"LIBERE E LIBERI DI ESSERE". LA SEZIONE ITALIANA
DI AMNESTY INTERNATIONAL
ADERISCE AL BARIPRIDE 2003 La Sezione Italiana di Amnesty International aderisce al Baripride 2003, in programma domani a Bari. I soci dell'organizzazione per i diritti umani sfileranno con uno striscione che recita "Libere e liberi di essere". "In circa 70 paesi del mondo lesbiche, gay, bisessuali e transessuali non possono vivere libere e liberi di essere ciò che sono, non possono essere se stessi" - ha dichiarato Gianfranco Dognini, vicepresidente della Sezione Italiana di Amnesty International, che guiderà a Bari la rappresentanza dell'organizzazione per i diritti umani. "L'identità sessuale è parte integrante della personalità di ciascun individuo, le leggi o le pratiche discriminatorie che la perseguitano o la reprimono violano i diritti fondamentali della persona. Amnesty International si batte perché i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali siano considerati a pieno titolo diritti umani". La partecipazione di Amnesty International al Baripride si inserisce nel quadro della campagna IO NON DISCRIMINO, lanciata dall'organizzazione nel mese di marzo. Tra i casi di vittime di discriminazione sessuale che Amnesty presenterà a Bari vi è quello di Wyssam Tawfiq Abyad, un gay egiziano condannato nel febbraio di quest'anno a 15 anni di carcere per "depravazione abituale": il 16 gennaio si era presentato a un appuntamento al Cairo con un ragazzo con cui era entrato in contatto attraverso un sito internet. La persona in questione si era rivelata essere un agente delle forze di sicurezza. In circa 70 paesi vi sono leggi che puniscono gli atti sessuali con persone del proprio sesso. Secondo le informazioni di Amnesty International, la pena di morte per omosessualità è prevista in quattro paesi: Arabia Saudita, Sudan, Mauritania e Iran. In Malaysia, nell'aprile 2003 l'ex vice primo ministro Anwar Ibrahim si è visto respinto l'appello contro una condanna a nove anni per sodomia. Nel luglio 2002 gli era stato già respinto l'appello contro la condanna a sei anni di carcere per accuse di corruzione, comminata nel 2000 dopo un processo iniquo. Si tratta di un prigioniero di coscienza, la cui presunta omosessualità è stata utilizzata per estrometterlo dalla vita politica del paese. In Uganda rimangono in vigore leggi discriminatorie contro gay e lesbiche. Nel marzo 2002 il presidente Museveni, in un discorso durante un convegno dei capi di governo del Commonwealth in Australia, ha dichiarato che i buoni risultati nella lotta contro l'Aids in Uganda sono stati ottenuti perché nel paese non vi sono omosessuali. Il 30 agosto dello stesso anno, il ministro dell'Etica e dell'Integrità ha ordinato alla polizia di arrestare e condannare gli omosessuali. Per tutto l'anno, agenti delle forze di sicurezza hanno continuato a sottoporre a vessazioni membri della comunità gay, e diverse persone sono state arrestate per motivi legati al loro orientamento sessuale. L'Ecuador è tra i pochissimi paesi al mondo ad includere nella propria Costituzione un articolo contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale (gli altri paesi sono Canada, Irlanda, Nuova Zelanda, Sudafrica e Svizzera). Ciononostante, nel paese latinoamericano la discriminazione e gli abusi per motivi legati all'orientamento sessuale sono molto frequenti. La tortura continua a essere usata per umiliare e punire detenuti Lgbt. Nel mese di aprile, due adolescenti transessuali sono stati "venduti per sesso" dalle guardie ad altri prigionieri del centro di detenzione provvisoria di Guayaquil. La situazione è grave anche in Egitto, dove nel maggio 2002 il presidente Mubarak ha ordinato un nuovo processo per 50 dei 52 uomini processati nel 2001 a causa della loro presunta omosessualità. Nel marzo 2003 il tribunale ha condannato a tre anni di carcere 21 degli imputati e ne ha rilasciati altri 29. Le condanne inflitte agli altri due imputati del processo originario sono state confermate: Sherif Farahat è stato condannato a cinque anni di carcere e Mahmud Ahmed Allam a tre anni di carcere. Nel corso del 2002 sono stati assolti in appello nove uomini condannati in primo grado a tre anni di carcere per "depravazione abituale". Gli uomini hanno dichiarato di essere stati torturati e maltrattati durante la detenzione. Dalla Giamaica pervengono ripetute segnalazioni di violenze nei confronti di omosessuali commesse sia dalla polizia sia da semplici cittadini. Nel gennaio 2002 il governo ha rifiutato di abrogare la legislazione che considera illegali i rapporti sessuali in privato tra uomini adulti consenzienti. A ottobre il Regno Unito ha concesso lo status di rifugiato a un omosessuale con la motivazione secondo cui l'omofobia è così grave in Giamaica da costituire una seria minaccia per la sicurezza personale. Il 24 giugno la Corte costituzionale dell'Austria ha dichiarato incostituzionale la norma che prevedeva una diversa età minima per rapporti sessuali consenzienti tra omosessuali maschi rispetto a quella prevista per gli eterosessuali e per le lesbiche. Poco meno di un mese dopo, il parlamento ha approvato l'eliminazione dell'articolo discriminatorio dal codice penale. Pur accogliendo con favore la decisione, Amnesty International ha espresso preoccupazione perché gli emendamenti legislativi non si applicavano ai casi in corso e perché i gay già condannati secondo la precedente normativa non potevano essere riabilitati con la cancellazione del reato dal certificato penale. Nella sua azione per la protezione e la promozione dei diritti umani di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, Amnesty International chiede ai governi: il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza, imprigionati unicamente a causa del loro reale o presunto orientamento sessuale o dell'identità di genere, per aver difeso i diritti di persone LGBT o per aver promosso l'educazione su Hiv/Aids; la revisione delle leggi che permettono la detenzione di persone unicamente a causa del reale o presunto orientamento sessuale, che criminalizzano i rapporti omosessuali consenzienti in privato, comprese le leggi sulla "sodomia" e sulla disparità relativa all'età minima nei rapporti sessuali consenzienti; la fine di violenze, abusi sessuali, torture e maltrattamenti; la massima protezione per i difensori dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, e a coloro che lavorano nel contesto dell'educazione su Hiv/Aids e che potrebbero essere posti a rischio di attacchi a causa del loro reale o presunto orientamento sessuale; l'avvio di programmi di educazione ai diritti umani di tutte le persone senza distinzioni di genere, orientamento sessuale, razza, origine etnica, religione o altro credo. FINE DEL COMUNICATO Roma, 6 giugno 2003 |