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Al mercato della paura



AL MERCATO DELLA PAURA 
di Marco Deriu (2002)
Tratto da Europa Plurale :
http://europaplurale.supereva.it
L'autore sarà ospite del prossimo festival della Rete
Lilliput a Fidenza (settembre 2004).

Angosce sociali, ideologia della sicurezza e business
dopo l'11 settembre.

Per decenni nei paesi occidentali siamo stati abituati
a credere che l'affermarsi parallelo dei sistemi
politici democratici e dello sviluppo economico,
avrebbe portato alla realizzazione di una società del
benessere che avrebbe ridotto la fatica e la violenza
e di un sistema politico pacifico che avrebbe ridotto
gli attriti e il ricorso alla guerra sul piano delle
relazioni internazionali. 
Queste legittime aspirazioni oggi credo abbiano ben
poco di credibile e non riescono più a contrastare un
senso di angoscia e pessimismo che si sta diffondendo
verso la capacità del "sistema" economico politico
attuale di assicurare pace, tranquillità, benessere.
L'attacco alle Twin Towers - oltre ai morti
effettivi.- ha avuto un effetto simbolico e
psicologico devastante. Il panico da antrace e le
ipotesi di bioterrorismo delle settimane successive
non hanno fatto altro che rincarare la dose. Quello
che è andato definitivamente in frantumi è l'ultimo
baluardo della sicurezza, quella militare di fronte ad
un possibile nemico. Gli attentati e la vicenda
carbonchio, hanno chiarito la natura della condizione
postmoderna in cui ci troviamo. 
Non c'è più un nemico, un esercito definito, chiunque
può essere un nemico. Non c'è più un arma definita,
qualsiasi cosa può diventare un arma. Non c'è più un
bersaglio o uno scopo verso cui si può prevedere che
si scatenerà l'attacco o la violenza. 
Sotto attacco ci sono tutti i luoghi simbolici ovvero
tutti gli spazi di tranquillità e di normalità delle
nostre società. Sono i nostri incubi peggiori a
suggerire le prossime armi e i prossimi obiettivi. 
La strategia terroristica è una strategia del panico
su larga scala. Lo scopo è una paura generalizzata. Il
sistema più forte e potente viene messo in ginocchio
così attraverso la produzione di un senso di
insicurezza e di angoscia diffuso. Abbiamo imparato
molto velocemente, da questo punto di vista, che un
mondo più interconnesso e interdipendente può anche
essere un mondo più fragile ed esposto alla violenza.
Più la violenza è diffusa, rapida, veloce,
delocalizzata, meno è prevedibile e controllabile. 
La globalizzazione è anche globalizzazione dell'odio,
della violenza e del panico. Le armi Cbrn (chimiche,
biologiche, radiologiche, nucleari) sono quelle che
colpiscono di più il nostro immaginario. Intanto
perché possono passare e colpire attraverso i beni
naturali fondamentali - acqua, cibo, aria - e
secondariamente perché sono armi di distruzione di
massa. Bastano otto grammi di antrace per causare lo
stesso numero di morti in un chilometro quadrato di 32
tonnellate di bombe convenzionali o di 5 chili di una
bomba atomica. Stando agli esperti sembra che non sia
poi così difficile acquistare colture di bacilli di
antrace o di altri bacilli pericolosi per produrre
armi batteriologiche. Il carbonchio può essere
richiesto direttamente in uno dei 45 istituti nel
mondo che custodiscono ufficialmente questo germe. In
molti paesi si può addirittura ordinarlo per posta
(fino a qualche anno fa anche negli Usa). Anche per
quanto riguarda le armi chimiche, si può evidenziare
come gli elementi per costruirle sono nei fatti
sostanze molto comuni (le stesse usate per pesticidi,
o fertilizzanti, o realizzazione di materie plastiche)
e quindi si trovano dappertutto. Le attrezzature per
produrre questo genere di armi in grande scala sono
molto costose ma per produzioni più limitate e senza
particolari livelli di sicurezza diventa abbastanza
facile perfino in un laboratorio improvvisato in una
cantina. 
Come era ovvio aspettarsi, negli Stati Uniti, ma anche
in Italia (come negli altri paesi) nelle settimane e
nei mesi successivi all'attentato e ai casi di
inquinamento da Antrace sono comparsi decine di libri
e riviste dedicate al terrorismo nella sue forme di
attentati violenti e di bioterrorismo. Tra i tanti
esempi che si possono citare, agli inizi di novembre
una guida ai programmi televisivi (che in quel periodo
pompavano il caso antrace) telesette, diffondeva come
allegato il settimanale di salute e bellezza Viversani
& belli con il titolo "Rischio Carbonchio. Come
difendersi".. Nello stesso periodo il numero di
novembre di Newton usciva con un inchiesta sul
bioterrorismo di 20 pagine. In copertina una donna in
tuta di sicurezza e la scritta: "Siamo in pericolo?
Cosa sono e come funzionano le armi chimiche e
batteriologiche. I rischi e le strategie di protezione
in Italia". Il Corriere della sera e il Corriere
Salute hanno supportato invece il libro di Giovanni
Baldoni Bioterrorismo. Come difendersi, I libri di
Corriere Salute, Roma, 2001. Tra i tanti libri usciti
tra la fine dell'anno scorso e l'inizio di quest'anno
ricordo il libro curato da Pietro Greco Bioterrorismo.
Antrace, gas nervini e bombe atomiche. Quali rischi e
come possiamo difenderci, Editori Riuniti, Roma, 2001,
il libro di Nicola Borzi e Giulia Crivelli I killer
invisibili. Bioterrorismo, le nuove minacce e le
difese, Il sole 24 Ore libri, 2001, il libro di
Adriana Bazzi Bioterrorismo, Laterza 2002, le
traduzioni di Wendy Barnaby, L'incubo dell'untore.
Guerra e terrorismo biologico, Fazi Editore, Roma 2001
e Jake Carson, Bioterrorismo e armi chimiche. Come
sopravvivere, Piemme. Su Internet si possono trovare
anche i teorici dell'"anti-bioterrorismo fai da te"
come per esempio Chet Day, direttore di Health &
Neyond Weekly, che apre il suo sito domandando a
grandi lettere: "Do you have a defense plan for your
family to survive Smallpox, or other horrific
bioterrorism diseases?" Day spiega che un "vecchio
scrittore di 54 anni che ama pensare per se stesso"
come lui, non si fida delle autorità, e soprattutto
non ha fiducia che il governo ci dica la verità quando
sono a rischio il potere, i soldi e la sicurezza
nazionale. 
Dunque Chet Day offre la possibilità di scaricare a
pagamento via internet una guida per un piano di
difesa contro anthrax, smallpox, piaghe bubboniche ed
altre minacce bioterroristiche, dal titolo "Biological
Terror. A consideration of ancient and alternative
tratments of catastrophic deseases". Il rapporto si
caratterizza fra l'altro per la proposta di ricorrere
ai trattamenti alternativi e omeopatici. Insomma la
medicina "verde" in questo caso esplicitamente come
antidoto ai nostri incubi bioterroristici per soli 34,
95 dollari. Non a caso, nella classifica dei libri
Amazon il più venduto è stato per parecchi giorni il
volume "Germs" sugli attacchi batteriologici, finché
non è andato completamente esaurito. Non è solo
l'informazione su questi temi a proliferare ma anche
tutto un mercato di gadget antiterrorismo. La Mayo
Clinic in collaborazione con la Roche Diagnostics per
esempio ha sviluppato un "New Rapid Anthrax Test" per
identificare rapidamente campioni di antrace in
ambienti o in esseri umani. La Bayer ha fatto fortune
lanciando sul mercato il ciprofloxacin (Cipro), un
antibiotico orale a largo specchio (usato contro 14
tipi di infezioni) adatto per combattere il carbonchio
(la malattia causata dal bacillo dell'antrace) che ha
avuto un successo commerciale enorme. 
Il 21 ottobre 2001 la Bayer confermava il suo supporto
alla U.S. Food and Drug Administration e annunciava la
volontà di immettere sul mercato 200 milioni di
tavolette di Cipro per i tre mesi successivi: "con la
scorte enormemente ampliate di Cipro che la Bayer sta
ora producendo, combinate con le forniture di
doxycyclina e penicillina prodotta da altra industrie
farmaceutiche, l'azienda crede che la popolazione ha
ogni ragione di essere assicurata che le autorità di
salute pubblica saranno in grado di occuparsi
rapidamente e efficacemente di ogni minaccia di
antrace".. Qualche giorno dopo (24 ottobre) la Bayer
annuncia uno storico accordo per assicurare 300
milioni di tavolette Cipro al governo USA per 95
milioni di dollari solo per il primo anno. L'azienda
Acambis di Cambridge ha realizzato un contratto di 343
milioni di dollari per fornire agli Stati Uniti 40
milioni di dosi di vaccino anti-vaiolo. 
Negli ultimi mesi tutti i prodotti anti-terrorismo
hanno avuto un riscontro di mercato impressionante che
ha trovato naturalmente un pendant sui mercati
finanziari. Le società che producono sistemi di
sicurezza elettronici come Viisage o InVision hanno
avuto un vero e proprio boom, e aziende specializzate
come B.E. Aereospace - un'azienda della Florida
specializzata in allestimenti per interni di aerei e
veivoli che ha annunciato un innovativo sistema di
sicurezza per cabine di pilotaggio - hanno visto
innalzare in pochi giorni il proprio titolo Nasdaq,
del 50%.. Nello stesso periodo ci sono state anche
numerose speculazioni finanziarie di aziende che hanno
visto schizzare in alto le loro azioni di fronte ad
annunci di prodotti antiterrorismo in realtà non
esistenti o non testati. Tutte le imprese high-tech
hanno lanciato o riproposto sistemi di sicurezza di
ogni genere: dagli impianti di controllo e depurazione
a raggi UV, ai Chemical agent monitor (CAM), dai
"canarini elettronici" alle "nanosentinelle" ai "nasi
elettronici". E poi tute protettive, guanti, maschere
antigas. La Coast to Coast Safety Inc di Long Beach,
ha proposto un kit di guanti di gomma e maschera
antigas e anti batteri a 10 dollari. In Italia vi sono
diverse aziende che commercializzano questo genere di
articoli. La "Maschere Antigas"a Rimini, la "Secura" a
Firenze, la "A+A Monferrato nel torinese, la "Stalg" o
la "Green Service" a Roma. Sempre nella capitale si
trova la "D.P.I. (Dispositivi Protezione Individuale
S.r.l.)" l'azienda leader in Italia nel settore della
protezione dell'individuo che ha mosso i suoi primi
passi nel gruppo Pirelli fin dalla prima metà del
'900. La DPI produce apparecchi per la protezione
della vista, tute antiacido, rilevatori di gas,
maschere antigas, filtri, autorespiratori ecc. Nel
pieno della psicosi terroristica, la DPI ha
prontamente predisposto una serie di prodotti in
vendita via Internet (Vd. http://www.dpisekur.com/):
un "Kit disposable apertura posta per emergenza
batteriologica" con un respiratore e guanti in
neoprene a soli € 10,35 + Iva, un più sicuro "Kit per
apertura posta per emergenza batteriologica" con una
semimaschera in gomma sintetica, guanti e filtri a €
43,33 + Iva e infine un più completo "Kit per
l'emergenza terrorismo" a € 129,11 + Iva con tanto di
maschera Selecta a pieno facciale, filtri Biostop anti
batteriologici e chimici e relative borse custodia. Il
tutto ordinabile immediatamente via internet con
spedizione diretta a casa. Molte di queste aziende
hanno visto improvvisamente aumentare richieste per
prodotti di difesa contro attacchi biologici e
batteriologici e alcune hanno ottenuto un bel guadagno
in questa situazione. La logica di garantire la
sicurezza privatamente conduce naturalmente fino
all'ipotesi di chiudersi in casa, quindi di sigillare
gli ambienti e di dotarsi di "Armadi filtranti"per
l'aria per essere sicuri e tranquilli. E poi
cos'altro? Sul numero citato di Newton, Francesco
Iacono, presidente di Powerbreathe, un'azienda
italiana, promuove un gadget assolutamente
imperdibile: "Entro Natale in Italia sarà disponibile
uno zainetto "salvavita", che conterrà una speciale
maschera con respiratore, come quelle da sub,
collegata ad una bomboletta di ossigeno da mezzo
litro. In caso di contaminazione dell'aria basta
indossarla per essere isolati dal resto dell'atmosfera
e per riuscire a respirare normalmente per almeno
mezz'ora, sufficiente per allontanarsi dalle zone a
rischio". 
Di questo passo presto avremo anche i bunker formato
famiglia (sono certo che esistono già in commercio).
Dunque un'ipertecnologizzazione della sicurezza per
chetare le nostre paure. "Helping our nation secure a
peaceful and free world through technology" è, non a
caso, lo slogan dei Sandia National Laboratories, i
laboratori della Sandia Corporation che lavorano per
il Dipartimento dell'Energia Usa e che vantano la
maggiore responsabilità nel campo della sicurezza
nazionale. Ma la tecnologia ci può veramente guarire
dalla paura? A me pare che a dispetto
dell'investimento di soldi, energie, risorse, menti,
questo dispiegamento tecnologico rappresenta una
deriva irrazionale, un vero e proprio delirio mentale
delle nostre società. 
Portata ai suoi termini estremi questo tipo di
ricerca, porterà a proporre come garanzia di sicurezza
la privatizzazione dell'aria, dell'acqua, del cibo.
Recinterà le persone. Creerà dei minimondi. Si tratta
in fondo di una forma moderna di micro-enclosure. La
proprietà privata una volta si affermava recintando
una fetta di terra o della proprietà e tenendo fuori e
lontano la gente. Oggi questa forma di enclosure
paradossalmente si sta riducendo a tal punto che gli
scienziati non si sentono paranoici, disturbati o
semplicemente stupidi a progettare degli "zainetti
salvavita" con respiratore in caso di contaminazione. 
La cosa drammatica è che se guardassimo il mondo
dall'esterno non potremmo evitare l'impressione che
noi oggi spendiamo gran parte delle nostre risorse e
del nostro impegno per ripulire il mondo dalle
conseguenze delle nostre azioni precedenti. Ci
troviamo a disattivare i prodotti tecnologici come le
mine o le bombe, di cui abbiamo disseminato il mondo,
a ripulire e bonificare il territorio dagli agenti
chimici che abbiamo disperso. Ci troviamo a reprimere
la povertà, la rabbia e l'oppressione che abbiamo
contribuito a creare in altri paesi e in altre
popolazioni. Attualmente l'isola di benessere che ci
siamo costruiti si trova a confrontarsi con una
molteplicità di pericoli incombenti reali o immaginari
che siano: dall'inquinamento ambientale, agli attacchi
terroristici, alle paure connesse alla crescente
immigrazione di gruppi di disperati in cerca di un
futuro. 
A fronte di una popolazione del sud del mondo sempre
più sradicata dalle appartenenze tradizionali, dalle
forme culturali, sociali ed economiche che
assicuravano un equilibrio ed un'integrazione oggi ci
troviamo davanti una massa di oltre 30 milioni di
rifugiati, profughi, sfollati che sono esiliati dalle
loro case, dalle loro comunità. Nei loro paesi
sembrano non avere più un futuro, nessuna cittadinanza
possibile. Una mole immensa di esclusi e reietti che
sembra minacciare i nostri sogni e la nostra
tranquillità. Ma sul piano interno non va molto
meglio. Nel suo libro La solitudine del cittadino
globale Zygmunt Bauman allude alla compresenza nelle
nostre società di tre tipi di insicurezza:
l'insicurezza esistenziale (riguardante il senso, i
valori e i riferimenti di fondo), l'incertezza o la
precarietà (riguardante i riferimenti materiali,
sociali, economici che determinano le condizioni di
vita), l'insicurezza personale (incolumità, ..minacce
al nostro corpo, ai nostri cari, alle nostre proprietà
e beni). 
Le paure, le angosce, il senso di insicurezza che ci
attanagliano hanno a che fare con un intreccio fitto e
complesso di questi diversi elementi. La mancanza di
riferimenti ideali, e di una produzione sociale di
senso e la conseguente perdita di fiducia nel prossimo
e nella comunità, l'incertezza verso il proprio
futuro, un senso sempre maggiore di solitudine; una
forte disoccupazione (un miliardo di disoccupati nel
mondo, duemilioni e seicentosessantanovemila soltanto
in Italia), la crisi e la trasformazione del lavoro
verso forme più flessibili, incerte, atipiche,
precarie, non garantite, la perdita delle forme
tradizionali di solidarietà e di sostegno, la svendita
e la dissoluzione delle garanzie sociali e dei sistemi
di welfare, l'erosione delle identità e delle
appartenenze tradizionali e delle reti di sostegno
sociale, la distruzione delle strutture collettive di
relazione e azione, l'accresciuta competitività e il
prevalere di una concorrenza sempre più spietata; la
presenza diffusa di una microcriminalità ma anche di
una criminalità organizzata in continua lotta per il
controllo del territorio e una diffusione della
violenza sociale. Tutti questi aspetti vanno a
comporsi in un disagio, in una paura, in un senso di
insicurezza generalizzato che è difficile da chiarire
e controllare se non superare. In questa situazione
molti politici possono sfruttare queste ansie e paure,
possono manipolare l'incertezza per motivi strumentali
e per ottenere consenso verso politiche di sicurezza e
ordine pubblico che non altro significato che quello
di esorcizzare un'angoscia diffusa e profonda, di
distogliere l'attenzione dai problemi più reali e
profondi. Nei fatti si crea un "fronte esterno" ed un
"fronte interno" legati alla paura. Rispetto al
"fronte esterno" si realizza una demonizzazione
continua di politici e personaggi di altri paesi (da
Saddam Hussein, a Milosevic, a Bin Laden) ritenuti
responsabili del disordine internazionale e delle
peggiori minacce, e quindi si giustifica un crescente
ricorso allo strumento bellico; mentre sul "fronte
interno" gli immigrati e le alterità locali diventano
rappresentanti sospetti di culture "barbare" e
violente e assumono la funzione di capri espiatori
dell'ansia e dell'insicurezza sociale, giustificando
una sempre più ampia deroga ai diritti civili. 
Sia nel fronte interno che in quello esterno, questa
identificazione di un nemico o di un colpevole, svolge
la funzione tipica dei meccanismi sacrificali, ovvero
ricompattano la comunità contro qualcosa che è al
tempo stesso interno ed esterno, prossimo e straniero.
Nell'opposizione comune agli immigrati o al Bin Laden
di turno numerose persone cercano un senso di identità
e unità che non c'è più, creano un "noi"
artificialmente e per opposizione anziché per
condivisione e solidarietà. 
Come ha notato Zygmunt Bauman, "Nella sua forma pura e
non manipolata, la paura esistenziale che ci rende
ansiosi e preoccupati è ingovernabile, irreprimibile e
perciò paralizzante". Piuttosto che guardare negli
occhi questa verità si preferisce ridurre e incanalare
questa enorme e schiacciante paura e questo senso di
insicurezza in elementi più piccoli, in questioni più
maneggevoli, che ci possano dar l'impressione di stare
cambiando qualcosa. Da questo punto di vista le
istituzioni politiche e gli amministratori sono di
scarso aiuto.
Tutto quello che possono fare e che stanno cercando di
fare è - a loro volta - di "convogliare l'ansia,
estesa e diffusa, verso una sola componente della
Unsicherheit, quella della sicurezza personale,
l'unico ambito in cui qualcosa può essere fatto e
viene effettivamente fatto. Il guaio è che mentre un
intervento efficace per debellare, o perlomeno
mitigare, l'insicurezza e l'incertezza richiede
un'azione comune, gran parte delle misure adottate in
nome della sicurezza personale producono divisione:
seminano il sospetto, allontanano le persone, le
spingono a fiutare nemici e cospiratori dietro ogni
polemica o presa di distanza, e finiscono per isolare
ancora di più chi vive isolato. Ma la cosa peggiore è
che tali misure non solo lasciano intatte le vere
fonti dell'ansia, ma consumano tutta l'energia che
esse generano: un'energia che potrebbe essere
utilizzata molto più efficacemente se venisse
incanalata nello sforzo di riportare il potere
nell'ambito dello spazio pubblico gestito
politicamente". Così la città che era stata pensata
come un rifugio, un'oasi di sicurezza, protezione e
pace, ora, nella sua forma moderna, metropolitana,
viene naturalmente associata alla paura e al pericolo,
mentre la campagna e la città sono pensate come più
tranquille e immacolate.Molte paure dunque sono
diventate paure urbane, per così dire "interne",
"prossime", "domestiche". 
Non sono solo le porte sprangate e rafforzate da
griglie di ferro, o i cancelli videosorvegliati, non
sono solo i sistemi di sicurezza, i metal detector,
gli allarmi antifurto e antiintrusione, ma anche i
condomini sorvegliati, i quartieri o comunità
recintate e protette, i vigilantes e le guardie
notturne assunte, gli spazi ad accesso riservato, la
scorta di protezione, le auto blindate, i servizi
privati di protezione delle persone o di aziende.
Infine, e forse soprattutto, le persone - sempre più
numerose - che chiedono e si informano su come avere e
tenere un'arma in casa. La novità è che nelle nostre
città il senso di insicurezza e di pericolo non
riguarda più solo specifiche classi sociali o fasce
ristrette ma è più diffuso e generalizzato. Dunque la
tendenza è verso una privatizzazione della sicurezza.
Anche a questo livello dunque prolifera ovviamente il
mercato della paura. Ci sono aziende specializzate che
operano per offrire qualsiasi tipo di gadget per la
sicurezza. In America - sottolinea Marco D'Eramo - "le
ditte private raccolte nell'American Society for
Industrial Security erano 32 mila e fatturavano 104
miliardi di dollari (220 mila miliardi di lire). Ma
interrogati dal New York Times, i manager di una ditta
newyorkese prevedono che il fatturato raddoppierà nei
prossimi mesi, crescendo di altri 100 miliardi di
dollari".. Prendiamo due esempi. Ci sono ditte come la
Visioncs e la Visage che vendono apparecchi biometrici
sofisticati per l'identificazione facciale per
aeroporti al costo di quattro miliardi di lire l'uno.
Ma ci sono anche ditte che offrono prodotti alla
portata di tutti; ad esempio l'americana TBO-TECH
Self-Defense Products, nel suo catalogo online offre
prodotti per l'autodifesa che vanno dalla
telesorveglianza, alle pistole, agli spray al
peperoncino, agli allarmi personali, alle telecamere,
ad armi di vario genere. In Francia stando a una
ricerca della Marketing Resarch for Industry (MSI) il
mercato dei sistemi di sicurezza elettronica nel 2001
è cresciuto del 7%. In Europa si è distinto il gruppo
svedese "Securitas" che nel 2001 ha ottenuto un
beneficio netto in rialzo del 39%, pari a 128 milioni
di euro. La sua cifra di affari è aumentata del 48%
raggiungendo 6,54 miliardi di euro. Anche in Italia
c'è un numero infinito di aziende che si vanno
specializzando in questa direzione. L'Usai per esempio
è specializzata in porte blindate e corazzate, roller
block, persiane e inflissi blindati e in sistemi di
sicurezza sia meccanici che elettronici. L'Italradar
propone impianti antifurto civili ed industriali,
impianti televisivi a circuito chiuso. La Mega Italia
progetta e installa sistemi multifunzionali di
sicurezza antifurto, antirapina, antincendio, di
controllo e domotica. Impianti, sistemi e servizi di
sicurezza sono offerti anche da A3 Elettronica, Global
System, Studio Sicurezza Snc., 3S Sicurezza, A4
Sicurezza e Alta Tecnologia per la Sicurezza. La U.M.
Elettronica è specializzata invece nella progettazione
di particolari sistemi di sicurezza per proteggere le
aree esterne di qualsiasi abitazione o immobile
industriale. 
La Worldwide Detective Security, offre vigilanza
privata, sistemi di sicurezza, sorveglianza. La "Csm
italia antifurti e sistemi di sicurezza" offre alle
"persone di buon senso" (sic!) dei sistemi di allarme
che sono in grado di rivelare la presenza di gas
narcotizzanti (quelli usati dai ladri) nella casa e di
dare l'allarme. L'Eurometal Italia s.r.l. una ditta
che propone (http://www.eurometalitalia.com)
dispositivi di allarme antifurto e di telesoccorso
senza fili, addirittura nella sua presentazione online
per vendere i suoi prodotti tenta di spaventare la
gente con una sequela di dati e di considerazioni del
tipo: "Problema: cosa fa più paura di un ladro in
casa?… Omicidi, aggressioni e violenze di ogni tipo.
Chi ha subito un furto sa che non stiamo esagerando".
E continua con un vero e proprio elenco di minacce
alla sicurezza "Oggi la realtà è questa: 22 case
svaligiate in ogni ora della giornata. 6 furti su 10
sono commessi con le persone in casa. 1 cittadino su 3
è convinto che negli ultimi 5 anni la sicurezza della
zona in cui si vive sia molto peggiorata. 68 italiani
su 100 ritengono il pericolo dei furti più dannoso
della droga. 15.000.000 di lire l'importo medio dei
danni da furto". L'importanza della paura e della
sicurezza come articoli di mercato lo si capisce anche
dal successo che stanno avendo negli ultimi anni le
fiere dedicate al tema della sicurezza e della
protezione che si svolgono tra l'altro in Italia,
Inghilterra, Francia. La mostra internazionale
biennale italiana "Sicurezza" che giunge quest'anno
(la mostra si terrà a Milano il 20 e 21 novembre) alla
undicesima edizione, è cresciuta molto nelle ultime
edizioni. Già nel 1998 aveva registrato la presenza di
568 espositori provenienti da tutto il mondo e oltre
40.000 visitatori (ci cui 4600 dall'estero),
raddoppiando le presenze rispetto al 1996. Ci sono
altre fiere analoghe come "Sicurezza mediterranea" (si
è tenuta nel settembre del 2001) che è stata visitata
da 125.000 persone. Ci sono poi fiere analoghe in
Inghilterra - "Security Solutions 2002" che si terrà
dal 13 al 16 maggio a Birmingham e "Expo protection
2002" che si terrà a Paris-Nord Villepinte dal 5 all'8
novembre, con una particolare attenzione al pericolo
fuoco. In molte città gli amministratori reagiscono
rafforzando l'immaginario sicuritario e intervenendo
con politiche di sicurezza e di polizia. Per esempio
nella mia città, l'anno scorso sono state installate
31 nuove telecamere anti-criminalità. Per l'occasione
il vicesindaco ha dichiarato sul giornale locale che
questo sistema "è stato progettato per dare
tranquillità ai cittadini. Le telecamere hanno la
funzione di far diminuire il numero di crimini
commessi". Naturalmente è solo una questione di
immagine, un operazione psicologica che funziona non
come deterrente ma come tranquillante. È impensabile
che realisticamente alcune telecamere possano
aumentare la sicurezza dei cittadini. Il progetto
viene proposto come se la telecamera giocasse il ruolo
della diretta, mentre più verosimilmente può al limite
svolgere una funzione in differita. L'unica funzione
reale che possono avere delle telecamere disposte qua
e la nella città è infatti quella documentale, ovvero
di registrazione di un evento in rapporto a un
processo investigativo, nel caso fortuito che il fatto
sia avvenuto entro il campo visivo della telecamera
che registra in quel momento. Delle telecamere di
questo tipo infatti non potranno mai evitare un fatto
criminoso in presa diretta, a meno che lo sguardo di
sorveglianza sia talmente accurato e ravvicinato da
scrutare continuamente ogni sguardo, ogni movimento,
ogni gesto "ambiguo", per sospettare, presupporre un
possibile evento criminoso, in modo da interpretare e
prevenire addirittura uno specifico comportamento. Ma
quanto sarebbe intrusivo, invasivo, irrispettoso,
oppressivo uno sguardo di questo genere? Che garanzie
abbiamo sulla nostra privacy? Quanto siamo disposti a
farci frugare nelle nostre tasche, nei nostri gesti,
nei nostri occhi per ricevere (forse) un pizzico di
tranquillità in più? E quanta forza di polizia
dovrebbe presidiare il territorio per intervenire
prontamente in tempo reale di fronte alla possibilità
di un crimine o a un fatto appena commesso? L'ipotesi
di un controllo militare del territorio è proprio la
soluzione dei nostri problemi o questo non ne
genererebbe di altri, forse più gravi ancora? 
In questo clima giocano un ruolo importante anche i
mass media. 
Bastano pochi episodi per lanciare già il clima e le
campagne da "Emergenza criminalità" e tener su le
notizie per un bel pò. Nella mia città le campagne
mediatiche sulla sicurezza finiscono immancabilmente
per preparare e giustificare agli occhi della
cittadinanza delle retate generiche contro i
clandestini dipinti in quanto tali come esseri
colpevoli di ogni genere di nefandezze. 
Il fatto è che oggi come ha sottolineato Zygmunt
Bauman "Non lo stare insieme, ma l'evitarsi e lo star
separati sono diventate le principali strategie per
sopravvivere alle megalopoli contemporanee". 
Non è forse questo il motivo che spiega il fatto che -
come suggeriscono i dati Instat - la criminalità è
diminuita, mentre la paura è vistosamente aumentata?
La privatizzazione della sicurezza infatti non solo
non è una risposta, ma costituisce in realtà una parte
del problema, perché aumenta la diffidenza, la
distanza sociale e l'aggressività anziché la ricerca
di soluzioni comuni. La sicurezza in realtà è
soprattutto un articolo valido per il mercato
economico e per quello politico (non è un caso che la
questione ritorni così spesso durante i periodi
elettorali). 
È uno slogan politico e un progetto di società
sponsorizzato da leader politici, da industrie della
sicurezza e anche dai mass media.. 
Si può dire dunque che oggi ci troviamo a confrontarci
con delle "paure ufficiali", delle paure nominabili,
con una forma, un contorno, una possibile
rappresentazione che coprono tuttavia delle paure più
profonde che non sono nominabili, perché sono informi
o sconosciute o perché ci inquietano troppo, o perché
in termini sociali sono disdicevoli. Le paure
ufficiali sono costruite, sono cioè in gran parte
artefatte, propagandate, gonfiate dai mass media. Sono
politiche e strumentalizzabili e possono servire
facilmente una causa elettorale. Sono economiche e
redditizie e rappresentano un'espansione del mercato
attraverso gli angoli oscuri e malati del nostro
sistema sociale e del nostro stile di vita. 
Ma non si può evitare di osservare che quello in cui
viviamo è un sistema che mette in vendita tamponi per
le ferite e le angosce che continuamente infligge agli
altri e a se stesso. È un sistema cannibalico che
divora se stesso, che vive pasteggiando nelle ferite
della propria carne. È assurdo, ma è così: la
violenza, il terrorismo, gli attentati come le
contaminazioni, e perfino le paure, il panico, le
sofferenze per non parlare della guerra e dei
bombardamenti sono integrati nel sistema economico.
Seguono le normali modalità dell'economia. 
Il sistema non si mette in discussione ma trova un
accomodamento nevrotico. 
Non riflette sulle cause e su come eliminare le
premesse del male, della violenza, della paura,
dell'insicurezza, ma risponde con più tecnologia, più
economia, più potere militare, più dolore, più
ingiustizia. È una sorta di circolo vizioso che
trascina tutti verso il fondo, senza che ce ne
accorgiamo e senza che facciamo nulla per contrastare
questa dinamica. Sognare un mondo diverso significa
dunque anche imparare a guardare in faccia le nostre
paure, le nostre angosce, le nostre sconfitte e capire
cosa di diverso ci è possibile fare. 
In termini personali di fronte all'insicurezza e alla
paura, comportarsi da persone libere significa non
proiettare la colpa sugli altri, non cercare facili
capri espiatori alle proprie angosce. 
In termini politici, invece, la sfida è quella di
aprire una riflessione più ampia sulla possibilità di
praticare percorsi alternativi alla militarizzazione
del territorio e alla privatizzazione della sicurezza.
Significa smettere di investire su politiche di
sicurezza e puntare invece su politiche che producano
riconoscimento, che rafforzino le forme di legame
sociale, che restituiscano un senso di fiducia senza
la quale nessuna città e nessun paese può
sopravvivere. Politiche che stimolino sia a livello
locale che internazionale tentativi di ascolto delle
diversità.. Politiche che puntino sulle pratiche di
incontro, sul sostegno reciproco e la solidarietà.
Politiche per esempio che cerchino di aumentare il
grado di tranquillità e di serenità attraverso un
controllo sociale diffuso e pacifico anziché
attraverso una violenza privata o nazionale.

Marco Deriu
Alfazeta Observer



                
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