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Globalisation of the Yugoslavia
- Subject: Globalisation of the Yugoslavia
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- Date: Wed, 4 Jul 2001 21:05:32 +0200
- Priority: normal
From: "Most za Beograd" Subject: Globalisation of the Yugoslavia Date sent: Wed, 4 Jul 2001 01:32:10 +0200 Globalisation of the Yugoslavia La Jugoslavia è stata - a partire dalla metà degli anni '80 e in particolare nell'ultimo decennio - uno dei laboratori più martoriati e insanguinati della "globalizzazione" capitalistica. Per imporre il proprio dominio economico, politico, culturale, un pugno di grandi potenze - Stati Uniti e Germania in testa, in accordo e in competizione ad un tempo per la spartizione del cruciale crocevia balcanico, affiancate da Francia, Italia e altri partner minori della UE - ha fatto ricorso a) al ricatto e allo strangolamento economico: l'embargo ha colpito sin dal maggio 1992 la RFJ, colpevole prima di tutto di non aderire alla NATO e di non adottare le ricette del FMI, che imponevano la fine delle politiche di difesa sociale per i lavoratori e gli strati più deboli della società e privatizzazioni selvagge di tutto il settore pubblico. In seguito, il ricatto economico si è manifestato nel modo più spudorato nella forma del diktat al governo serbo: o la consegna di Milosevic o niente "aiuti" internazionali; b) all'aggressione militare diretta. Agosto-settembre 1995: 3000 "missioni" NATO in Bosnia per imporre gli accordi di Dayton, e poi, i 78 giorni di terribili e distruttivi bombardamenti della primavera del '99. A questa si accompagna un'aggressione militare indiretta attraverso le milizie dell'UCK, foraggiate e armate da Germania e USA, che hanno operato dal 1996 in Kosovo - e ora in Serbia del Sud e in Macedonia - per creare il casus belli, il pretesto per l'intervento delle grandi potenze (vecchia tattica, ben nota anche all'imperialismo romano antico); c) alla disinformazione strategica, alla globalizzazione della menzogna. Una campagna su scala mondiale pagata a suon di milioni di dollari (se ne è pubblicamente vantato il direttore della Ruder & Finn, James Harf) per demonizzare i dirigenti jugoslavi, colpevoli di opporsi ai piani della NATO e del FMI. E' la "fabbrica del consenso" (analizzata da Noam Chomsky) per giustificare 50 anni di aggressioni USA e NATO contro i popoli del mondo. Si veda ad esempio tutta la campagna mondiale sulla "strage di Racak" del gennaio 1999 in Kosovo, che figura al primo punto delle imputazioni del tribunale dell'Aja contro Milosevic. Essa si è poi rivelata il frutto di una montatura, orchestrata dal capo della missione OSCE William Walker, già agente della CIA in Salvador e in Honduras tra il 1974 e il 1982 (cfr. gli articoli di Tiziana Boari sul Manifesto del 15.4.00 e 6.2.01), per non parlare delle migliaia di "fosse comuni" in Kosovo annunciate da Clinton e mai trovate dalle truppe della KFOR, o del piano "Ferro di cavallo" di "pulizia etnica" del Kosovo, inventato di sana pianta dal governo tedesco (cfr. Serge Halimi e Dominique Vidal, "Cronaca di una disinformazione", Le monde diplomatique - il manifesto, marzo 2000, pp. 10-11; o il più ampio e recente libro del giornalista Juergen Elsaesser, "Le menzogne della Nato in Kosovo: perchè Milosevic non è colpevole"). d) all'ingerenza massiccia nella vita interna della Jugoslavia: con un massiccio investimento di risorse economiche e mezzi tecnologici viene lautamente finanziata attraverso fondi diretti del dipartimento di Stato americano e della UE e, indiretti, attraverso le ONG sostenute dal multimiliardario Soros, la "Opposizione Democratica Serba" (DOS), sostenitrice di un programma economico neoliberista totalmente basato sulla dipendenza dai capitali occidentali (cfr. il programma degli economisti jugoslavi del "G-17") e dalla NATO (cfr. il recente e dettagliato opuscolo di R. Giusti, A. Hoebel e F. Grimaldi, La NATO in Jugoslavia: dalla guerra al colpo di Stato, La città del Sole, Napoli, 2001); e) alla costituzione di un tribunale "internazionale", alle dirette dipendenze degli USA, con uno statuto e una procedura che fanno violenza a tutta la civiltà giuridica europea e al diritto internazionale. Il Tribunale, nei fatti, non rispetta diversi principi di legge assolutamente fondamentali: la separazione dei poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario), parità fra accusa e difesa, presunzione di innocenza finché non si giunge ad una condanna. Il Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra è stato fondato nel 1993 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (15 membri dominati dai grandi poteri e dal veto USA), su insistenza del Senatore Albright. Il normale canale per creare un Tribunale come questo, come a suo tempo ha puntualizzato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, avrebbe dovuto essere "attraverso un Trattato Internazionale stabilito ed approvato dagli Stati Membri che avrebbero permesso al Tribunale di esercitare in pieno nell'ambito della loro sovranità" (Rapporto No X S/25704, sezione 18). Tuttavia, Washington ha imposto un'interpretazione arbitraria del Cap.VII della Carta delle Nazioni Unite, che consente al Consiglio di Sicurezza di prendere "misure speciali" per restaurare la pace in sede internazionale. Può essere la creazione di un Tribunale una "misura speciale"? E' arduo pensarlo! Il Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra è esso stesso non legale. Senza precedenti nella storia della legge, il Tribunale ha avuto pieni poteri di costituire le proprie leggi e i regolamenti - regolamenti che nei fatti ha modificato frequentemente. Attraverso una procedura totalmente ridicola, il Presidente può apportare variazioni di sua propria iniziativa o ratificarle via fax ad altri giudici! (regola 6). Vi è un'altra norma creativa. Le leggi del Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra hanno il carattere della retroattività, emanate e confezionate per adattarsi ai fatti, dopo l'evento. Ancora peggio: il Procuratore (l'Accusa) può anche cambiare queste norme (la Difesa non lo può fare). E non esiste un "giudice per le indagini preliminari" che investighi sulle accuse e le contro-accuse. Il Procuratore conduce l'inchiesta nel modo che più gli aggrada. La Corte può ricusare un avvocato della difesa o semplicemente non ascoltarlo, se lo ritiene "aggressivo" (regola 46). Il Procuratore può, con il consenso dei giudici, rifiutare di concedere all'avvocato difensore di consultare libri, documenti, foto e altro materiale probatorio (regola 66). Inoltre, la fonte testimoniale e di informazioni può essere tenuta segreta. Questo significa che agenti CIA possono riempire i dossier del Tribunale con accuse raccolte illegalmente (attraverso intercettazioni foniche, corruzione, furti) senza averle sottoposte ad alcun tipo di verifica o di controllo incrociato. Anche i rappresentanti di altri Stati (partecipanti nel conflitto, ma alleati degli Stati Uniti) possono sottoporre informazioni confidenziali senza alcuna formale richiesta in merito. Un atto di accusa può rimanere segreto "nell'interesse della giustizia" (regola 53), in modo tale che l'accusato non possa difendersi nei modi normali. Un sospetto, cioè qualcuno che non è ancora stato imputato, può essere detenuto per novanta giorni prima di essere accusato, un tempo più che sufficiente per estorcergli forzatamente una confessione. Inoltre, la regola 92 stabilisce che le confessioni saranno ritenute credibili, a meno che l'accusato possa provare il contrario. Mentre, in qualsiasi altra parte del mondo, l'accusato è ritenuto innocente fino a quando non sia provata la sua colpevolezza. Nessun Tribunale nazionale, negli Stati Uniti o in qualsiasi altra parte del mondo, potrebbe operare in una tale maniera platealmente illegale o arbitraria. Ma quando questo serve a condannare i nemici degli Stati Uniti d'America, allora i principi della legge non valgono più di tanto. In accordo con i padroni del mondo, il diritto appartiene ai più forti e ai più ricchi. [cfr. al proposito Christopher Black e Edward Herman, Il manifesto del 27 e 28 maggio 2000; Raniero la Valle, Liberazione, 4.4.2001; Kosta Cavoski, http://emperors- clothes.com/articles/cavoski; M. Collon, http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/913). In tal modo i "globalizzatori" vincenti vogliono esercitare la loro vendetta su scala globale - da un simbolico e spettacolare patibolo mondiale - su chi ha provato ad opporsi e a resistere loro sul piano economico, politico, militare. La "globalizzazione" della Jugoslavia - il suo inglobamento quale paese subordinato e ligio agli ordini delle grandi imprese transnazionali e della NATO - appare in tutta evidenza nei tempi e modi in cui interviene l'arresto (notte del 31 marzo) e la consegna all'Aja (28 giugno) dell'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic da parte di un governo di "compradores" giunto al potere nell'autunno scorso a suon di milioni di dollari e marchi, con l'appoggio logistico-militare della NATO e che nel giro di pochi mesi ha peggiorato enormemente le condizioni di vita della popolazione, soppresso praticamente la libertà di stampa e di informazione, sbattuto in prigione centinaia di militanti di sinistra, scacciato con la violenza e sostituito illegalmente i dirigenti socialisti delle imprese pubbliche (la maggior parte delle imprese del paese), per costruire un'oligarchia corrotta e mafiosa, pronta a svendere il paese, non dissimile nella sostanza - fatte le debite proporzioni - da quella che ha imperversato per un decennio nella Russia eltsiniana (cfr. E.Vigna, Jugoslavia 2001, La Città del Sole, Napoli, 2001) L'arresto e la deportazione all'Aja di Milosevic sono avvenuti puntualmente, con un sincronismo che non lascia adito a dubbi, a seguito di un aperto e palese, anzi, volutamente ostentato e gridato, ricatto economico degli USA e degli altri paesi "donatori": era stato il governo USA a porre la data del 31 marzo come termine ultimo per la concessione di un "aiuto" di 50 milioni di $ ed è stato ancora il governo USA a minacciare di boicottare la conferenza dei "donatori" del 29 giugno se Milosevic non fosse stato consegnato all'Aja, un tribunale del tutto squalificato moralmente nel momento in cui la sua procuratrice Carla del Ponte, sorella gemella di Madeleine Albright, tanto inflessibile e tenace nel perseguire Milosevic, archivia su due piedi (giugno 2000) l'incriminazione contro i capi di Stato e i militari della NATO per reati contro l'umanità, documentati e riconosciuti dagli stessi esecutori e mandanti: il massacro del convoglio di profughi albanesi a Djakovica (75 morti e 100 feriti), il bombardamento della televisione jugoslava con l'uccisione di giornalisti e tecnici che vi lavoravano, il bombardamento dell'ambasciata cinese, l'impiego massiccio di proiettili all'uranio, l'uso di bombe a frammentazione, il bombardamento delle industrie chimiche, e di case, scuole, ospedali, ponti, acquedotti, centrali elettriche, fabbriche come la Zastava: oltre 5000 morti, la stragrande maggioranza dei quali civili inermi, vecchi, donne, bambini, un intero paese distrutto e inquinato letalmente per secoli, con la moltiplicazione esponenziale di leucemie e tumori. "Anche per chi condivide il giudizio negativo su Milosevic, quanto è accaduto è la più grave violazione di ogni principio di diritto mai attuata nel mondo cosiddetto democratico. E' un ritorno alle barbarie. Gli USA hanno agito come una mafia del racket: o mi dai l'80% dei tuoi introiti, o ti faccio saltare il cantiere. Confidiamo che questo sia un punto di svolta, sia per una popolazione jugoslava ingannata, tradita e massacrata nella sovranità, nella dignità, nella vita, sia per l'opinione pubblica internazionale che non potrà non rendersi conto, al di là delle puntualissime montature su eccidi e fosse comuni, da quale parte stiano i veri briganti. La crisi istituzionale irrecuperabile, le condizioni delle masse, lo scontro Djindjic-Kostunica, la crescente mobilitazione della popolazione, anche alla luce del complotto USA contro l'unità della Macedonia, aprono un capitolo nuovo e incontrollabile nella tragedia dei Balcani" [Ramsey Clark, ex-ministro della Giustizia USA, in F. Grimaldi per Liberazione di sabato, 30 giugno, versione integrale]. Col processo di Milosevic all'Aja da parte di un tribunale internazionale che è sul libro paga delle principali potenze imperialiste (lo dichiara apertamente il portavoce NATO Jamie Shea, quando osserva, a proposito di una possibile incriminaione della NATO all'Aja: "Non credo che il tribunale vorrà mordere la mano che lo nutre") i "globalizzatori" intendono celebrare, in concomitanza col summit di Genova, il trionfo dei vincitori, impuniti e impunibili per i loro crimini contro l'umanità - dalle bombe all'embargo, dall'Iraq alla Palestina ai Balcani, passando per le aree desolate e immiserite dell'Africa, per il genocidio degli indios, per lo strangolamento economico attraverso gli "aiuti" dei "donatori", che distruggono spietatamente vite e culture e storia di chi osa resistere, di chi non vuole piegare il capo. Milosevic all'Aja, questo tribunale simbolo di una giustizia "globalizzata" sotto il bastone USA e NATO, è oggi a tutti gli effetti un prigioniero politico della NATO. E' un prigioniero politico al pari di Ocalan, anch'egli accusato di orrendi delitti dal regime turco sostenuto da Stati Uniti e Israele e colpevole solo di difendere il suo popolo e i lavoratori kurdi dai crimini di quel regime, dalla rapina dell'acqua e delle altre risorse del territorio kurdo. E' un prigioniero politico come lo è stato per decenni Nelson Mandela, che si è battuto contro un regime di apartheid a lungo sostenuto dalla "comunità internazionale". E' un prigioniero politico che un tribunale politico vuole condannare per assolvere i governi della NATO dai loro crimini contro l'umanità. Milosevic all'Aja è il primo prigioniero politico dell'era della "globalizzazione". Deportandolo proprio il giorno della festa nazionale serba di San Vito, aggiungendo umiliazione ad umiliazione per il popolo serbo, i potenti del mondo - i poteri forti che hanno massacrato il paese per spartirsi il controllo di corridoi energetici, vie di comunicazione, risorse, manodopera sottopagata, addomesticata e flessibile - vogliono manifestare la loro onnipotenza, vogliono celebrare i loro fasti, vogliono assolvere se stessi e dichiarare al mondo che la loro menzogna è l'unica verità, dimostrare che essi hanno non solo facoltà impunita di affamare e immiserire i popoli col meccanismo degli embargo e degli "aiuti" con la conseguente morsa del debito, non solo di bombardarli senza pietà quando osano dire di no, non solo di ingerirsi apertamente nelle loro vicende interne pagando a suon di dollari i loro serbvi fedeli e genuflessi, ma anche di decretare di fronte al mondo, spettacolarmente e spudoratamente, che essi sono la Giustizia e la Verità. Essi sono la mano che blocca le vie di comunicazione ed embarga i popoli, essi sono la mano che elargisce elemosine condizionate, essi, la mano che bombarda, essi la mano che giudica e condanna. Essi, come Dio e più di Dio, come si vantava il generale americano Wesley Clark, possono togliere o dare la luce al mondo, essi, i dicitori di verità, i dispensatori di giustizia... Col processo Milosevic all'Aja si stringe ancor più il cerchio del totalitarismo della "globalizzazione": nello stesso gruppo di potere si concentrano non solo i capitali e le armi, ma anche la produzione e comunicazione della "verità" e l'amministrazione della giustizia sulla base di questa "verità". Di questo totalitarismo bisogna prendere coscienza, contro di esso bisogna battersi. Per questo è importante far cadere sui piedi dei "globalizzatori" la pietra che essi hanno sollevato - a Genova come all'Aja. Qui non è in gioco soltanto e principalmente la sorte di un uomo, che col coraggio e la dignità sinora dimostrati potrebbe trasformare il tribunale asservito dell'Aja in una tribuna d'accusa per i crimini della NATO. Qui è in gioco qualcosa di molto più importante, indipendentemente dalla figura e dal ruolo di Slobodan Milosevic nella storia jugoslava degli ultimi 10 anni. Qui è in gioco la libertà dei popoli di tutto il mondo, la possibilità di resistere e organizzare resistenza di fronte a un potere che vuol concentrare in sé tutti i poteri, quello economico, quello politico, quello militare, quello giudiziario, di fronte a un potere che si pretende depositario assoluto della Verità, che vuol togliere ai popoli oppressi e sfruttati del mondo non solo le risorse, la terra, l'acqua, l'aria, la vita, ma anche l'anima, anche l'ultima possibilità di pensare con la propria testa. Anche in questo la guerra contro la Jugoslavia è stata una guerra "costituente". Per questo è di vitale importanza inserire tra gli obiettivi dell'azione contro la "globalizzazione capitalistica", a Genova e dopo Genova, in un movimento che sia capace di durare e dare filo da torcere ai signori della terra e della guerra, la delegittimazione del tribunale dell'Aja. Per questo va posto l'obiettivo della liberazione dei prigionieri politici degli USA e della NATO, a partire da Ocalan e Milosevic. --- Un ponte per Belgrado in terra di Bari - Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava via Abbrescia 97, 70121 BARI - 0805562663 - most.za.beograd at libero.it ------------------------- end diffuso da:
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