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(Fwd) Schiavi in Europa
- Subject: (Fwd) Schiavi in Europa
- From: "francesco iannuzzelli" <francesco at href.org>
- Date: Sat, 9 Feb 2002 00:05:28 -0000
- Organization: peacelink
- Priority: normal
Da Guerre & Pace N. 86 - Febbraio 2002 http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace/gepso.htm IMMIGRAZIONE Schiavi in Europa di Nicola Coccìa Il disegno di legge Bossi-Fini non diverge molto dalle proposte di direttiva europee: contingentare i flussi, rendere lo straniero ricattabile e legato come uno schiavo alla sua precarietà di immigrato, destrutturando così l'intero mercato del lavoro È attualmente all'esame della Commissione affari costituzionali del Senato il disegno governativo n° 795 (cosiddetto Bossi-Fini) di riforma del Testo Unico delle disposizioni sull'immigrazione. Ove approvato, modificherebbe sensibilmente in peggio la già pessima legge vigente Turco-Napolitano, caratterizzandosi per la sostanziale riduzione del complesso fenomeno sociale dell'immigrazione alla dimensione dell'ordine pubblico e per l'ulteriore compressione delle condizioni dell'immigrato, già ridotto a mero fattore della produzione, da sfruttare il massimo possibile al minor costo. NEL QUADRO DI SCHENGEN L'evidente inasprimento della politica di chiusura (l'obiettivo non troppo nascosto è l'"immigrazione regolare zero") non costituisce però un'anomalia italiana, iscrivendosi a pieno titolo nella normativa europea in corso di preparazione, applicativa dell'accordo di Schengen. Propio mentre l'Onu pubblicava studi demografici in base ai quali - per mantenere inalterati l'equilibrio fra popolazione attiva e inattiva e la capacità produttiva - l'Europa dovrebbe consentire milioni di ingressi (160 entro il 2050, di cui 17 in Italia, per circa 350.000 nuovi ingressi all'anno, contro gli attuali 60/80.000 in gran parte a termine), il vertice dell'Ue, riunito a Tampere a fine 1999, tracciava una politica assolutamente restrittiva, trasfusa oggi in una serie di proposte di direttiva le cui regole, in fondo, non divergono molto da quelle del disegno Bossi-Fini. CONTINGENTAMENTO DEI FLUSSI Così, tanto per fare qualche esempio, nell'ambito del comune orizzonte del contingentamento dei flussi (proprio la proposta della commissione n° 386/2001 di direttiva del Consiglio consente agli Stati membri di imporre tetti massimi per gli ingressi e di sospendere il rilascio di permessi), il modello pressoché unico di ingresso legittimo previsto dal progetto Bossi-Fini, che vincola la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno alla previa stipulazione dall'estero di un contratto di lavoro con domanda presentata tramite le rappresentanze consolari, è il "normale" meccanismo di ingresso previsto dalla proposta di direttiva comunitaria sopra citata (art. 5). Tale proposta considera solo "eventuale" la possibilità per gli Stati membri di stabilire ulteriori ipotesi di ottenimento del (o conversione in) permesso di soggiorno per lavoro per chi, entrato per turismo, studio o ricerca di lavoro, abbia effettivamente trovato un impiego. Nessuna sostanziale discrepanza nemmeno in materia di durata del permesso di soggiorno: la durata massima prevista dal progetto Bossi-Fini (2 anni, come nella vigente legge Turco-Napolitano) si colloca all'interno della previsione comunitaria la quale, senza fissare una durata minima, stabilisce che il permesso possa essere concesso per un "periodo iniziale non superiore a 3 anni". IL "CONTRATTO DI SOGGIORNO" Quanto al vincolo sempre più stretto che lega la permanenza dello straniero al mantenimento del posto di lavoro (con l'evidente effetto di costringere gli immigrati ad accettare qualsiasi forma di lavoro a qualsiasi condizione, purché possa servire, seppure nel breve periodo, ad evitare l'espulsione), l'introduzione del "contratto di soggiorno" del progetto Bossi-Fini trova riscontro nella proposta di direttiva europea, che prevede l'accorpamento in un unico atto amministrativo del permesso di lavoro e di soggiorno. Inoltre, il progetto governativo dimezza rispetto ad oggi (da un anno a 6 mesi) il periodo massimo di disoccupazione, trascorso il quale si fuoriesce, se non dall'Italia, dalla regolarità (determinando un aumento della clandestinità cosiddetta "di ritorno" anche per lavoratori regolarmente presenti in Italia da lungo tempo, magari con famiglia). Ma la proposta di direttiva non prevede condizioni migliori: il periodo massimo di disoccupazione, trascorso il quale scatta la revoca del permesso di soggiorno, è di 3 mesi per quanti abbiano lavorato regolarmente meno di 2 anni e di 6 mesi per coloro che abbiano lavorato più a lungo (art. 10). LA NUOVA SCHIAVITÙ E ancora: l'attribuzione di un diritto di preferenza ai lavoratori italiani (o meglio, comunitari) è in sintonia con la proposta di direttiva, che sancisce espressamente il principio secondo cui "un posto di lavoro può essere occupato da un lavoratore extracomunitario soltanto dopo un'attenta valutazione del mercato interno", quindi solo "se il posto non può essere occupato da un cittadino dell'Ue" (art. 6). Come corollario la proposta di direttiva (scavalcando di molto Bossi e Fini) vincola lo straniero allo svolgimento dell'attività per la quale gli è stato consentito l'ingresso, consentendo agli Stati membri di limitare il permesso "allo svolgimento di attività di lavoro subordinato in una regione specifica" (art. 8) e comunque prevedendo che ogni variazione debba essere comunicata all'autorità competente e da questa autorizzata. In altre parole: poiché allo straniero è concesso di entrare solo se un lavoratore comunitario non può o non vuole occupare uno specifico posto di lavoro, una volta entrato non gli è concesso di cambiare attività o zona ma è indissolubilmente legato al suo posto di lavoro, come lo schiavo ai remi della galea... ATTACCO AL SISTEMA DEI DIRITTI Certo nella prosa del legislatore europeo non ci sono tutti gli eccessi dettati dal furore xenofobo della destra italiana. Si pensi alla previsione nel disegno Bossi-Fini di generalizzare l'espulsione per gli irregolari con sommaria procedura amministrativa, da eseguirsi con immediato accompagnamento alla frontiera (previo internamento nei centri di permanenza), in violazione palese dell'art.13 della Costituzione che riserva agli atti motivati dell'autorità giudiziaria ogni misura limitativa della libertà personale, secondo quanto già espressamente affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n° 105/2001. Ma l'Europa è ben disposta a rimodellare verso il basso l'intero sistema dei diritti civili e umani: basti pensare all'istituzione dei "campi" e alla creazione di un diritto speciale per stranieri, che possono essere sottoposti a misure privative della libertà senza aver commesso alcun fatto penalmente rilevante. Ciò non costituisce certo un'anomalia italiana: l'arresto/detenzione di una persona contro cui è in corso un procedimento di espulsione è infatti espressamente previsto sin dall'art. 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (sic) del 1950. LO STRANIERO È IL NUOVO NEMICO Il fatto è che in Italia come in Europa lo straniero è considerato potenzialmente un nemico, mentre l'immigrazione è trattata come un fenomeno composto da una pluralità di scelte individuali di fuga dalla povertà, assumendo un punto di vista che prescinde del tutto dall'analisi delle cause sociali ed economiche del fenomeno. Si nega così - con una mistificante costruzione ideologica - l'evidente incidenza sui flussi migratori delle politiche economiche occidentali: allargamento dei mercati, politiche ultraliberiste e di riduzione della spesa sociale imposte dal Fmi e dalla Banca mondiale, industrializzazione, trasformazione dell'agricoltura. Per non parlare delle guerre e delle politiche di impoverimento e saccheggio delle risorse naturali dei paesi del Sud del mondo (che costituiscono l'altra faccia del rapporto Nord/Sud). Il circolo diventa così vizioso: con la guerra e la neocolonizzazione si alimentano le cause dell'emigrazione, che si cerca di tenere sotto controllo essenzialmente con lo strumento poliziesco e quindi con un'altra guerra a bassa intensità, ma non per questo meno cruenta (l'accordo sul Nuovo concetto strategico Nato sottoscritto dai governi dell'alleanza nel 1999 inserisce fra i rischi incombenti per la "stabilità euro-atlantica" proprio i "movimenti incontrollati di un gran numero di persone, in particolare come conseguenza dei conflitti armati"). SPINTI ALLA CLANDESTINITÀ In fondo, la ricetta poliziesca proposta per controllare i flussi è sempre la stessa e produce soprattutto clandestinità. Se da un lato muraglioni e controlli elettronici non fermano l'immigrazione - come dimostra la frontiera fra Usa e Messico -, dall'altro il meccanismo di ingresso previa chiamata nominativa dall'estero da parte del datore di lavoro era già previsto in Italia prima del 1998 e ha fatto sì che quasi il 50% degli stranieri oggi regolarmente soggiornanti lo siano esclusivamente grazie alle varie sanatorie (quasi un milione di stranieri regolarizzati fra il 1987, il 1990, il 1995 e il 1998), essendo pertanto entrati nel territorio dello stato irregolarmente. Se si tiene conto che un altro 25% circa degli ingressi è dovuto ai ricongiungimenti familiari, si deduce che la percentuale degli ingressi regolari per lavoro subordinato è trascurabile (dati Istat). Si vuole quindi, più o meno consapevolmente, mantenere (se possibile, accentuare) un sistema bloccato, in cui alla sostanziale impossibilità di entrare regolarmente non può che corrispondere un incremento degli ingressi clandestini, con ciò che comporta in termini di costi per i migranti, marginalizzazione, spinta verso la criminalità ecc. - proprio il fenomeno che demagogicamente si dice di voler combattere. Questo, in realtà, perché la presenza di un alto numero di clandestini costituisce e rinnova continuamente un vero esercito industriale di riserva composto da soggetti "flessibili" per eccellenza, in quanto "non-esistenti", e così indispensabili a questa economia per la loro ricattabilità. LAVORATORI SOTTO RICATTO Allo stesso modo, quanto più stretto sarà il legame fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, tanto meno potere contrattuale avrà anche il lavoratore straniero regolare, che in caso di perdita del posto di lavoro rischia di essere licenziato... dall'Italia. La diffusione di valori xenofobi, la tolleranza zero, la rassicurazione dell'elettorato attraverso la riduzione del numero e della durata dei soggiorni e la (inattuabile) espulsione generalizzata e immediata, servono quindi soprattutto a creare e mantenere in condizioni di invisibilità un amplissimo bacino di manodopera a bassissimo costo, che, per di più, non ha alcuna possibilità di associazione o anche solo rivendicazione dei diritti minimi (casa, istruzione, lavoro, sanità). E non solo: tenendo ai margini della società centinaia di migliaia di stranieri si rende ancora più flessibile e si destruttura l'intero mercato del lavoro, abbassando anche il potere di contrattazione dei lavoratori italiani, poiché la concorrenza inter-nazionale fra lavoratori serve solo a ridurre i salari e, più in generale, le condizioni di vita e di lavoro. Non è solo un problema da affrontare in nome della solidarietà quindi, poiché la difesa dei diritti dei migranti è elemento centrale e ineludibile per combattere la logica del sistema economico liberista.
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