Ma noi ci beviamo di tutto



Ma noi ci beviamo di tutto


ORMAI appare evidente: in questo inizio di terzo millennio noi uomini
dobbiamo risparmiare l'acqua, sperando che l'acqua risparmi noi. Le analisi
dell'Istituto Superiore di Sanita' ci dicono che 23 acque minerali su 28
sono fuorilegge e potrebbero contenere "sostanze indesiderabili", come
pesticidi, bifenili policlorurati, policarburi policiclici aromatici e
tracce di fondotinta di Maria Teresa Ruta. Questi dati ci fanno capire
chiaramente che le analisi chimiche stampate sulle etichette forse sono
compilate a casaccio. Pare che sulla fascia adesiva di una nota marca, dopo
le voci sodio 3 mg/l e rediduo fisso 390 mg/l , ci fosse scritto Stefy ti
amo . Alcuni dei laboratori incaricati di analizzare la composizione e la
qualità di molti famosissimi marchi, sono risultati non idonei a questo
compito. Gli inquirenti se ne sono accorti da alcune piccole sfumature,
come nel caso dell'Università degli Studi di Ladispoli, del Laboratorio di
analisi microbiologiche e lettura della mano di Lilliput, fino all'ambiguo
Elettrauto Moriconi, risultato poi essere incredibilmente un vero
elettrauto. L'inchiesta è partita dal procuratore di Torino Guariniello,
l'uomo cui non sfugge nessun tipo di sofisticazione: nel sangue dei
calciatori, nelle urine dei ciclisti, nell'acqua che beviamo tutti i
giorni. L'unico insuccesso lo ha avuto con il seno di Alessia Marcuzzi, poi
risultato autentico.
La moda delle acque minerali in bottiglia si è affermata in Italia negli
ultimi vent'anni, quando il benessere diffuso ci ha consentito una serie di
innovazioni alimentari assolutamente inutili, come i crackers, i fermenti
lattici vivi e le olive disossate. Una volta, quando aveva sete, l'italiano
ricorreva a un gesto atavico quanto incontrollabile, frutto della naturale
evoluzione dell'Homo Sapiens: con una rapida rotazione di 180 gradi del
polso azionava la manopola dell'acqua fredda, riempiva senza risparmio un
bicchiere di comunissimo vetro e beveva. «Falla scorrere!» era il massimo
della trasgressione che l'italiano assetato si concedeva. Solo i più
raffinati ricorrevano al paradiso artificiale, aggiungendo al litro d'acqua
del rubinetto la magica bustina che la rendeva frizzante, in maniera
assolutamente innaturale. Oggi queste sane consuetudini tribali sono
scomparse, in favore del prodotto imbottigliato. E per di più ci vengono a
dire che quest'ultimo non è poi tanto sicuro e che comunque, anche se non
si può bere, vista la presenza di pesticidi, l'acqua minerale può essere
utilizzata tranquillamente come insetticida per i gerani sul balcone, una
sostanza dal valore di mercato decisamente superiore a quello della
semplice acqua. Sembra comunque che non ci chiederanno di pagare la
differenza. Questa improvvisa "rottura delle acque" nel nostro Paese ha
partorito ben poco. Non sono stati infatti resi noti i nomi delle marche
non in regola, per cui peraltro è allo studio in Parlamento una proposta di
immunità potabile che dovrebbe trovare un vasto consenso tra le forze
politiche. Come è potuto accadere questo, nel Paese di "Chiare, fresche e
dolci acque" e di "Acqua azzurra acqua chiara, con le mani posso finalmente
bere"? E' molto semplice: hanno capito che noi italiani, in ogni settore,
siamo pronti a berci di tutto.