appello contro la nuova crociata punitiva del governo sulle droghe



Contro la nuova crociata punitiva sulle droghe
Per il rilancio di politiche di tolleranza e di inclusione sociale
Per la riduzione delle risposte penali e del carcere
In nome di un Welfare dei diritti

Il vicepremier Fini, parlando dal summit ONU sulla droga di Vienna, ha di
recente esposto l'intenzione del governo di rivedere la legge antidroga del
'90, reintroducendo alcune norme abolite dal pronunciamento popolare 1993.
Fallito il tentativo attuato nel 2002 attraverso la modifica del decreto
444/90 - contro cui le Regioni hanno vinto un ricorso - il governo si
accinge ora a varare una vera e propria controriforma, che ruoterà attorno
alla annunciata riproposizione della dose media giornaliera (ribattezzata
"dose massima consentita") e l'inasprimento del trattamento penale per le
droghe leggere, in nome della loro "equiparazione" alle droghe pesanti. La
revisione della normativa penale è l'ultimo atto di una campagna ideologica
del "pugno duro" contro le droghe e i consumatori, caratterizzata
dall'attacco alla riduzione del danno e ad un sistema dei servizi con
offerte terapeutiche differenziate, attacco già concretizzatosi nel citato
decreto 444.

La svolta punitiva del governo è particolarmente grave

- in primo luogo perché ignora i danni delle norme che si vorrebbero
reintrodurre, già sperimentati prima del referendum. Ricordiamo che la dose
media giornaliera (quale discrimine quantitativo "rigido" per distinguere
il consumo dallo spaccio) suscitò perplessità già durante la discussione
parlamentare nel decennio scorso. E' chiaro che una determinazione
quantitativa unica per tutti i consumatori non può non essere arbitraria, e
perciò iniqua. Il suo effetto criminogeno è evidente, stante le dinamiche
del mercato illegale, che spesso portano i consumatori ad approvvigionarsi
di quantità di droga ben superiori a quelle dell'immediato consumo
individuale. Del resto, la stessa compagine che aveva varato la legge del
'90 fu costretta a intervenire d'urgenza pochi mesi dopo per alleggerire
l'impatto repressivo della legge, dopo che diversi consumatori (anche di
droghe leggere) si erano uccisi in carcere dove erano detenuti con l'accusa
di spaccio: non erano spacciatori, semplicemente erano stati trovati in
possesso di quantità superiore alla dose media giornaliera.

- In secondo luogo, a una maggiore penalizzazione del consumo si
accompagna, come più volte affermato da esponenti governativi, il dilatarsi
del sistema penitenziario e la sua egemonia su quello terapeutico e
preventivo: ci saranno più carceri (magari privatizzate, come dimostra il
progetto di "appaltare" la casa lavoro di Castelfranco Emilia alla comunità
di san Patrignano) e le alternative alla detenzione saranno vincolate a
forme di "cura" coatta da svolgersi all'interno di un sistema di comunità
terapeutiche che - oltre a convogliare su di sé ingenti risorse pubbliche
sottratte ad altri e diversificati interventi - saranno il veicolo,
disciplinare ben più che terapeutico, della diffusione capillare e
amplificata dell'ombra lunga della dimensione carceraria e penale sul
fenomeno sociale del consumo di droghe. Corollario drammatico di questa
impostazione, il rilancio governativo del trattamento sanitario
obbligatorio anche per i tossicodipendenti; per giunta, non solo sui
consumi davvero problematici, ma anche su quelli occasionali e ricreativi
di tanti giovani, destinati ad essere criminalizzati e patoligizzati.

Non solo, ma i duri attacchi dei mesi scorsi portati alle politiche dei
servizi pubblici, l'enfatizzazione ideologica degli interventi drug free
indipendentemente dalle preferenze e scelte espresse dagli utenti e
viceversa la demonizzazione di altri trattamenti, a cominciare da quelli
farmacologici e dagli interventi di riduzione del danno, nonostante
l'evidenza della loro efficacia: tutto questo disegna un orizzonte
preoccupante, autoritario e moralistico, di negazione della libertà e
pluralità terapeutica, basata sul rispetto dei diritti del cittadino
consumatore e sull'evidenza scientifica dei trattamenti.

· In terzo luogo, questa scelta appare insensata non fosse altro perché in
aperto contrasto con le tendenze che la gran parte dei paesi europei hanno
seguito dagli inizi del '90 ad oggi. Questi paesi hanno infatti scelto, in
forme diverse, di spostare il centro delle politiche di controllo delle
droghe dal penale al sociale, in particolare investendo sulla riduzione del
danno (sia generalizzando le pratiche più consolidate, sia sperimentandone
di nuove). Così, mentre Fini annunciava la svolta repressiva, nelle stesse
ore, al summit di Vienna, i rappresentanti dei governi di Regno Unito,
Francia, Germania, Portogallo, Belgio, Olanda, Irlanda, Svizzera hanno
menzionato la riduzione del danno come uno dei pilastri della loro politica
antidroga.

Quanto alle riforme legislative, nella gran parte dei paesi europei queste
vanno in direzione della depenalizzazione del consumo personale e della
distinzione fra droghe leggere e pesanti: si pensi al Regno Unito che ha di
recente "declassificato" la canapa (spostandola cioè in una tabella con
sostanze a minor rischio farmacologico) in ossequio ai suggerimenti del
proprio consiglio scientifico consultivo sulle droghe; alla Svizzera che
sta per varare un'analoga riforma; mentre il rapporto Malliori, approvato
nel febbraio dal Parlamento europeo, oltre a raccomandare all'Unione
Europea il rafforzamento dei servizi a bassa soglia, chiede esplicitamente
di riclassificare le droghe, riconoscendo la minore pericolosità della
canapa.

Inoltre, il governo vorrebbe operare una scelta in aperto disprezzo delle
indicazioni emerse in ben tre Conferenze governative sulle droghe: da
quella di Palermo del '93, che aveva sancito l'introduzione della riduzione
del danno; a quella di Napoli del 1997, che aveva proposto di procedere
ulteriormente sulla via della depenalizzazione del consumo; a quella di
Genova del 2000, che aveva riconfermato questi indirizzi, in più
suggerendo, per bocca dell'allora ministro Umberto Veronesi, la via di una
maggiore tolleranza della canapa, in nome delle evidenze scientifiche.

·         Infine, non si può sottovalutate e sottacere il tremendo effetto
che un ritorno indietro legislativo ante-1993 produrrà inevitabilmente
sulle carceri. Vale a dire: un ulteriore sovraffollamento in una situazione
già oggi intollerabile ed esplosiva, con il drammatico corollario di
suicidi e atti di autolesionismo; un aggravio della situazione della sanità
penitenziaria, già ora in uno stato gravissimo di abbandono, a causa del
suo mancato passaggio al sistema sanitario nazionale e dei pesantissimi
tagli di bilancio operati nelle ultime leggi finanziarie; una ulteriore
difficoltà nell'accesso al circuito delle misure alternative, già da tempo
rallentato, quando non inceppato, a causa delle carenze di organici
relativamente a psicologi, educatori, assistenti sociali, magistrati di
sorveglianza e personale penitenziario.



Contro questa controriforma autoritaria e priva di ogni serio fondamento di
evidenza ed esperienza, è importante ricordare che dal referendum del 1993
a oggi, la diversificazione dei servizi, la crescita professionale e la
maturazione degli operatori (sia del pubblico che del privato sociale),
l'adeguamento delle stesse comunità ai mutati bisogni degli utenti, la
sperimentazione di iniziative di prevenzione mirata, le pratiche di
riduzione del danno e l'implementazione di nuove strategie più articolate
hanno permesso di raggiungere alcuni obiettivi fondamentali:

-l'emersione del sommerso e il nuovo coinvolgimento di persone non
raggiunte o abbandonate dai servizi

-la diminuzione significativa del numero delle overdose

- la forte diminuzione della trasmissione delle patologie correlate tra gli
assuntori di sostanze per via endovenosa (significativo il calo dei
pazienti sieropositivi e in controtendenza rispetto al resto della
popolazione)

- l'aumento del numero delle persone trattate dai servizi pubblici e
seguite dagli operatori con interventi personalizzati

- maggiore collaborazione tra servizi pubblici e privati con la
realizzazione di strategie condivise e il rilancio della centralità del
territorio e delle sue reti

- una maggiore consapevolezza sui rischi e una più diffusa conoscenza degli
effetti delle sostanze soprattutto  tra la popolazione giovanile

- possibilità di riabilitazione alternativa (seppur drammaticamente
sottoutilizzata) da parte dei detenuti con dipendenze

- risposte più adeguate e diversificate ai comportamenti d'abuso (alcool,
tabacco, e altro)

- superamento delle barriere tra servizi e persone con una maggiore
presenza di operatori sulle strade, nei centri a bassa soglia e nei luoghi
di consumo.



Tutto questo, in moltissimi casi, è stato possibile grazie alla serietà e
alla determinazione di migliaia di operatori che nel campo delle dipendenze
hanno saputo superare le barriere ideologiche, verificarsi scientificamente
e proporre strategie innovative con una attenzione concreta alle
modificazione dei consumi e dei bisogni dei consumatori e uno sguardo
attento alle innovazioni già in corso di sperimentazione in altri paesi.

Questo patrimonio di esperienza e di risultati non va disperso e non va
sacrificato sull'altare dell'ideologia di governo e delle lobbies che lo
sostengono.



Certo, esistono poi non pochi nodi problematici che non vanno sottovalutati
e con i quali ci stiamo misurando da tempo: · il crescente aumento della
popolazione carceraria con reati direttamente o indirettamente legati alle
sostanze · i tagli drastici ai budget della ASL · la difficoltà di
approfondire in tempo reale le conoscenze sulle sostanze circolanti · la
necessità di tutela della salute e della qualità della vita sociale dei
consumatori attivi, a prescindere dalle loro scelte individuali ·
l'unificazione del Fondo nazionale lotta alla droga nella Legge 328/2000
con conseguente incapacità di diversi Enti Locali  di investire in  nuove
sperimentazioni ·  il consolidamento di politiche che tendono più a gestire
l'esistente che a promuovere nuove strategie, con la conseguente
frustrazione degli operatori e del loro ruolo all'interno dei servizi · un
processo di privatizzazione che si presenta rischioso a fronte di  criteri
di accreditamento che in molte Regioni non garantiscono qualità, controllo,
adeguatezza, rispetto dei bisogni e pluralismo dell'offerta.



Rispetto a questi limiti, sentiamo la forte e inderogabile necessità di
fare un punto, anche rilanciando proposte di adeguamento della normativa
attuale, nel solco di alcune scelte condivise a livello europeo:

- Completa depenalizzazione di tutte le condotte attinenti al consumo
individuale, compresa la cessione gratuita e la coltivazione a uso
personale; revisione delle sanzioni amministrative più discriminatorie e
abbassamento generale delle pene previste nella legge del '90, fra le più
altre d'Europa. Questi indirizzi erano peraltro già previsti in uno schema
di disegno di legge ("proposta La Greca"), predisposto dal ministero della
Giustizia nella scorsa legislatura.

- Possibilità di utilizzo medico dei derivati della canapa

- Consolidamento dei budget aziendali pubblici per le  dipendenze, con una
identificazione che risponda realmente ai bisogni delle persone e dei
servizi

- Possibilità di effettuare in tempo reale analisi chimiche su campioni di
sostanze circolanti in Italia con il conseguente miglioramento delle
pratiche di prevenzione

- Garanzia e facilitazione dell'accesso a terapie farmacologiche e
sostitutive, anche attraverso una "normalizzazione" della somministrazione
con la collaborazione delle farmacie,  dei medici di base, delle strutture
private accreditate e sotto il coordinamento dei Ser.T.

- Identificazione di una quota vincolata del Fondo Sociale Nazionale (Legge
328) che rimanga riservata ai servizi pubblici e privati per le dipendenze

- Consolidamento e "messa a regime" degli interventi - pubblici e  privati
- che hanno superato con risultati positivi la fase di sperimentazione, e
che possano passare "da progetti a servizi" all'interno della
programmazione aziendale ed extra-aziendale

-  Favorire la dimissione dalle carceri di tutti i detenuti con problemi
legati all'uso delle sostanze, riconoscendo anche i trattamenti alternativi
sul territorio, e possibilità di equiparare pienamente il trattamento
intramoenia a quello che si effettua all'esterno, dagli strumenti di
profilassi e prevenzione ai trattamenti farmacologici, psicologici  e
sociali negli istituti di pena



Queste proposte derivano dall'esperienza e hanno come obiettivo quello di
migliorare ulteriormente la qualità dei servizi e delle prestazioni
erogate, tutelare la salute della popolazione dipendente e di quella
generale, favorire una prevenzione mirata anche ai più giovani, diminuire
la sofferenza dei detenuti ed evitare il carcere per migliaia di giovani,
sperimentare nuove pratiche con una attenzione rivolta alle politiche di
altri paesi, evitare la frustrazione dei tanti operatori impegnati e
consentendo loro una crescita professionale all'interno di servizi
all'avanguardia ed efficaci.

Di fronte alla minaccia di una controriforma che aumenterebbe lo stigma
sociale, la colpevolizzazione e la sofferenza ancora oggi imposta da un
sistema sociale e legislativo inadeguato, non intendiamo limitarci alla
denuncia e alla difesa dello status quo, ma vogliamo proporre un salto di
qualità per realizzare nuove politiche di inclusione sociale.

Perciò ci rivolgiamo agli operatori del pubblico e del privato sociale, ai
parlamentari, agli amministratori locali, ai cittadini affinché
sottoscrivano questo appello e partecipino agli appuntamenti che saranno
organizzati per il 26 giugno a Roma e il 27 giugno a Milano, per definire i
contenuti e le iniziative di un cartello di forze che ci auguriamo il più
vasto possibile.

 Primi firmatari:

Stefano Anastasia, Clara Baldassarre, Roberta Balestra, Beatrice Bassini,
Tom Benettollo, Giuseppe Bortone, Giovanni Cannella, Giuseppe Cascini,
Daniela Cerri, Luigi Ciotti, Claudio Cippitelli, Maria Grazia Cogliati,
Franco Corleone, Paolo Crocchiolo, Sergio Cusani, Gianni De Giuli, Cecilia
D'Elia, Giuseppe Dell'Acqua, Giovanni Diotallevi, Dario Fo, Jacopo Fo,
Andrea Gallo, Maria Grazia Giannichedda, Leopoldo Grosso, Paolo Lamarca,
Betty Leone, Gad Lerner, Franco Maisto, Luigi Manconi, Toni Muzi Falconi,
Ignazio Juan Patrone, Livio Pepino, Morena Piccinini, Anna Pizzo, Aldo
Policastro, Edo Polidori, Franca Rame, Susanna Ronconi, Achille Saletti,
Ersilia Salvato, Rita Sanlorenzo, Nunzio Santalucia, Fabio Scaltritti,
Sergio Segio, Carlo Sorgi, Chicco Testa, Stefano Vecchio, Grazia Zuffa.

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L'appello è sottoscrivibile anche all'indirizzo:
http://www.fuoriluogo.it/speciali/guerraitaliana/appello_26_giugno.html