I: O IL PAPA O BUSH
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- Date: Fri, 7 Feb 2003 21:48:34 +0100
chi
desidera essere depennato da questa ML abbia la cortesia di comunicarlo
firmandosi per esteso. grazie Associazione
Partenia
O
papa o Bush
FILIPPO
GENTILONI (da il manifesto del 2 febb. 2003) «Stai
con il papa o con Bush?»: lo chiede Famiglia cristiana ai suoi lettori.
C'è ancora qualche giorno per rispondere, ma la domanda stessa dice dove stia il
Bene e dove il Male. E dice anche quanto il quadro politico e morale sia
cambiato, stravolto. Ancora pochi anni fa per i Palazzi Vaticani il Male non era
certamente la Casa Bianca, ma, forse, il comunismo o l'Islam. E la Casa Bianca
era schierata certamente dalla parte del Bene. Eppure non sono lontani i tempi
nei quali il papa di Roma appariva addirittura come cappellano della Casa
Bianca. Roma e Washington schierati insieme a difesa del Bene contro il Male.
«In God we trust»: la bandiera a stelle e strisce, il dollaro e la mano sul
petto a difesa di un ordine che ha Dio come garante supremo. E il Dio è quello
insieme cristiano e americano. Oggi
non più. Che cosa è accaduto? Come mai il Dio di Roma si è allontanato da quello
della Casa Bianca e si è avvicinato - sembra - a quello di Baghdad? Quali le
prospettive future? La
prima risposta non può non riguardare i movimenti per la pace. Sono cresciuti
nel corso dell'ultimo decennio e soprattutto si sono riempiti di credenti,
cristiani e cattolici. Erano già forti al tempo della guerra del Golfo, e anche
allora la voce vaticana si fece sentire contro la guerra. Questa volta, a
distanza di una decina di anni, molto di più. Quantitativamente
e qualitativamente. La pace ha acquisito una preminenza che prima non aveva:
parrocchie, diocesi, associazioni, movimenti. Non più soltanto alcuni, più
politicizzati e forse estremisti. La pace in primo piano per tutti i credenti.
Al di qua e al di là dell'Atlantico. Il Vaticano non può non tenerne conto. Se
non accetta di guidare tutto questo arcipelago di cattolici per la pace - anche
se non li si vuol dire «pacifisti» - il Vaticano rischia di perderlo. Si tratta
soprattutto di giovani, per i quali l'etica cattolica non ha una gran fascino se
non si coniuga all'insegna della pace. Un'altra risposta, complementare alla
prima, riguarda la geopolitica mon diale.
Il Vaticano non può non considerare con preoccupazione la diffusione mondiale
dell'islam che sarebbe certamente rafforzata da un eventuale abbraccio fra il
papa e Bush. In Africa e in Asia le «conversioni» dal cristianesimo all'islam
sono numerose e Roma giustamente se ne lamenta. Un deciso distacco da Washington
potrebbe restituire a Roma una parte della credibilità perduta. O il papa o
Bush, quindi. Non è vero, sembra dire Roma anche per bocca di Famiglia
cristiana che il cattolicesimo rappresenti la bandiera di un occidente
ricco, schierato contro i popoli più poveri - e più giovani - della
terra. Così
si può spiegare il nuovo orientamento di Roma. Spiegare e giustificare.
Nonostante i suoi rischi e le sue difficoltà. Rischio di un certo trasformismo
prima di tutto. Le radici filo occidentali e anche filoamericane del
cattolicesimo sono forti e affondano profondamente nella storia degli ultimi
secoli: una buona parte del nostro cattolicesimo, e non soltanto alcune sue
componenti più reazionarie, non sarà d'accordo. Non pochi preferiranno non
scegliere ma accostare: e il papa e Bush. La difficoltà nella accettazione dello
spostamento si può già constatare anche nel nostro paese, e non soltanto in
regioni ultracattoliche come il Veneto. Fra
Roma e Washington, poi, esiste la cultura dell'occidente: un abbraccio
affettuoso ma anche ingombrante. Non è il caso di stringerlo ma neppure di
abbandonarlo. Comunque, non si può non tenerne contro. Perciò all'alternativa
posta da Famiglia cristiana la risposta non è semplice: sì al Papa e no a
Bush, ma tenendo presente la necessità non soltanto di combattere la guerra ma
anche di rivedere tutte quelle posizioni culturali che per secoli hanno permesso
e favorito le guerre, anche ai cristiani. Che il no alla guerra all'Iraq e a
Bush si trasformi in una profonda revisione culturale: no a tutte le forme di
prepotenza e di sopraffazione dei ricchi contro i poveri. Anche dei ricchi
cristiani e cattolici. FILIPPO
GENTILONI (da il manifesto del 2 febb. 2003)
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