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Il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi lotta per la sua Italia
- Subject: Il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi lotta per la sua Italia
- From: "José F. Padova" <jospadov at tin.it>
- Date: Tue, 29 Jul 2003 18:18:26 +0200
Ritratto Il patriota prigioniero Il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi lotta per la sua Italia di Ulrich Ladurner (c) DIE ZEIT 10.07.2003 Nr.29 (traduzione dal tedesco di José F. Padova) Quando la scorsa settimana Silvio Berlusconi propose pubblicamente l'europarlamentare tedesco Martin Schulz per il ruolo di kapò in un film sulle SS, un uomo comprese di primo acchito tutta la dimensione della gaffe: il Presidente della Repubblica italiano, Carlo Azeglio Ciampi. Ciò che Berlusconi, tanto avventatamente e malignamente, ha fatto oggetto di barzelletta, Ciampi l'ha vissuto sulla propria pelle. Per lui le guerre sul Continente non sono state dei serial televisivi. Violenza, terrore, persecuzione - tutto questo per Ciampi era autentico. Per questo egli è il vero opposto di Berlusconi - e poiché ogni legge necessita della sua firma, egli è al tempo stesso l'unico che potrebbe frenare lo zar dei media bramoso di potere. Beninteso: potrebbe. Che egli non lo faccia è il risultato di un conflitto che lo condanna a un ruolo tragico: proprio lui, l'appassionato avvocato dello Stato di diritto, diventa contro la propria volontà l'alleato di un autocrate. E proprio la sua esperienza storica lo porta al fianco di uno che ha dimenticato la storia. Nel 1939, diciannovenne, studiava a Lipsia. I suoi compagni di corso erano tedeschi, inglesi, francesi, americani. Erano amici e in un batter d'occhio diventarono nemici mortali. Pochi anni più tardi, nel 1943, Ciampi, allora giovane ufficiale italiano, si unì alla Resistenza, che combatteva contro gli occupanti tedeschi. Queste esperienze hanno segnato l'uomo per sempre. La simpatia per i tedeschi tuttavia rimase immutata. Dimostrò anche il suo amore per Goethe, che neppure Hitler poté togliergli. Si può leggere tutto questo per lo meno come una privata professione di fede del Capo dello Stato italiano per la Germania e per l'Europa. Ciò ha certamente importanza, perché con la presidenza Berlusconi dell'Unione Europea la fragilità del progetto Europa è divenuta palese; non solamente a causa di Berlusconi [ come tale ] - qui vi sono sufficienti motivi con riferimento alla guerra in Iraq - ma anche a causa del Berlusconi uomo assetato di potere, che calpesta le regole dello Stato di diritto vigenti nel resto d'Europa. L'unificazione dell'Europa è sempre stata al centro dell'azione di Ciampi - sia come Governatore della Banca d'Italia o più tardi come competente uomo politico. La più importante occasione per tradurre in pratica le sue convinzioni politiche circa l'Europa Ciampi l'ebbe fra il 1996 e il 1998. In quel periodo, come esperto al di sopra dei partiti, egli era stato chiamato dal primo ministro Romano Prodi alla funzione di ministro delle Finanze. Con un rigoroso indirizzo di politica economica e finanziaria Ciampi guidò il suo Paese nella zona "euro". Un atto di forza che quasi nessun italiano avrebbe creduto possibile e che senza la credibilità di Ciampi e Prodi pressi i loro concittadini non sarebbe stato possibile realizzare. Gli italiani accettarono i duri provvedimenti della coppia senza lamentarsi. Una prova - occorre ricordarsene dopo lo scandalo di Berlusconi - dell'entusiasmo degli italiani per l'Europa. Vi sono dunque molti motivi per essere d'accordo con Ciampi; ma in questi motivi si trova anche nello stesso tempo il problema di questo uomo politico, il quale dice di sé con ragione di avere il vantaggio di essere solo. Egli pensa con questo di essere sempre rimasto "tecnico", vincolato alle realtà delle cose e non al potere. La fede nell'Europa per lui è soprattutto una fede nel valore delle istituzioni. Ciampi stesso ha descritto le proprie convinzioni politiche con una citazione dal pubblicista politico italiano Vincenzo Cuoco: "Più necessarie delle persone sono le istituzioni". Nel 1799 Cuoco aveva partecipato alla fallita rivoluzione napoletana e in seguito aveva scritto che gli individui sono spinti dalle passioni molto più intensamente di quanto essi stessi potrebbero lasciarsi andare. Prima di tutto, le istituzioni proteggono la persona dalla persona. Bassezza, cupidigia, vendetta e quant'altro l'attività politica fa nascere, Ciampi vuole tenere lontano dalle istituzioni, che devono durare più a lungo della vita umana e che devono realizzare molto più di quanto potrebbe il singolo. Per questo, fin dall'assunzione della presidenza della Repubblica nel 1999, nell'avvelenato clima politico italiano egli esorta sempre e ancora al "rispetto per le istituzioni" dello Stato. Ciampi, cattolico praticante e convinto laicista, ha difeso lo Stato in innumerevoli discorsi con verve quasi sacerdotale. Quanto più insistentemente egli parla, tanto più preme il timore che la Repubblica italiana sia in pericolo. Che cosa succede se al potere giunge uno cui poco importa delle istituzioni dello Stato democratico? Che fare contro un Berlusconi? Contrapporvisi. E Ciampi si contrappone. Più volte ha esortato il presidente del Consiglio a trattenersi, per ultimo nel caso Schulz. Inviò al Parlamento un pubblico messaggio con il quale chiaramente richiedeva una legge per la decartellizzazione dei media: "Senza molteplicità dei mezzi di comunicazione non vi è democrazia". Un attacco allo zar dei media e presidente del Consiglio Berlusconi. Ciampi lotta per la sua Repubblica Italiana. Qui non ha mai perso l'equilibrio, mai si poté dire da quale parte della brutta lotta politica interna egli pendesse. È un arbitro apartitico, dignitoso e riservato, quanto il suo ufficio prescrive. Ma basta questo quando la Repubblica passo a passo viene scalzata? Infatti Ciampi ha fatto questo, firmando finora tutte le leggi che Berlusconi si è fatto confezionare sulla sua misura. Recentemente egli ha dato la sua benedizione a una legge che di fatto ha tolto dal collo di Berlusconi la corda del suo ultimo processo penale e che è entrata in vigore un giorno prima dell'insediamento di Berlusconi come presidente di turno dell'Unione Europea. Ciampi avrebbe potuto rispedirla alla camera per una nuova deliberazione. Non lo ha fatto, con grande delusione dell'opposizione. Anche in questo caso egli si è fatto guidare dalla sua convinzione che le istituzioni non sono soltanto più importanti delle persone, ma anche più durature. La stella di Berlusconi può spegnersi in fretta, la Repubblica, magari un poco scalfita, può rilucere ancora. Questa speranza di Ciampi davanti all'irrefrenabile ascesa di Berlusconi riceve una coloritura cavalleresca, persino di romantica inutilità. Lo smantellamento dello Stato di diritto italiano procede sempre più, nonostante la costante resistenza di Ciampi. E se ora egli si mettesse apertamente contro Berlusconi? Se come mezzo estremo applicasse la sua immensa popolarità? Rapidamente atterrerebbe nella mortale arena del Circo politico italiano. Un passo falso, e il direttore del Circo Berlusconi getta il presidente della Repubblica in pasto ai leoni, su questo non vi sono dubbi. Sarebbe finita con l'autorità di Ciampi, che gli viene soprattutto dall'essere al disopra dei partiti. Sarebbe finita con la sua fiducia di poter salvare la Repubblica. Dovrebbe riconoscere di essere un patriota prigioniero. Bassezza, cupidigia, vendetta - quanto più insistentemente Ciampi parla, tanto più la Repubblica sembra essere in pericolo. Ma che fare contro un Berlusconi, che si fa confezionare le leggi su misura? Opporvisi. (c) DIE ZEIT 10.07.2003 Nr.29 Testo originale: Porträt Der gefangene Patriot Staatspräsident Carlo Azeglio Ciampi kämpft um sein Italien Von Ulrich Ladurner Als Silvio Berlusconi den deutschen EU-Parlamentarier Martin Schulz vergangene Woche öffentlich für die Rolle eines Kapo in einem SS-Film vorschlug, verstand ein Mann auf Anhieb das ganze Ausmaß dieser Entgleisung: der italienische Staatspräsident Carlo Azeglio Ciampi. Worüber Berlusconi so leichtfertig und bösartig zugleich witzelte, das hat Ciampi am eigenen Leib erlebt. Für ihn waren die Kriege auf dem Kontinent keine Fernsehserie. Die Gewalt, der Terror, die Verfolgung - das war für Ciampi alles echt. Darum ist er das eigentliche Gegenstück zu Berlusconi - und da jedes Gesetz seine Unterschrift braucht, ist er zugleich der Einzige, der den machtgierigen Medienzaren bremsen könnte. Wohlgemerkt: könnte. Dass er es nicht tut, ist ein Ergebnis eines Konflikts, der ihn zu einer tragischen Rolle verdammt: Ausgerechnet er, der leidenschaftliche Anwalt des Rechtsstaats, wird wider Willen zum Verbündeten eines Autokraten. Und ausgerechnet seine historische Erfahrung bringt ihn an die Seite eines Geschichtsvergessenen. 1939 studierte er als 19-Jähriger in Leipzig. Seine Kommilitonen waren Deutsche, Engländer, Franzosen, Amerikaner. Sie waren Freunde und wurden im Handumdrehen zu Todfeinden. Wenige Jahre später, 1943, schloss sich Ciampi als junger italienischer Offizier dem Widerstand an, der gegen die deutschen Besatzer kämpfte. Diese Erfahrungen haben den Mann für immer geprägt. Die Zuneigung gegenüber den Deutschen aber blieb ungebrochen. Er bewahrte sich auch seine Liebe zu Goethe. Selbst Hitler hat sie ihm nicht austreiben können. Man kann dies als ein zumindest privates Bekenntnis des italienischen Staatspräsidenten zu Deutschland und zu Europa lesen. Das ist durchaus von Bedeutung, denn mit Berlusconis EU-Präsidentschaft ist die Brüchigkeit des europäischen Projekts sichtbar geworden; nicht allein wegen Berlusconi - da gibt es mit Blick auf den Irak-Krieg Gründe genug -, aber auch wegen des Machtmenschen Berlusconi, der die im übrigen Europa geltenden rechtsstaatlichen Regeln mit Füßen tritt. Die Einigung Europas stand immer im Zentrum von Ciampis Wirken - ob als Notenbankchef Italiens oder als spät berufener Politiker. Die größte Chance, seine europapolitischen Überzeugungen umzusetzen, bot sich Ciampi zwischen 1996 und 1998. Damals war er als parteiloser Fachmann vom Ministerpräsidenten Romano Prodi ins Amt des Finanzministers berufen worden. Mit einem rigorosen Sparkurs führte Ciampi sein Land in die Euro-Zone. Ein Kraftakt, den kaum einer den Italienern zugetraut hätte und der ohne die Glaubwürdigkeit Ciampis und Prodis bei den eigenen Bürgern nicht zu schaffen gewesen wäre. Die Italiener nahmen die harten Maßnahmen des Duos ohne Murren hin. Ein Beweis - daran muss nach dem Skandal um Berlusconi erinnert werden - für die Europabegeisterung der Italiener. Es gibt also viele Gründe, mit Ciampi einverstanden zu sein; aber in diesen Gründen liegt gleichzeitig auch das Problem dieses Politikers, der von sich zu Recht sagt, dass er den Vorteil habe, allein zu sein. Er meint damit, dass er immer ?Techniker" geblieben sei, der Sache verpflichtet und nicht der Macht. Der Glaube an Europa ist für ihn vor allem ein Glaube an den Wert von Institutionen. Ciampi selbst hat seine politischen Überzeugungen mit einem Zitat des italienischen Publizisten Vincenzo Cuoco beschrieben: ?Nötiger als die Menschen sind die Institutionen." Cuoco hatte 1799 an der gescheiterten neapolitanischen Revolution teilgenommen und später geschrieben, Individuen seien viel zu sehr von Leidenschaften getrieben, als dass man sie sich selbst überlassen könnte. Institutionen vor allem schützten den Menschen vor dem Menschen. Niedertracht, Gier, Rache und was sonst noch alles das politische Geschäft hervorbringt, all das will Ciampi daher fern halten von den Einrichtungen, die länger halten müssen als ein Menschenleben und die mehr leisten müssen, als ein Einzelner es tun könnte. Darum mahnt er seit der Übernahme des Präsidentenamtes 1999 angesichts des vergifteten politischen Klimas Italiens immer wieder den ?Respekt vor den Institutionen" des Staates an. Ciampi, praktizierender Katholik und überzeugter Laizist, verteidigte den Staat in unzähligen Reden mit fast schon priesterlicher Verve. Je eindringlicher er redet, desto mehr drängt sich die Befürchtung auf, die italienische Republik sei wirklich in Gefahr. Was geschieht, wenn einer an die Macht kommt, der sich nicht um die Einrichtungen des demokratischen Staates schert? Was tun gegen einen Berlusconi? Dagegenhalten. Und Ciampi hält dagegen. Mehrmals ermahnte er den Ministerpräsidenten, sich zurückzuhalten, zuletzt in der Sache Schulz. Er schickte eine offene Botschaft an das Parlament, in der er deutlich ein Gesetz zur Entflechtung der Medien einforderte: ?Ohne Medienvielfalt gibt es keine Demokratie." Ein Angriff auf den Medienzaren und Ministerpräsidenten Berlusconi. Ciampi kämpft um seine italienische Republik. Er hat dabei nie die Balance verloren, nie war zu sagen, welcher Seite er in dem hässlichen innenpolitischen Kampf zuneigte. Er ist ein unparteiischer Schiedsrichter, würdevoll und zurückhaltend, genauso, wie das Amt es ihm vorschreibt. Aber reicht das, wenn die Republik Schritt für Schritt ausgehöhlt wird? Ist es richtig, Berlusconi in Schutz zu nehmen, nur weil er das Amt des Ministerpräsidenten bekleidet? Das nämlich hat Ciampi getan, indem er bisher alle Gesetze unterschrieben hat, die Berlusconi für sich hat maßschneidern lassen. Zuletzt gab er einem Gesetz seinen Segen, das Berlusconi de facto sein letztes Verfahren vom Hals schaffte. Einen Tag vor dem Antritt Berlusconis als turnusmäßiger EU-Präsident trat es in Kraft. Ciampi hätte es zur Neuberatung an die Kammern des Parlamentes zurückschicken können. Er tat es nicht, sehr zur Enttäuschung der Opposition. Er ließ sich auch hier von seiner Überzeugung leiten, Institutionen seien nicht nur wichtiger als Menschen, sondern auch dauerhafter. Der Stern Berlusconis mag schnell verglühen, die Republik wird, ein bisschen verschrammt vielleicht, weiterhin strahlen. Diese Hoffnung Ciampis erhält angesichts des nicht zu bremsenden Aufstiegs von Berlusconi eine ritterliche, ja romantisch-vergebliche Färbung. Die Demontage des italienischen Rechtsstaates schreitet trotz Ciampis beharrlicher Gegenwehr immer weiter fort. Und wenn er sich nun doch offen gegen Berlusconi stellen würde? Wenn er als letztes Mittel seine immense Popularität einsetzte? Schnell würde er in der mörderischen italienischen Zirkusarena landen. Ein falscher Schritt, und der Zirkusdirektor Berlusconi wirft den Staatspräsidenten den Löwen zum Fraß vor, daran besteht kaum ein Zweifel. Vorbei wäre es mit Ciampis Autorität, die er ja vor allem aus seiner Überparteilichkeit bezieht. Vorbei mit seinem Glauben, er könne die Republik retten. Er würde erkennen müssen, dass er ein gefangener Patriot ist. Gier, Niedertracht, Rache - je eindringlicher Ciampi redet, desto mehr scheint es, als sei die Republik wirklich in Gefahr. Was aber tun gegen einen Berlusconi, der Gesetze maßschneidert? Dagegenhalten (c) DIE ZEIT 10.07.2003 Nr.29
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