichtsvergessenen.
1939 studierte er als 19-Jähriger in Leipzig. Seine Kommilitonen waren
Deutsche, Engländer, Franzosen, Amerikaner. Sie waren Freunde und wurden im
Handumdrehen zu Todfeinden. Wenige Jahre später, 1943, schloss sich Ciampi
als junger italienischer Offizier dem Widerstand an, der gegen die
deutschen Besatzer kämpfte. Diese Erfahrungen haben den Mann für immer
geprägt.
Die Zuneigung gegenüber den Deutschen aber blieb ungebrochen. Er bewahrte
sich auch seine Liebe zu Goethe. Selbst Hitler hat sie ihm nicht austreiben
können. Man kann dies als ein zumindest privates Bekenntnis des
italienischen Staatspräsidenten zu Deutschland und zu Europa lesen. Das ist
durchaus von Bedeutung, denn mit Berlusconis EU-Präsidentschaft ist die
Brüchigkeit des europäischen Projekts sichtbar geworden; nicht allein wegen
Berlusconi - da gibt es mit Blick auf den Irak-Krieg Gründe genug -, aber
auch wegen des Machtmenschen Berlusconi, der die im übrigen Europa
geltenden rechtsstaatlichen Regeln mit Füßen tritt.
Die Einigung Europas stand immer im Zentrum von Ciampis Wirken - ob als
Notenbankchef Italiens oder als spät berufener Politiker. Die größte
Chance, seine europapolitischen Überzeugungen umzusetzen, bot sich Ciampi
zwischen 1996 und 1998. Damals war er als parteiloser Fachmann vom
Ministerpräsidenten Romano Prodi ins Amt des Finanzministers berufen
worden. Mit einem rigorosen Sparkurs führte Ciampi sein Land in die
Euro-Zone. Ein Kraftakt, den kaum einer den Italienern zugetraut hätte und
der ohne die Glaubwürdigkeit Ciampis und Prodis bei den eigenen Bürgern
nicht zu schaffen gewesen wäre. Die Italiener nahmen die harten Maßnahmen
des Duos ohne Murren hin. Ein Beweis - daran muss nach dem Skandal um
Berlusconi erinnert werden - für die Europabegeisterung der Italiener.
Es gibt also viele Gründe, mit Ciampi einverstanden zu sein; aber in diesen
Gründen liegt gleichzeitig auch das Problem dieses Politikers, der von sich
zu Recht sagt, dass er den Vorteil habe, allein zu sein. Er meint damit,
dass er immer ?Techniker" geblieben sei, der Sache verpflichtet und nicht
der Macht. Der Glaube an Europa ist für ihn vor allem ein Glaube an den
Wert von Institutionen. Ciampi selbst hat seine politischen Überzeugungen
mit einem Zitat des italienischen Publizisten Vincenzo Cuoco beschrieben:
?Nötiger als die Menschen sind die Institutionen." Cuoco hatte 1799 an der
gescheiterten neapolitanischen Revolution teilgenommen und später
geschrieben, Individuen seien viel zu sehr von Leidenschaften getrieben,
als dass man sie sich selbst überlassen könnte. Institutionen vor allem
schützten den Menschen vor dem Menschen. Niedertracht, Gier, Rache und was
sonst noch alles das politische Geschäft hervorbringt, all das will Ciampi
daher fern halten von den Einrichtungen, die länger halten müssen als ein
Menschenleben und die mehr leisten müssen, als ein Einzelner es tun könnte.
Darum mahnt er seit der Übernahme des Präsidentenamtes 1999 angesichts des
vergifteten politischen Klimas Italiens immer wieder den ?Respekt vor den
Institutionen" des Staates an. Ciampi, praktizierender Katholik und
überzeugter Laizist, verteidigte den Staat in unzähligen Reden mit fast
schon priesterlicher Verve. Je eindringlicher er redet, desto mehr drängt
sich die Befürchtung auf, die italienische Republik sei wirklich in Gefahr.
Was geschieht, wenn einer an die Macht kommt, der sich nicht um die
Einrichtungen des demokratischen Staates schert? Was tun gegen einen
Berlusconi? Dagegenhalten. Und Ciampi hält dagegen. Mehrmals ermahnte er
den Ministerpräsidenten, sich zurückzuhalten, zuletzt in der Sache Schulz.
Er schickte eine offene Botschaft an das Parlament, in der er deutlich ein
Gesetz zur Entflechtung der Medien einforderte: ?Ohne Medienvielfalt gibt
es keine Demokratie." Ein Angriff auf den Medienzaren und
Ministerpräsidenten Berlusconi. Ciampi kämpft um seine italienische
Republik. Er hat dabei nie die Balance verloren, nie war zu sagen, welcher
Seite er in dem hässlichen innenpolitischen Kampf zuneigte. Er ist ein
unparteiischer Schiedsrichter, würdevoll und zurückhaltend, genauso, wie
das Amt es ihm vorschreibt.
Aber reicht das, wenn die Republik Schritt für Schritt ausgehöhlt wird? Ist
es richtig, Berlusconi in Schutz zu nehmen, nur weil er das Amt des
Ministerpräsidenten bekleidet? Das nämlich hat Ciampi getan, indem er
bisher alle Gesetze unterschrieben hat, die Berlusconi für sich hat
maßschneidern lassen. Zuletzt gab er einem Gesetz seinen Segen, das
Berlusconi de facto sein letztes Verfahren vom Hals schaffte. Einen Tag vor
dem Antritt Berlusconis als turnusmäßiger EU-Präsident trat es in Kraft.
Ciampi hätte es zur Neuberatung an die Kammern des Parlamentes
zurückschicken können. Er tat es nicht, sehr zur Enttäuschung der
Opposition. Er ließ sich auch hier von seiner Überzeugung leiten,
Institutionen seien nicht nur wichtiger als Menschen, sondern auch
dauerhafter. Der Stern Berlusconis mag schnell verglühen, die Republik
wird, ein bisschen verschrammt vielleicht, weiterhin strahlen. Diese
Hoffnung Ciampis erhält angesichts des nicht zu bremsenden Aufstiegs von
Berlusconi eine ritterliche, ja romantisch-vergebliche Färbung. Die
Demontage des italienischen Rechtsstaates schreitet trotz Ciampis
beharrlicher Gegenwehr immer weiter fort.
Und wenn er sich nun doch offen gegen Berlusconi stellen würde? Wenn er als
letztes Mittel seine immense Popularität einsetzte? Schnell würde er in der
mörderischen italienischen Zirkusarena landen. Ein falscher Schritt, und
der Zirkusdirektor Berlusconi wirft den Staatspräsidenten den Löwen zum
Fraß vor, daran besteht kaum ein Zweifel. Vorbei wäre es mit Ciampis
Autorität, die er ja vor allem aus seiner Überparteilichkeit bezieht.
Vorbei mit seinem Glauben, er könne die Republik retten. Er würde erkennen
müssen, dass er ein gefangener Patriot ist.
Gier, Niedertracht, Rache
- je eindringlicher Ciampi redet, desto mehr scheint es, als sei die
Republik wirklich in Gefahr. Was aber tun gegen einen Berlusconi, der
Gesetze maßschneidert? Dagegenhalten
(c) DIE ZEIT 10.07.2003 Nr.29