Foglio di Collegamento interno n. 92



Cari amici,
                  vi invio nel corpo di questo messaggio e in allegato Word
il numero 92 del nostro Foglio di Collegamento.

Saranno molto graditi ed utili osservazioni e commenti!

Propongo alla vostra attenzione il caso di Safiya Husseini [n. 8]
e l'appello per Anthony Nealy all'indirizzo
htto://www.petitiononline.com/cnealy    [vedi n. 9]

Buona lettura... buon anno
Loredana Giannini

N. B. Potete chiedere in qualsiasi momento di essere cancellati dalla lista
per l'invio del F. d. C.
         Se non volete ricevere l'allegato Word dal prossimo numero in poi,
fatecelo sapere

******************
FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

Numero 92   -   Dicembre  2001

Sommario:

1)PENA DI MORTE, 'TERRORISMO' E DIRITTI UMANI NEL 2001
2)CONTINUA IL DIBATTITO SULLE ESTRADIZIONI
3)SI PROCEDE CONTRO MOUSSAOUI
4)IL CASO DI  JOHN  WALKER LINDH
5)VERSO NUOVE FORME DI ABOLIZIONISMO
6)ANDREA YATES DEVE ESSERE CURATA, NON UCCISA
7)RITI SATANICI, CONVERSIONE E PERDONO
8)IL GOVERNO CENTRALE NIGERIANO OFFRE UN'INCERTA DIFESA A SAFIYA
9)VOGLIO CONDIVIDERE CON VOI LE EMOZIONI DEL IL MIO  VIAGGIO IN TEXAS
10)INSERIRE GLI ABOLIZIONISTI IN UN PUBBLICO REGISTRO
11)SPOSTAMENTO DEL PROCESSO ALLE GUARDIE DEL BRACCIO DELLA MORTE



1)PENA DI MORTE, 'TERRORISMO' E DIRITTI UMANI NEL 2001

Gli effetti perversi del circolo della violenza

Come abbiamo affermato più volte (v. ad es. n. 89) il motivo principale
dell'abolizione della pena di morte è quello di interrompere il circolo
della violenza che chiama violenza. La pena di morte è l'anello più debole
nella catena della violenza. Abolire la pena di morte è un obiettivo
raggiungibile, è un primo passo, un piccolo ma significativo passo verso la
rinuncia all'uso della violenza nei rapporti tra gli uomini.
   Nell'anno che si sta concludendo la pena capitale ha avuto alcuni
successi che possono rallentare il processo abolizionista. Tra questi
ricordiamo l'emblematica esecuzione di Timothy Mc Veigh, prima esecuzione
federale negli USA dopo quarant'anni. L'uccisione di Mc Veigh da parte del
Governo federale, avvenuta l'11 giugno scorso, si è inscritta in una serie
di orribili episodi di violenza compiuti dal 'terrorista' ad Oklahoma City
ma anche dal Governo federale a Waco nel Texas e non solo (v. nn.
85-86-87). Ci sembra che con quella esecuzione non 'ha vinto il bene sul
male', come ha dichiarato George Bush, bensì la logica stessa di Mc Veigh e
di tutti coloro che scatenano la violenza contro la violenza di ciò che
vedono come il Male assoluto.
   Ora si grida che Osama Bin Laden deve essere preso 'vivo o morto' ma
preferibilmente ucciso sul posto. Lo dicono anche 'comunicatori' italiani
ritenuti persone intellettualmente evolute. Ed è un gran vociare negli
Stati Uniti per chiedere la pena di morte per i 'terroristi'. Sembra che le
pena di morte - più ancora dei massacri compiuti dai bombardieri - sia la
panacea per guarire le terribili ferite inflitte nella carne e
nell'orgoglio degli Americani dagli attacchi dell'11 settembre.  Le forze
responsabili degli attentati di New York e Washington - i cui intenti solo
in parte possiamo conoscere e valutare - hanno raggiunto lo scopo (voluto o
non voluto) di riportare ad una primitiva barbarie componenti dell'umanità
che avevano raggiunto elevati livelli di maturazione sul piano del rispetto
dei diritti umani e della solidarietà tra gli uomini.

C'è un terrore "buono": quello che provano gli altri

Ci sono coloro che giustificano sul piano etico il modo in cui gli Stati
Uniti posero fine alla seconda guerra mondiale nell'agosto del 1945 e
coloro che condannano recisamente la decisione del Presidente Truman di
accendere il fuoco nucleare sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.
Nella rinnovata discussione su quello snodo critico della storia degli
Stati Uniti nessuno usa la parola 'terrorismo'.
   Se per terrorismo si intende lo spargimento del terrore in una
determinata popolazione, usando violenza nei riguardi delle persone e dei
beni al fine di raggiungere un obiettivo politico, questa definizione si
dovrebbe applicare non solo alla guerra, così come modernamente pianificata
ed attuata, ma a molte delle 'operazioni' effettuate dai governi per
'combattere il terrorismo'.
   Essendosi costruito nell'immaginario collettivo, con l'ausilio
essenziale dei media, un significato totalmente negativo per la parola
'terrorismo', essa non verrà mai applicata per definire le azioni dei
governi e degli stati più forti. Nei cittadini dei paesi ricchi è stato
invece inculcato il concetto di una 'violenza buona' esercitata giustamente
per difendere i loro interessi nei confronti dei malvagi.
   Coloro che amano la pace e i diritti umani dovrebbero grandemente
diffidare della mistificazione prodotta dal termine 'terrorismo', un
termine potente, con un enorme impatto emotivo e una estrema forza
'aggregante' dell'opinione pubblica.
   Dato che il concetto di 'terrorismo' ha contorni incerti ed è
emotivamente connotato, la parola 'terrorismo' non dovrebbe essere
utilizzata in linguaggi specialistici, come quello giuridico, in cui ogni
parola deve essere rigorosamente definita. Oggi purtroppo la parola
'terrorismo' entra invece nella formulazione di un gran numero di leggi e
introduce nei codici indeterminatezza e soggettività, mettendo sempre più a
repentaglio il rispetto dei diritti umani.

Gli aspetti indeterminati  della 'guerra al terrorismo'

La 'guerra al terrorismo' seguita agli attentati dell'11 settembre scorso
si svolge in tre dimensioni indeterminate che la rendono eccezionalmente
pericolosa. E' indeterminata riguardo al tempo (si è usato il termine
'infinita'), riguardo allo spazio (nessuna nazione è al sicuro), riguardo
ai modi (si è parlato di opzioni  senza limiti di intensità e al di fuori
dei vincoli giuridici). A ciò si aggiunge la dichiarata volontà di
nascondere al controllo democratico lo stesso accadimento dei fatti (grande
enfasi data alla riservatezza sulle decisioni e sui risultati ottenuti
nonché sulla conduzione di operazioni 'coperte'). Sappiamo bene come
l'arbitrarietà dell'agire dei governi sia alla radice delle violazioni dei
diritti umani.

Stati Uniti: Dimenticato l'antrace si discute sui 'tribunali canguro'

L'allarme 'antrace' è stato rapidamente archiviato dopo che si è scoperto
che le spore inviate per posta (agli opinion leader e alle autorità che
potevano nutrire fastidiosi dubbi ed eventualmente opporsi alla 'guerra la
terrorismo') provenivano da depositi federali USA, è rimasto tuttavia forte
il sostegno alla politica 'anti-terrorismo' del presidente Bush.
   Il 6 dicembre nel corso dell'audizione presso la Commissione Giustizia
del Senato federale, a cui è stato pressoché costretto, il Ministro della
Giustizia Ashcroft ha difeso contrattaccando le decisioni 'antiterrorismo'
del Presidente: "Nei riguardi di coloro che fomentano i contrasti tra
Americani e  immigranti, tra cittadini e non-cittadini, di coloro che
spaventano la gente amante della pace con i fantasmi della perdita della
libertà, il mio messaggio è questo: le vostre tattiche servono solo ad
aiutare i terroristi a erodere l'unità nazionale e a diminuire la nostra
risolutezza (...) esse forniscono munizioni ai nemici dell'America e
sconcertano gli amici degli Stati Uniti. Esse inducono la persone di buona
volontà a rimanere in silenzio di fronte al male. I nostri sforzi sono
stati accuratamente soppesati per evitare di infrangere i diritti
costituzionali, mentre salviamo le vite degli Americani."
   "Le accuse di istituire 'tribunali canguro' e di stracciare la
Costituzione rinnovano quello che si chiama 'polverone di guerra' - ha
aggiunto Ashcroft.
George W. Bush ha proclamato la settimana iniziata domenica 9 dicembre
"Settimana nazionale dei Diritti umani" affermando che la 'guerra al
terrorismo' è un atto di  difesa internazionale dei diritti individuali. In
tale occasione anche il Vice Presidente Dick Cheney ha denunciato le
critiche mosse nei riguardi delle decisioni di Bush definendole 'isteriche'.
   Per quanto se ne sa, fino ad ora nessun 'sospetto terrorista' è stato
sottoposto alle speciali commissioni militari istituite da George Bush per
giudicare i non cittadini USA. Anzi le critiche - di parlamentari, giuristi
e avvocati - all'Ordine emesso dal Capo supremo delle forze armate degli
Stati Uniti hanno forse indotto l'Esecutivo ad apportare alcune modifiche a
tali commissioni. Si tratta di modifiche -  tese anche a tranquillizzare i
paesi alleati per ora inclini a rifiutare le estradizioni negli USA - che
con tutta probabilità non assicurano una effettiva maggiore giustizia e
regolarità per tali organismi, ma almeno attenuano lo sprezzante rigetto
delle forme dello stato di diritto che caratterizza l'Ordine originale.
   Se teniamo conto che il sistema giudiziario ordinario della pena
capitale, in vigore negli USA dal 1976 e sempre ritenuto infallibile, ha
mostrato solo da due o tre anni a questa parte di essere gravemente
fallace, comprendiamo come le "commissioni militari" semi-clandestine
direttamente orchestrate dall'Esecutivo potrebbero seminare gravissime
ingiustizie per anni ed anni prima che se ne abbia pubblica consapevolezza.
   Le "commissioni militari", spacciate per qualcosa di simile alle normali
corti marziali, avevano provocato le proteste di esponenti delle forze
armate, anche e soprattutto tra i più conservatori. La contromossa
dell'Esecutivo è stata quella di prefigurare alcune caratteristiche delle
"commissioni" analoghe a quelle delle corti marziali. Da voci fatte
trapelare sembra che gli esperti suggeriscano al Ministro della Difesa
Rumsfeld di:  1) adottare la 'presunzione di innocenza' per gli accusati
fino alla condanna, 2) prescrivere ai giurati (almeno 5 ufficiali in
uniforme) di raggiungere la certezza della colpa 'al di là di ogni
ragionevole dubbio' prima di votare per la condanna (anche se tra le
'prove' potranno esserci testimonianze anonime e per sentito dire,
intercettazioni clandestine e documenti di incerta provenienza come i
'video di Bin Laden'),  3) consentire all'imputato di giovarsi - in luogo
dell'avvocato militare designato dalla corte - di un avvocato civile a
pagamento, 4) di richiedere l'unanimità della giuria per l'inflizione delle
condanne a morte (la maggioranza dei 2/3 sarebbe sufficiente per le altre
condanne), 5) istituire una commissione d'appello di tre membri che riveda
le sentenze emesse dalla giuria (il cui eventuale annullamento rimarrebbe
in ogni caso facoltà esclusiva del Presidente degli Stati Uniti).
   Il Pentagono ha comunque smentito queste voci affermando che qualsiasi
illazione è prematura e che ogni decisione in merito dovrà prenderla
personalmente Rumsfeld.
   Si parla di sottoporre alle commissioni militari una cinquantina di
combattenti fatti prigionieri in Afghanistan ora detenuti sotto
interrogatorio per lo più a Kandahar e si presume che un primo tribunale
speciale possa essere costituto nella base di Guantanamo a Cuba dove
verrebbero deportati i prigionieri. Non si esclude l'uso di qualche altra
base all'estero o di una nave da guerra. Tuttavia mancano avvocati militari
esperti di casi capitali. Ce ne erano alcuni ma sono andati quasi tutti in
pensione (l'ultima condanna a morte nella giurisdizione militare risale al
1961).

Inghilterra: Approvata la legislazione anti-terrorismo che diviene subito
operativa

A metà dicembre il Ministro degli Interni inglese David Blunkett è riuscito
a far approvare dal Palamento britannico quasi senza modifiche il pacchetto
denominato "Legge Anti-terrorismo, sul Crimine e la Sicurezza" che era
stato presentato il 13 novembre. Tale legge è una delle più lesive dei
diritti individuali tra quelle che sono state prodotte dopo l'11 settembre
(v. n. 91) e si basa su una vaga definizione di 'terrorismo' che già
compare in una legge del febbraio scorso riguardante l'Irlanda del Nord.
Blunkett ha rintuzzato le proteste delle organizzazioni per i diritti umani
affermando che: "La legge contro il terrorismo è stata introdotta in una
situazione di assoluta emergenza e verrà revocata una volta che le acque
saranno più calme." Ma ha aggiunto: "In un tempo che ora è impossibile
prevedere."
Il 19 dicembre in base a questa legge sono stati fermati e incarcerati
senza accuse, su segnalazione dei servizi segreti, 12 nordafricani che
altrimenti non si sarebbero potuti arrestare. E' ora il Ministro
dell'Interno a decidere chi sono gli stranieri da arrestare quali 'sospetti
terroristi' in base alla nuova legge che consente l'imprigionamento a tempo
indeterminato senza accuse e senza processo (e quindi senza la possibilità
di difendersi).

Italia: Convertito in legge con qualche emendamento il decreto anti-terrorismo

L'opposizione è riuscita a introdurre alcuni emendamenti che migliorano
apprezzabilmente il Decreto anti-terrorismo definitivamente approvato il 12
dicembre, che rimane tuttavia gravemente lesivo dei diritti civili dei
cittadini. L'articolo 270 bis del nostro Codice penale prevede d'ora in poi
reato di "associazione con finalità di terrorismo internazionale." Sono ora
applicabili in funzione anti-terrorismo diverse norme che attribuiscono
alla polizia giudiziaria la facoltà di perquisire interi edifici, di
infiltrarsi in ogni situazione, di effettuare intercettazioni preventive
quando "vi siano elementi investigativi" che lo giustifichino, il tutto
senza autorizzazione della magistratura. L'opposizione è riuscita a far
passare un importante emendamento che impedisce l'estensione delle
precedenti facoltà investigative ai casi in cui si voglia prevenire
"l'eversione dell'ordine democratico". Il concetto di eversione dell'ordine
democratico è estremamente vago e avrebbe consentito al governo di
invadere, senza autorizzazione della magistratura, la privacy di chiunque
si occupi di politica.
   Più ancora del pacchetto anti-terrorismo costituisce una minaccia ai
diritti civili la temuta legge di riforma dei Servizi segreti delineata dal
Ministro Frattini (v. n. 91). Si prevede una forte opposizione a questa
riforma, che forse non piace neanche allo stesso Berlusconi. Nel frattempo
nel pacchetto anti- terrorismo è passata la norma che assicura agli agenti
segreti e alla polizia l'impunità per un primo insieme di gravi reati
commessi mentre siano impegnati in attività di contrasto al terrorismo:
acquisto, sostituzione o occultamento di denaro, armi, documenti o
stupefacenti. Come dire, libertà di falsificare o nascondere prove ed
elementi necessari all'accertamento della verità.

Afghanistan: Migliaia le vittime dei bombardamenti americani e dei
regolamenti di conti

La scarsezza delle informazioni riguardanti l'andamento della guerra in
Afghanistan rende assai difficile determinare i danni arrecati alle persone
ed al paese dalla 'guerra anti-terrorismo' in corso. Il prof. Marc Herold
dell'Università del New Hampshire ha cercato di stimare nel modo più
accurato possibile il numero delle 'vittime collaterali' dei bombardamenti
americani incrociando i dati provenienti dalle agenzie umanitarie,
dall'ONU, dai testimoni oculari e dai media. Herold arriva alla conclusione
che nel periodo che va dal 7 ottobre al 10 dicembre del 2001 almeno 3767
civili siano stati uccisi dalle bombe (dato superiore a quello delle 3234
vittime che si ritiene abbiano fatto gli attentati dell'11 settembre).
Altri analisti hanno valutato in più di 10 mila il numero dei militari
uccisi dai bombardamenti (tra questi vi sono migliaia di uomini e di
adolescenti che i Talebani hanno costretto con la forza ad arruolarsi). La
guerra fatta dagli Americani tende a colpire indiscriminatamente i luoghi e
le persone quando vi siano segnalazioni di una probabile presenza dei
'nemici'. Ne ha fatto le spese il 21 dicembre anche un gruppo di dignitari
che si recavano a Kabul per partecipare alla cerimonia di insediamento del
nuovo governo: il gruppo è stato sterminato insieme a decine di abitanti
del villaggio attraverso il quale stavano transitando. Osserviamo che tra
gli Americani fino ad ora c'è stata una sola vittima: l'agente della CIA
che il 25 novembre stava interrogando i prigionieri nel carcere di
Qala-i-Jhangi. L'immane sproporzione dimostra lo scarso valore attribuito
alla vita e ai diritti umani dei poveri Afgani.
   Alle vittime fatte dagli Americani vanno aggiunte le centinaia (o forse
migliaia) di combattenti passati per le armi dopo la resa dai vincitori
dell'Alleanza del nord e molte decine di prigionieri asfissiati nei
container sigillati con cui venivano trasferiti da Kunduz a Shibarghan in
un viaggio durato quasi tre giorni nella prima settimana di dicembre.

Afghanistan: Disastro umanitario nell'indifferenza internazionale

Mentre proseguono bombardamenti americani di inaudita potenza nonostante la
caduta del regime talebano, le sofferenze inenarrabili della popolazione
stremata dell'Afghanistan non suscitano neanche la pietà dell'ultima
beghina. Come è possibile credere alla sincerità degli Americani e dei loro
alleati che avevano affermato che la guerra del 7 ottobre era stata
scatenata anche nell'interesse della popolazione afgana? Sarebbe bastato
anche un millesimo delle risorse e dell'organizzazione prodotte per lo
sforzo bellico, per un aiuto sostanziale alle popolazioni decimate dagli
stenti e da una lunghissima e sempre più terribile guerra. Di fronte alle
drammatiche cifre fornite dalla Nazioni Unite (v. n. 91) poco o nulla è
stato fatto e siamo ora in pieno inverno! Nell'anniversario della
Dichiarazione universale dei Diritti umani (celebrato anche da Bush, vedi
sopra). Amnesty International ha emesso un comunicato in cui si chiede di
"agire immediatamente per assicurare adeguata e costante assistenza ai
rifugiati in fuga dalla guerra in Afghanistan." La Segretaria Generale di
A. I. Irene Khan afferma che "gli aiuti internazionali dall'inizio del
conflitto non hanno soddisfatto le esigenze e migliaia di persone versano
tuttora in condizioni disperate, senza riparo né cibo."

Autorizzate dalla guerra al terrorismo estese violazioni dei diritti umani
in molti paesi

In Cina la guerra al terrorismo ha generato una "guerra interna al
terrorismo" che consente al Governo e al Partito di proseguire ed
intensificare le violazioni dei diritti umani che fino ad ora suscitavano
almeno una certa riprovazione internazionale. La repressione dei movimenti
indipendentisti nello Xinjiang, in Mongolia Esterna e in Tibet si è fatta
più dura e per essa le autorità hanno addirittura chiesto la solidarietà
internazionale nella 'comune' lotta al terrorismo. La campagna anticrimine
"Colpire duro!" tristemente famosa per le migliaia di processi sommari ed
esecuzioni capitali viene ora estesa alle attività di terrorismo e cioè al
dissenso indipendentista, ideologico e religioso.
   In Cecenia, le violazioni dei diritti umani operate dalle forze armate
russe contro la popolazione sono diventate parte della 'guerra al
terrorismo'. Così le terribili repressioni del governo turco. Così le
rappresaglie in Israele.
   In Pakistan la ferrea dittatura del Presidente Pervez Musharraf dopo
l'11 settembre ha preso a pretesto la 'guerra al terrorismo' per assestare
un durissimo colpo ai gruppi islamici che negli ultimi anni hanno provocato
sanguinosi disordini scontrandosi anche con il governo e tentando infine di
opporsi alla guerra all'Afghanistan. "Dopo gli attacchi terroristici agli
Stati Uniti dell'11 settembre vi è stato un forte supporto internazionale
al Pakistan nei suoi sforzi di combattere l'estremismo e la violenza" ha
dichiarato all'inizio di dicembre il Ministro della Giustizia Shahida
Jamil. Il Governo ha effettuato arresti di oppositori e lanciato
investigazioni contro religiosi e militanti e, secondo Jamil, molti
responsabili di violenze saranno processati da 'veloci corti
anti-terrorismo.'
In America latina, in particolare in Argentina,  Brasile, Repubblica
Dominicana, Messico, Paraguay, Perù e Uruguay, vengono ricercati e
trattenuti 'sospetti terroristi' e vi sono fondate preoccupazioni di
detenzioni illegali e maltrattamenti.
   Nelle carceri degli Stati Uniti, contro centinaia di stranieri detenuti
arbitrariamente e persino contro i detenuti comuni e in particolare contro
i condannati a morte, si moltiplicano gli atti di maltrattamento e di
sadica persecuzione. Dopo l'approvazione di 'leggi antiterrorismo' negli
stati di New York, dell'Illinois e della North Carolina che espandono
l'applicazione  della pena di morte, si registrano tentativi di
ripristinare la pena capitale nello Iowa e in Wisconsin, mentre gli stati
della Virginia e del New Jersey nel mese di dicembre si sono mossi per
estendere a 'reati di terrorismo' la pena di morte.

2)CONTINUA IL DIBATTITO SULLE ESTRADIZIONI

Le contrastate trattative sull'estradizione di persone 'sospette di
terrorismo' detenute in Europa, passibili di pena di morte o di giudizio da
parte delle "commissioni militari" negli USA, proseguono in segreto e, a
quanto sembra, nella massima confusione. Fino ad ora l'Europa si è sempre
scrupolosamente attenuta alle proprie regole in materia di estradizione. E'
abbastanza chiaro che vi sia ora in alcuni governanti del Vecchio
continente la tentazione di cedere alle richieste pressanti del potente
alleato violando così gli obblighi derivanti dal garantismo giuridico e dal
rigetto della pena di morte da parte dei paesi europei e dell'Unione
Europea nel suo complesso.
   All'inizio di dicembre l'Amministrazione americana aveva fatto trapelare
l'intenzione di fare qualche concessione agli europei pur di ottenere la
consegna di tutti i 'sospetti terroristi' detenuti in Inghilterra, Italia,
Germania e Spagna. Le concessioni ventilate sarebbero state la promessa di
non chiedere la pena capitale per i terroristi non direttamente implicati
negli attacchi dell'11 settembre e l'introduzione nelle "commissioni
militari" di alcuni elementi di tutela giuridica degli imputati, come la
possibilità di scegliere un avvocato di fiducia.
   Il Ministro della difesa britannico Geoff Hoon sabato 8 dicembre ha
dichiarato alla stampa che se le truppe inglesi cattureranno Osama Bin
Laden questi verrà estradato negli USA solo dietro garanzia che non sarà
soggetto alla pena di  morte.
   La dichiarazione di Hoon ha prodotto vivaci discussioni, non soltanto
nel Regno Unito, e l'Ufficio del Primo Ministro il lunedì seguente ha
precisato che se Bin Laden venisse catturato dalle truppe britanniche in
Afghanistan egli verrebbe semplicemente passato ai militari americani
evitando così ogni discussione riguardante l'estradizione. Infatti, secondo
il singolare punto di vista espresso dall'ufficio di Blair, una persona
sarebbe soggetta alla legge britannica soltanto in quanto si trovi sul
suolo britannico e le truppe inglesi si guarderebbero bene dal portare
Osama Bin Laden in patria. (Da noi cervelloni della portata di Gad Lerner e
di Giuliano Ferrara hanno trovato una soluzione ancora più semplice:
giustiziare immediatamente sul posto il fantomatico sceicco del terrore).
   Due giorni dopo il Ministro delle difesa statunitense Ashcroft in visita
in Inghilterra ha tentato a modo suo di smorzare ogni polemica sulle
estradizioni tirando fuori ancora una volta la sua frase sibillina: "Gli
individui e i paesi con i quali abbiamo trattato riguardo alle estradizioni
hanno trattato sulla base di una logica caso per caso. E' questa la
migliore via da seguire." Lo stesso giorno il Ministro della giustizia
francese signora Marylise Lebranchu ha riattizzato la discussione
affermando che la Francia non accetta che venga imposta la pena di morte a
Zacarias Moussaoui cittadino francese in carcere negli Stati Uniti sospetto
di far parte dell'organizzazione di Osama Bin Laden.

3)SI PROCEDE CONTRO MOUSSAOUI

"Oggi, tre mesi dopo l'assalto alla nostra patria, gli Stati Uniti
d'America hanno scagliato il terribile peso della giustizia contro i
terroristi che hanno brutalmente assassinato innocenti Americani" ha
dichiarato John Ashcroft, Ministro della Giustizia USA, l'11 dicembre.
   Zacarias Moussaoui, un francese di 33 anni di origine marocchina era
stato arrestato il 17 agosto con l'accusa di violazione delle norme
sull'immigrazione e poi detenuto in qualità di 'testimone' riguardo agli
attacchi dell'11 settembre. Aveva destato dei sospetti negli agenti in
servizio presso una scuola di pilotaggio che frequentava in Minnesota.
L'11 dicembre Moussaoui è stato formalmente accusato da un grand juri
federale di aver cospirato per preparare gli attacchi dell'11 settembre
contro le città americane. Un giudice di Manhattan lo aveva assegnato alla
Corte federale di Alexandria in Virginia che si trova vicino al Pentagono
dove si è schiantato uno degli aerei bomba, Corte nota per essere tra le
più severe e conservatrici e tra le più inclini a comminare la pena di morte.
   Nonostante Zacarias Moussaoui sia stato arrestato tre settimane prima
dell'11 settembre, il Ministro della Giustizia John Ashcroft lo ha definito
"un attivo partecipante agli attacchi." Ashcroft ha celebrato l'inizio del
procedimento contro il sospetto terrorista francese e la messa a punto di
una lista di 23 co-cospiratori, tra i quali Bin Laden e i 19 piloti suicidi
dell'11 settembre, dichiarando fra l'altro: "Al-Qaida incontra ora la
giustizia che aborrisce e il giudizio che teme."
   Il 19 dicembre si è tenuta una prima udienza. A Moussaoui sono stati
contestati sei capi d'imputazione, quattro dei quali contemplano la pena di
morte. All'accusa è stato dato tempo fino al 29 marzo per decidere se
richiedere effettivamente la pena capitale. L'imputato non ha collaborato e
si è rifiutato di alzarsi in piedi davanti alla Corte. Non ha ammesso
alcuna responsabilità. Ha tre avvocati d'ufficio uno dei quali è l'ex
cancelliere del Giudice che lo processa. Per la verità le prove finora note
 di un suo collegamento diretto con gli attentati dell'11 settembre sono
molto labili anche se è probabile che conoscesse un compagno di stanza di
Mohamed Atta, colui che fu immediatamente identificato e indicato come capo
del gruppo dei piloti suicidi.
   Un sito in Internet e un 'numero verde' presso il Ministero della
Giustizia permetteranno alle famiglie delle vittime dell'11 settembre di
seguire passo passo il procedimento contro Moussaoui. Il 22 dicembre,
approvando un'apposita legge, il Congresso ha consentito la trasmissione
del processo tramite TV a circuito chiuso in una decina di città per
soddisfare le esigenze delle vittime degli attentati (anche l'esecuzione di
Timothy Mc Veigh fu oggetto di una trasmissione straordinaria in TV a
circuito chiuso a beneficio delle vittime dell'attentato di Oklahoma City).

4)IL CASO DI  JOHN  WALKER LINDH

Le immagini video mostrano il giovanissimo soldato talebano-americano John
Walker Lindh per lo più inginocchiato e legato. Una volta mentre viene
interrogato dall'agente della CIA Johnny "Mike" Spann (che lo minaccia di
morte) nel carcere di Qala-i-Jhangi in Afghanistan, subito prima della
rivolta che costerà la vita a Spann e alla maggior parte dei prigionieri.
Un'altra volta mentre viene mostrato alla stampa ferito: una mano pesante
gli toglie irrispettosamente più volte la folta capigliatura dal viso.
   Si sa che Lindh è detenuto sotto interrogatorio su una nave da guerra.
Non gli sono stati riconosciuti i diritti di un cittadino americano a
cominciare da quello di disporre di un avvocato difensore. Bush ha
dichiarato di non aver ancora deciso che cosa fare di lui. Molti, tra cui
il sindaco di New York Giuliani, chiedono la pena di morte per Walker. Si
ritiene che verrà fatto atterrare in Virginia in modo che possa essere
processato dalla stessa Corte che giudica Zacarias Moussaoui. Essendo un
cittadino americano non può essere affidato alle "commissioni militari"
speciali.
   In realtà John Walker  Lindh non dovrebbe essere trattato come un
criminale ma come un prigioniero di guerra e dovrebbe essere rilasciato al
termine delle ostilità. Non si sa su quali basi Bush ha dichiarato che egli
appartiene ad Al-Qaida. Gli si imputa quanto detto in un'intervista
televisiva rilasciata alla CNN mentre era in uno stato deplorevole,
accasciato per le ferite, sfinito dalla battaglia e sotto l'effetto
euforizzante della morfina: in essa ha spiegato il significato e la base
etica della Jihad, direttamente conseguente dal dettato coranico, dicendo
di approvarla incondizionatamente. Per ora sappiamo che non ha partecipato
ad alcun attentato e non stava neanche combattendo contro gli Stati Uniti
ma solo contro l'esercito dell'Alleanza del Nord che attaccava un altro
esercito, quello in cui era arruolato. L'accusa di 'tradimento' che vuol
essere mossa contro di lui per poterlo condannare a morte non ha, per
quanto ne sappiamo, basi concrete.
   Lindh abbracciò l'Islam a 16 anni e partì per arruolarsi in Afghanistan
sei mesi fa. Al di là dello schematismo forcaiolo che scarica su di lui un
odio e una responsabilità sproporzionate, si dovrebbe fare lo sforzo di
capire come un ragazzo americano di 20 anni sia approdato nelle file dei
Talebani finendo per combattere una battaglia disperata in una terra
straniera quando avrebbe potuto vivere normalmente e comodamente  a casa sua.

5)VERSO NUOVE FORME DI ABOLIZIONISMO

Austin Sarat, docente di Giurisprudenza e di Scienze Politiche all'Amherst
College, ha scritto un libro intitolato"When the state kills: Capital
Punishment and the American Condition" (Quando lo stato uccide: la pena
capitale e la situazione americana). In questo libro, attraverso l'analisi
di casi capitali e di film sulla pena di morte, Sarat studia l'impatto
della pena capitale sul popolo degli Stati Uniti.
   Sarat scopre una prospettiva in un certo senso inversa a quella
tradizionale degli abolizionisti: una prospettiva che non parte da
considerazioni generali sulla pena di morte per scendere ai singoli casi di
esecuzioni ingiuste o discriminanti ma che, dall'esame di situazioni
particolari, arriva alla società americana.
   Nella maggior parte dei casi, fino ad ora gli oppositori alla pena
capitale hanno chiesto a gran voce la sua abolizione utilizzando
argomentazioni generali, che hanno come oggetto finale la protezione dei
condannati a morte: di solito le argomentazioni sono basate o
sull'affermazione della santità della vita umana, indipendentemente da
quanto malvagi alcuni uomini possano essere, o sulla denuncia della pena di
morte come punizione crudele e degradante, o sulla proclamazione
dell'orrore morale e del male contenuti nella volontà di uccidere da parte
dello stato.
   Tutti questi atteggiamenti, pure giustissimi e validi, agli occhi della
popolazione comune, di solito scarsamente interessata ai diritti umani dei
condannati, fanno passare gli abolizionisti per "amici dei criminali"
insensibili nei confronti dei familiari delle vittime del crimine. Secondo
Sarat una nuova possibilità di lotta contro la pena di morte consiste nel
proclamare le drammatiche conseguenze che la pena di morte stessa ha, non
sui criminali, bensì sulla popolazione.
   Dice Sarat:..."Osservando la pena di morte, i volti che dovremmo
guardare sono i nostri. La domanda da porsi riguardo alle uccisioni di
stato, non è ciò che esse fanno PER noi, ma ciò che esse fanno A noi. [...]
Questa domanda va oltre la logica del vittimismo e delle narrazioni
sentimentali da cui esso dipende, per andare verso un esame del prezzo che
le uccisioni di stato fanno pagare alla nostra legge, alla nostra politica
e alla nostra cultura. A mio parere questo prezzo è enorme.
   "L'omicidio di stato ci sminuisce danneggiando la nostra democrazia,
legittimando la vendetta, intensificando le divisioni razziali,
distraendoci dalle sfide che il nuovo secolo pone all'America. Promette
soluzioni facili a problemi intricati e offre semplicismo morale in un
mondo moralmente complesso.
   "Abbiamo bisogno di un nuovo tipo di abolizionismo che lasci indietro i
casi di McVeigh, Brooks, e Connors [presentati nel libro], come pure il
catalogo della Benetton [con le foto inquietanti - scattate da Oliviero
Toscani - di una trentina di condannati a morte negli USA] e che affermi il
male che la pena di morte fa a coloro che amano l'America e le sue
istituzioni legali e politiche, che permetta e incoraggi visuali più
articolate della responsabilità morale e dell'azione politica e che offra
nuove prospettive nella discussione sull'omicidio di stato."
   In sostanza Sarat nel suo libro dimostra che l'uccisone di stato è una
risposta ingannevole o, peggio, un'istituzione che non rende la società
americana né più sicura né più sana. Al più, sostiene Sarat, la pena di
morte può dare temporanea soddisfazione alla legittima rabbia di coloro che
hanno perso una persona amata in atti criminosi. Ma la pena di morte è
soprattutto parte di una strategia di governo che rende i cittadini
timorosi e dipendenti dall'illusione di una protezione che arriva dallo
stato, una strategia che divide piuttosto che unire. (Grazia)


6)ANDREA YATES DEVE ESSERE CURATA, NON UCCISA

Andrea Yates è una donna gravemente depressa che 'per punirsi di non essere
stata una buona madre' ha affogato uno per uno i suoi cinque pargoletti il
20 giugno scorso. Dopo il delitto ha chiesto di essere uccisa "da George
Bush" in modo che insieme a lei venga annientato anche il diavolo.
   L'agente David Knapp chiamato col numero di emergenza 911 da Andrea
Yates trovò una donna attonita che respirando affannosamente gli diceva:
"Ho ucciso i miei bimbi." "Che cosa?" rispose Knapp. La donna ripeté
attonita: "Ho ucciso i miei bimbi" poi condusse la guardia in camera da
letto dove i corpicini bagnati dei quattro figli più piccoli erano stati
composti sotto una coperta. Un'altra guardia scoprì poi il cadavere di un
quinto figlio, il più grande che aveva sette anni, ancora immerso nella
vasca da bagno.
   Russell Yates, ingegnere informatico, era uscito di casa alle nove per
recarsi nel suo ufficio presso la NASA ad Houston, sapeva che di lì ad
un'ora sua madre sarebbe andata ad aiutare sua moglie Andrea ad accudire i
bambini. Non era tranquillo nel lasciarla sola, aveva timore che Andrea
potesse suicidarsi ma non immaginava che avrebbe potuto fare del male ai
figli. Verso le dieci e mezza si sentì chiamare al telefono dalla moglie
che con una strana voce gli chiedeva di tornare subito a casa. Preoccupato
chiese se era accaduto qualcosa ai bambini. La moglie rispose di sì. "A
quale dei bambini ?" incalzò. "A tutti" rispose Andrea. Si precipitò a casa
ma la polizia non lo fece entrare e lo mise al corrente dell'accaduto.
Sedendosi in giardino si mise a ripetere per ore: "Come hai potuto far
questo?"
    Il sig. Yates inizialmente ha avuto una forte repulsione ad avvicinare
sua moglie ma, nonostante ciò, è diventato uno dei più convinti oppositori
alla richiesta della pena di morte per lei. Egli, conoscendo bene le
sofferenze di Andrea alla nascita del quarto figlio nel 1999,  i suoi
tentativi di suicidio, il ripetersi della depressione post partum dopo la
messa al mondo di Mary, la quintogenita, alla fine del 2000, si rende ben
conto dell'assurdità di ucciderla per quello che ha fatto. Russell Yates ha
partecipato ad una trasmissione televisiva il 9 dicembre per difendere la
moglie davanti all'opinione pubblica. Lo ha fatto rischiando il carcere
perché ha così violato un ordine perentorio del tribunale che gli aveva
intimato di non parlare del caso per un periodo di 5 mesi.
   Chuk Rosenthal, procuratore distrettuale della famigerata Contea di
Harris, non ha esitato a chiedere  la pena di morte per due distinte accuse
formulate contro Andrea Yates: il caso è eclatante ed ha avuto un grosso
impatto nei media.
   Associazioni femministe e organizzazioni per i diritti umani hanno preso
le difese della madre omicida riuscendo anche a mettere insieme in un primo
momento delle risorse finanziarie. Gli avvocati difensori sono partiti
lancia in resta nella fase preliminare del processo presentando ben 34
eccezioni e la richiesta di non incriminazione per la loro assistita. Le
prime schermaglie legali si sono però concluse a sfavore dell'imputata alla
quale è stata riconosciuta la capacità di sostenere il processo e
l'imputabilità per reato capitatale.
   Una delle eccezioni respinte affermava che l'accusa aveva chiesto la
pena di morte 'in mala fede' esagerando pur di ottenere una condanna per
l'imputata. La pena capitale in Texas non dovrebbe essere infatti comminata
quando si presume che vi sia una scarsa pericolosità futura dell'accusato.
A questa obiezione il procuratore distrettuale ha risposto che solo lui
conosce le prove che lo hanno indotto a chiedere la pena di morte e che non
è obbligato a rivelarle in questa fase. Il processo ad Andrea Yates
comincerà il 7 gennaio con la selezione della giuria.
   Molte delle lettere inviate ai giornali chiedono veementemente la pena
capitale per la 'madre snaturata'. Un sondaggio ha rivelato che circa il
20% dei Texani è favorevole alla condanna a morte di Andrea Yates mentre il
57% opta per l'ergastolo. Possibile che tra coloro che chiedono la pena di
morte per Andrea non ci sia nessuno che abbia sofferto di una forma di
depressione? Se c'è qualcuno che ha provato o solo potuto intuire la
sofferenza senza fondo della condizione depressiva e, nonostante ciò, vuole
ancora infierire contro questa sventurata, costui è veramente un mostro
prodotto dalla mentalità forcaiola della società texana.


7)RITI SATANICI, CONVERSIONE E PERDONO

Opponendosi alla richiesta della pena capitale per l'assassino della
figlia, Jeannette Pop in una conferenza stampa tenutasi il 13 dicembre nel
Campidoglio del Texas ha dichiarato: "Gli perdono per ciò che ha fatto
nella sua vita così come Cristo mi perdonerà per le cose che ho fatto io."
   Nel 1988 in una pizzeria di Austin la ventenne Nancy DePriest fu
stuprata ed uccisa durante un rito satanico. La polizia riuscì a far
confessare il delitto a tale Christopher Ochoa. Il trattamento brutale
inflitto da un poliziotto ad Ochoa indusse quest'ultimo a confessare il
delitto aggiungendo particolari aberranti completamente inventati e a
chiamare in correità un altro giovane, Richard Danzinger. I due furono
condannati all'ergastolo pur essendo innocenti. Passarono dodici anni in
carcere durante i quali Danzinger subì un pestaggio che gli procurò danni
cerebrali e una grave invalidità permanente. Nel 1995 Achim Josef Marino,
il vero assassino, convertitosi al cristianesimo in prigione mentre
scontava tre ergastoli per rapina, cominciò a scrivere delle lettere
accusandosi del delitto. Nel 1998 una di queste lettere giunse a George W.
Bush. Marino scriveva al Governatore che voleva essere "lavato dall'orrendo
crimine, un crimine aggravato ed enfatizzato dall'arresto di due persone
innocenti." Nel 2000 un test del DNA scagionò Ochoa e Danzinger e confermò
la colpevolezza di Marino.
   Achim Marino fu formalmente accusato di reato capitale nel giugno
dell'anno 2000, egli chiese alla madre della vittima se doveva dichiararsi
colpevole ed accettare una condanna a morte. La madre di Nancy, Jeannette
Pop, che si oppone fermamente alla pena di morte per motivi religiosi, gli
rispose che voleva che egli vivesse.
   Nella conferenza stampa tenuta subito dopo aver incontrato Marino al
quale ha offerto il suo perdono, la signora Pop ha detto: "Salvare la sua
vita è la cosa più importante per me in questo momento."  Ed ha aggiunto:
"Non voglio disonorare mia figlia recidendo un'altra vita nel suo nome."
   Jeannette Pop ha invitato i cittadini del Texas a scrivere al
Procuratore distrettuale Ronnie Earle per pregarlo di non chiedere la pena
di morte per Achim Marino. Il Procuratore ha dichiarato che tra i vari
elementi da valutare per decidere in merito ad una richiesta di condanna
capitale vi è il volere della famiglia della vittima.


8)IL GOVERNO CENTRALE NIGERIANO OFFRE UN'INCERTA DIFESA A SAFIYA

Torniamo sul caso di Safiya Hussaini, destinato ad entrare nella storia
della pena di morte di questi anni. In esso si intrecciano strettamente
motivi etici e religiosi, culturali e sociali ma soprattutto politici.
   Safiya Hussaini (vi sono altre trascrizioni del nome come: Safiyatu
Huseini) ha 34 anni, abita con la famiglia paterna nel villaggio di Tungar
Tudu poco lontano da Sokoto, capitale dell'omonimo stato del nord islamico
della federazione nigeriana, è divorziata ed ha cinque figli. L'ultima
nata, Adama, arrivata dopo il divorzio di Safiya, per la Corte islamica di
Gwadabawa è la prova dell'adulterio della madre e la causa della sua
condanna a morte. La condanna alla lapidazione di Safiya è giunta a metà
ottobre del 2001 dopo una vertenza intentata dalla sua famiglia contro
Yakubu Abubakar, l'uomo che avrebbe generato Adama. Il padre cieco di
Safiya aveva convocato Yakubu, già due volte divorziato, per chiedergli di
regolarizzare la sua posizione con la figlia o quanto meno corrispondere un
sostegno economico per la piccola Adama. Quest'ultimo si è rivolto alla
polizia e ha portato Safiya davanti alla Corte islamica con l'accusa di
adulterio. Accusato a sua volta di adulterio presso la stessa Corte ha
negato perfino di aver mai incontrato Safiya. E' stato prosciolto per
insufficienza di prove nonostante egli avesse in precedenza dichiarato alla
famiglia di Safiya, in presenza di due poliziotti, di aver avuto rapporti
con lei.
   Safiya sostiene che i rapporti con Yakubo non furono consensuali ed anzi
di essere stata violentata tre volte da lui.
   Contro la sentenza di morte, Safiya Husseini - che non è stata mia
imprigionata - ha fatto ricorso alla Corte islamica d'Appello della Stato.
Dopo un rinvio dell'esecuzione, il 3 dicembre la sentenza è stata sospesa a
tempo indeterminato fino al giudizio definitivo della Corte Suprema del
Sokoto, anch'essa una corte islamica.
   L'avvocato che difende Safiya, Abdulkadar Imam Ibrahim, non dà molto
affidamento. Si dice sicuro di ottenere il proscioglimento della sua
assistita ma non si capisce da quali elementi tragga questa sicurezza. Non
si è voluto recare nel villaggio di Safiya e non ha chiamato a testimoniare
Yakubu Abubakar, osservando: "E' stato prosciolto, perché procurargli altre
sofferenze?". Dice di essere stato invitato da persone influenti a lasciare
la difesa della sua assistita perché prolungare il giudizio con un processo
di appello non è ritenuto conforme alla legge islamica.
   Tra i pochi avvocati del Sokoto ce n'è uno che è stato compagno di studi
di Ibrahim, il Procuratore generale (alias: Ministro della Giustizia) Aliyu
Abubakar Sanyinna (o Saina). Quest'ultimo ha dichiarato alla stampa: "E' la
legge di Allah. Giustiziando chi sia stato condannato secondo la legge
islamica, si adempie la legge divina e in tal modo non c'è nulla da
temere." Poi ha descritto alcuni particolari del procedimento di lapidazione.
  In favore di Safiya c'è stata una grande mobilitazione che ha fatto
piovere sul Presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo una grande quantità
di appelli da tutto il mondo. Hanno scritto semplici cittadini, autorità
parlamentari e di governo ed esponenti della cultura. Manifestazioni si
sono tenute a Lagos.
   In realtà il Presidente Obasanjo è già dalla nostra parte. Egli infatti
nel 2000 aveva annullato o commutato tutte le condanne capitali, liberando
alcuni detenuti che languivano da venti anni nel braccio della morte. In
favore di Safiya, oltre al Presidente del Senato federale, si è schierato
il Ministro della Giustizia della Nigeria Bola Ige il quale ha qualificato
come "spietata e crudele" la sentenza pronunciata contro di lei e ha
dichiarato che un'esecuzione di tal genere non avverrà in Nigeria. Anche le
Ambasciate nigeriane nel mondo rassicurano i sostenitori di Safiya.
   Come abbiamo osservato nel numero precedente, la situazione di Safiya
Husseini non è semplice, anzi si può affermare che intorno al suo caso si
stiano catalizzando enormi pressioni. L'islamizzazione degli stati del Nord
della Nigeria non è infatti un processo indolore: si stimano in circa 3000
le vittime della collisione tra gruppi islamici e cristiani negli ultimi
due anni. Il Governo centrale, impegnato in un difficilissimo lavoro di
mediazione, ha dovuto sorvolare su delicate questioni costituzionali
lasciando operare le corti islamiche nei riguardi dei cittadini di fede
mussulmana. Le amputazioni e le fustigazioni sono cominciate dall'anno 2000
ed ora compaiono le prime condanne alla lapidazione. Tutto ciò è contrario
alle leggi ufficiali e alla costituzione nigeriana e nessuna lapidazione è
stata fino ad ora eseguita ma non è da escludere che per pusillanimità
delle autorità centrali, per loro oggettiva debolezza o per  ragion di
stato le lapidazioni vengano ben presto portate a termine.
   Safiya Husseini, nel caso in cui venga confermata la sua condanna a
livello statale, potrebbe presentare ricorso alla Corte Suprema della
Nigeria e, in ultima istanza, chiedere la grazia al Presidente Obasanjo. Le
autorità islamiche del Sokoto hanno già dichiarato che non lo consentiranno.
   Il 16 dicembre in occasione delle solenni preghiere della fine del
Ramadan, il dott. Lateef Adegbite, Segretario generale del Consiglio per
gli Affari islamici della Nigeria, ha drasticamente difeso l'applicazione
del codice della Sharia qualificando gli oppositori come ignoranti. Ha
affermato che la Sharia è la legge di Allah, della quale non si può dire
che sia barbara e incivile, e i singoli individui e i gruppi che difendono
i diritti umani non possono passare davanti ad Allah e alla Sua legge.
Adegbite ha invitato la stampa e gli attivisti per i diritti umani a unirsi
per combattere il crimine e ogni atto illecito in modo da rendere la
società un luogo sicuro per viverci. "Il delitto di Safiya è contro la
legge di Allah - ha detto Adegbite -  e lei è stata processata
coerentemente con essa. Perciò il giusto giudizio deve essere adempiuto."
Secondo lui Safiya Husseini potrebbe scampare alla morte soltanto se si
dimostrasse che è stata violentata.
   Un ultimo drammatico aggiornamento: il Ministro della Giustizia della
Nigeria Bola Ige è stato assaltato in casa sua ed ucciso l'antivigilia di
Natale. Egli era il più forte e deciso alleato di Safiya.

   Riportiamo alla pagina seguente il recapito del Presidente della Nigeria
per chi volesse inviare ulteriori appelli in favore di Safiya. Scrivete
tenendo conto che il Presidente ha soprattutto bisogno di essere
incoraggiato ad agire in conformità alle sue convinzioni e alla
Costituzione della Nigeria. Potete copiare la petizione suggerita. Potete
inoltrare la petizione tramite l'Ambasciata della Nigeria - Via Orazio, 18
- 00193 Roma  - embassy at nigerian.it
Testo italiano della petizione: Signor Presidente, ci appelliamo a lei
pregandola di intervenire per impedire che Safiya Husseini, madre di una
neonata che sta tuttora allattando, sia messa a morte. La signora Husseini,
accusata di adulterio, è stata condannata alla lapidazione dal Tribunale
islamico della città di Gwadabawa nello stato del Sokoto. Le Autorità
centrali del suo paese hanno il potere e il dovere di annullare una simile
sentenza. Come estrema istanza, ricorrendo ai suoi poteri costituzionali,
lei, Signor Presidente, potrebbe concedere la grazia. Come dimostra la
rapida crescita del numero dei paesi abolizionisti, la pena di morte
risulta essere in netto contrasto con la maturità etica raggiunta
dall'Umanità. Essa impedisce inoltre lo sviluppo dei Diritti umani, che
solo può portare pace e giustizia tra gli uomini in un mondo tormentato.
Pur essendo in ogni caso contrari alla pena di morte, le sottoponiamo con
particolare preoccupazione il caso della Signora Safiya Husseini in cui il
delitto contestato, il tipo di processo celebrato e il metodo di esecuzione
scelto aggiungono terribili fattori aggravanti alla condanna capitale. Con
viva speranza nel suo autorevole intervento, la salutiamo rispettosamente.

His Excellency
Chief Olusegun Obasanjo
President of the Federal Republic Of Nigeria
Shehu Shagari Way
ABUJA   (Nigeria)

Dear President Olusegun Obasanjo

We appeal to you begging you to intervene to avoid that Safiya Hussaini,
mother of a still suckling baby, is put to death.
   Ms. Hussaini, convicted for adultery, has been condemned to be stoned to
death by the Islamic Court of Gwadabawa, in the state of Sokoto. Your
nation central authorities have the power and the duty of cancelling such a
sentence. By the use of your own constitutional powers, also you could,
dear President, through extreme instance, grant mercy.
   As shown by the fast growth of the number of abolitionist countries,
death penalty harshly contrasts with the ethic maturity reached by Mankind.
Capital punishment bars the way to the development of Human rights, the
only mean to reach peace and justice among human beings in a tormented world.
   We oppose death penalty in all cases, but we submit to your attention
Ms. Safiya Hussaini's case with particular concern, because the crime for
which she has been condemned, the kind of trial she has undergone, and the
method chosen to put her to death add terrible aggravating factors to the
capital punishment itself.
   In the confident hope of your authoritative intervention, we remain
respectfully yours


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9)VOGLIO CONDIVIDERE CON VOI LE EMOZIONI DEL IL MIO  VIAGGIO IN TEXAS

Il miracolo dell'amicizia può migliorare il mondo. Ogni volta che accade,
in un modo nuovo ed irripetibile, ci stupisce e riaccende la nostra
speranza. Ringraziamo Francesca di averci comunicato i suoi sentimenti dopo
aver affrontato da sola la difficile prova di un viaggio in Texas per
incontrare il suo amico Anthony. (Ricordatevi di partecipare e far
partecipare alla petizione in favore di Anthony Nealy all'indirizzo:
www.petitiononline.com/cnealy  )

Salve, sono Francesca, una ragazza di Roma di 21 anni. Scrivo perché voglio
condividere con voi le emozioni che ho provato più di una settimana fa
durante il mio primo viaggio in Texas.
   Circa due anni fa avevo letto un articolo su "Famiglia Cristiana" nel
quale il Comitato Paul Rougeau si offriva di mettere in contatto con un
condannato a morte chi lo avesse desiderato, creando un rapporto
epistolare. Da sempre contraria alla pena capitale, ho scritto e dopo pochi
giorni ho ricevuto un fascicolo del Comitato con un foglio pieno di nomi,
numeri e indirizzi di condannati a morte. Ne ho scelto uno, Anthony, e da
allora non ho potuto più fare a meno di lui.
   Ci siamo scritti con costanza e affetto e dopo 20 lettere piene di
rispetto e comprensione reciproci, ho deciso che era giunto il momento di
conoscerlo. Le difficoltà per organizzare un viaggio del genere sono state
innumerevoli e quelle per trovare qualcuno che venisse con me ancora di
più, tanto che alla fine sono partita da sola.
   Grazie ai consigli di persone disponibili e generose ho potuto
realizzare il mio grande incontro con Anthony.
   La paura dell'aereo, dell'inglese, di guidare una macchina col cambio
automatico, di viaggiare da sola, degli attentati terroristici... è bastato
solo un incrocio di sguardi attraverso quel vetro e ho capito che ne era
valsa la pena!
   Ho conosciuto un uomo speciale che nonostante la sua condizione si è
definito fortunato per avermi conosciuta e che mi ha trasmesso una forza
incredibile per lottare attivamente contro una delle ingiustizie più grandi
che affliggono l'uomo moderno: LA PENA DI MORTE.
   E' lì dentro da tre anni; per 23 ore al giorno deve stare nella sua
cella, senza poter vedere il cielo, senza poter parlare con qualcuno.
   E' stata un'esperienza incredibile! Ho provato emozioni davvero forti, e
anche se non mi è stato possibile potergli stringere una mano o
abbracciarlo, il legame che si è creato tra noi nel giro di pochi minuti è
davvero solido. Abbiamo potuto farci un foto e guardandola non posso fare a
meno di pensare che lo stato del Texas deciderà di uccidere il mio Anthony,
un giorno o l'altro.
   La sua carnagione è scura e...il razzismo non è affatto un problema
superato; almeno da quelle parti. Rischia molto, rischia la sua vita, ma
sta lavorando da solo al suo processo per poter provare la sua innocenza.
Se volete potete aiutarlo a trovare un buon avvocato sottoscrivendo la sua
petizione sul sito  www.petitiononline.com/cnealy ; ve ne sarei grata.
   Vorrei poter pensare al futuro immaginando di incontrarlo senza il
pensiero di un ago mortale puntato sul suo braccio; è difficile, ma l'amore
può fare grandi cose.
   Colpevole o innocente? Non mi interessa; i miei pensieri sono rivolti
alla sua vita, alle sue speranze, alla sua dignità.
   Tornerò da lui; tra meno di un anno. Vorrei portargli delle buone
notizie, per godere ancora del suo splendido sorriso. Aiutatemi a farlo. NE
VALE LA PENA! Grazie.


10)INSERIRE GLI ABOLIZIONISTI IN UN PUBBLICO REGISTRO

Warren E. Barry, senatore della Virginia, il 26 dicembre ha avanzato una
proposta di legge che prevede l'inserimento degli abolizionisti in un
pubblico registro. Nel caso di assassinio di un abolizionista registrato,
all'omicida non verrebbe imposta la pena di morte mentre agli eredi
dell'ammazzato verrebbe richiesto un contributo finanziario per mantenere
l'omicida in carcere. Non si tratta di uno scherzo: il Sen. Barry - il
quale, tra l'altro, dimostra di ignorare che una condanna capitale costa
allo stato più del mantenimento in carcere dell'assassino - avanzerà la sua
proposta durante la prossima sessione legislativa del 2002. Nella remota
eventualità che venga approvata dal Parlamento diverrà operante dal 1
gennaio 2003.
   "La mia proposta - ha dichiarato Barry - dà a chiunque sia sinceramente
contrario alla pena di morte la facoltà di dire: 'voglio mettere il mio
denaro lì dov'è la mia bocca."
   Quale convinto sostenitore della pena di morte, il Sen. Barry, un ex
marine, vuole contrastare con la sua proposta la campagna per la moratoria
della pena capitale nel suo stato.


11)SPOSTAMENTO DEL PROCESSO ALLE GUARDIE DEL BRACCIO DELLA MORTE

Normalmente è la difesa a chiedere lo spostamento di un processo nel caso
in cui ritenga che un ambiente ostile possa nuocere all'accusato. Il 17
dicembre il pubblico accusatore Gregg McMahon ha chiesto di spostare in
altro luogo il processo contro quattro delle guardie che il 17 luglio 1999
pestarono a morte  Frank Valdes detenuto nel braccio della morte della
Florida. La richiesta è motivata dal fatto che nella Contea di Badford -
dove il 7 gennaio dovrebbe riprendere il lavoro di scelta di una giuria
idonea - tutta la popolazione è in qualche modo legata alle attività del
carcere. Come abbiamo scritto nel numero precedente, in due mesi di lavoro,
dopo aver intervistato quasi duemila persone, non si è potuta mettere
insieme una giuria composta da sei giurati (più sei giurati supplenti).
Alla richiesta dell'accusa si è opposta fermamente la difesa degli imputati
che preferisce ovviamente 'giocare in casa'

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Questo numero è stato chiuso il 31 dicembre 2001