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dall'OCI - Che fare (Fwd) A proposito di terrorismo




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From:           	"Claudio Nobile" 
To:             	<glr.y@iol.it>
Subject:        	A proposito di terrorismo
Date sent:      	Sat, 15 Sep 2001 22:46:29 +0200

A proposito di terrorismo

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Pubblichiamo di seguito la nostra presa di posizione a caldo sugli 
attentati terroristici di New York e Washington. Sappiamo ancora una 
volta di essere una voce fuori dal coro, che non si piega  a stracciarsi 
le vesti in maniera sguaiata solo perché ci troviamo di fronte a dei 
morti dell'Occidente, come fanno in tanti che invece riescono a 
digerire allegramente i morti e le aggressioni prodotti dalla nostra 
"civiltà",  non corriamo a genufletterci ai piedi dei valori occidentali e 
dei suoi cani da guardia solo perché la voce del padrone dichiara la 
fine della ricreazione e chiama tutti a mettersi in riga. Mai come in 
questo momento è necessario mantenere i nervi saldi, non rinunciare 
alle proprie idee e soprattutto riflettere. Riflettere sul perché si possa 
arrivare ad una così forte determinazione tale da mettere in gioco la 
propria vita: da cosa è prodotta una così radicale motivazione? 
Qual'è l'utilizzo che si cercherà e già si cerca di fare della forte 
emozione ed indignazione prodotta da tante morti?  

Come tante altre volte ci diranno che stiamo dalla parte del 
"colpevole" di turno da Saddam, a Milosevic, a Gheddafi: stavolta 
saremo accusati di essere gli sponsor di Bin Laden o di chi altro si 
cercherà di mettere nel mirino della nuova aggressione che si va 
preparando?   Ma noi continuiamo a mantenere le nostre posizioni 
convinti che i nostri lettori siano in grado di capire "da che parte 
stiamo" effettivamente e cioè incondizionatamente a fianco delle 
ragioni e della lotta delle masse oppresse, irriducibilmente contro il 
superterrorismo esercitato dai governi e dagli eserciti occidentale 
per mantenere ed estendere il dominio imperialista. 

Per chi sia interessato a capire più a fondo le ragioni della nostra 
posizione, che poi sono quelle del comunismo rivoluzionario di 
sempre, l'invito è quello di sfogliare tra i numeri precedenti del nostro 
giornale presenti su questo sito ed in particolare gli articoli 
premonitori comparsi nei nn. 47 e 48 del che fare, a ridosso della 
precedente azione di terrorismo internazionale condotta dagli USA in 
Sudan e in Afganistan. 

Infine ai pacifisti nostrani e ai presunti comunisti da operetta che si 
cagano letteralmente addosso e rinunciano persino a quel tanto di 
opera di flebile denuncia esercitata in precedenza, segnaliamo la 
coerenza dei pacifisti statunitensi dell'International Action Center che 
dal centro di New York prendono una ferma presa di posizione (da 
noi tradotta in italiano) contro quanto si va preparando da parte dei 
governi occidentali. 


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AL NOSTRO POSTO

La spettacolare azione terroristica compiuta negli Stati Uniti 
d’America è destinata ad avere effetti profondi sulle masse di tutto il 
mondo.

Essa dimostra in maniera lampante la vulnerabilità, anche della più 
grande potenza militare e poliziesca mai vista sulla faccia della terra, 
di fronte a forme di lotta estreme e disperate come gli attentati 
suicida.

Per le masse oppresse arabo-islamiche e di tutto il Terzo Mondo 
quest’azione viene vissuta come un piccolo risarcimento per la 
rapina e l’oppressione di cui sono quotidianamente vittime da parte 
delle “civili” potenze occidentali e per le continue aggressioni 
terroristiche militari condotte dagli eserciti di queste stesse potenze 
dietro le ipocrite insegne della “pace” e dell’”umanitarismo”.

E’ proprio questa, oramai plurisecolare, azione di saccheggio, di 
sfruttamento e di aggressioni condotte con armi micidiali ed 
efficientissime (ricordiamoci del Napalm, delle bombe al fosforo, dei 
“missili intelligenti”, delle bombe all’uranio ed altre delizie della 
tecnologia del civile occidente usate nelle missioni più recenti), a 
spingere verso forme di lotta estreme settori crescenti delle masse 
sfruttate del Terzo Mondo a cui non rimane altro modo per esprimere 
la loro ribellione al micidiale schiacciamento e terrorismo cui sono 
sottoposti.

Quindi, ammesso che si trattasse di trovare le cause che producono 
una diffusione crescente del terrorismo, queste vanno ricercate 
proprio nelle azioni politiche economiche e militari messe in atto 
dalle potenze imperialiste occidentali. Perché il terrorismo degli stati 
suscita inevitabilmente il terrorismo dei popoli.

La ferocia con cui lo Stato di Israele attua la politica di repressione 
contro i palestinesi, in nome e per conto di tutto l’occidente 
imperialista, dimostra che essa non fa che aumentare la 
disperazione e la determinazione dei palestinesi e fa crescere le 
leve di giovani votati al martirio che non vedono alternative credibili al 
loro destino di stranieri e prigionieri nella loro patria.

Tra le popolazioni ed il proletariato dell’Occidente l’azione 
terroristica negli Usa provoca all’immediato sgomento, orrore, paura, 
sentimenti comprensibilissimi poiché scoprono improvvisamente di 
potersi trovare in prima linea in una guerra che non si osserva più 
comodamente come una fiction dalle TV di casa propria all’ora di 
cena, ma che può entrare realmente dentro casa nostra, dentro i 
nostri posti di lavoro.

La reazione spontanea è quella di “chiamarsi fuori”, di dire a se 
stessi “io non c’entro”, e magari, di chiedere ai propri governi una 
maggiore e più efficace opera di prevenzione e repressione del 
fenomeno terroristico, per tenerlo lontano dalle nostre “civili società”.

Ma ciò sarebbe doppiamente sbagliato, innanzitutto perché proprio 
l’azione condotta negli Usa dimostra l’inefficacia dell’azione 
poliziesca a prevenire tutte le azioni condotte con simili forme di 
lotta, e secondo perché si fornirebbe in questo modo l’alibi ed il 
consenso ai governi occidentali per accentuare la loro politica di 
aggressione verso le masse oppresse di tutto il mondo con la scusa 
di voler colpire il terrorismo internazionale.

La conseguenza di tale politica sarebbe appunto quella di aumentare 
le ragioni di odio e di ribellione contro tutto l’Occidente, della 
disperazione per la sproporzione delle armi in campo e per il senso 
di isolamento di quelle lotte, e, quindi in una crescita del terrorismo a 
scala ancora più vasta.

Si tratta invece di prendere atto definitivamente che non possiamo 
continuare a far finta di non capire, o, peggio ancora, manifestare il 
nostro consenso verso l’azione di rapina, di sfruttamento di risorse 
umane e materiali, di terrorismo, che è tale anche se condotto da 
“eserciti regolari” del democratico Occidente in nome di un 
fantomatico diritto internazionale, cioè del diritto del più forte del più 
armato a colpire e sfruttare il più debole.

Non possiamo continuare a girare la faccia da un’altra parte quando 
l’azione di macello terroristico viene esercitata dalla Nato o dall’Onu 
contro i popoli del Terzo Mondo e poi sorprenderci, inorridire, 
esecrare solo quando qualche schizzo di sangue (che è la millesima 
parte di quello provocato dalla “nostra civiltà”) ci tocca da vicino.

Fino a quando dalle metropoli occidentali non si leverà lo stesso 
grido di battaglia contro quelle macchine di violenza e di terrore che 
sono gli stati terroristi occidentali, contro il capitale imperialista per la 
sua azione di saccheggio e sfruttamento, le masse oppresse dei 
paesi poveri continueranno a ritenere di trovarsi di fronte un mondo 
occidentale omogeneo ed unito in tutte le sue classi sociali. Da ciò si 
può solo rafforzare la convinzione che la ritorsione terroristica, anche 
indistinta nei suoi obiettivi, è l’unica arma rimasta ai popoli oppressi 
dall’imperialismo per manifestare la propria ribellione.

E’ necessario, è urgente invece che il proletariato occidentale separi 
in maniera aperta e conflittuale le sue responsabilità dai propri stati, 
e dalla classe borghese che è la principale beneficiaria della politica 
di rapina e di aggressione verso i popoli del Terzo Mondo.

Quella classe borghese che in nome del mercato e del Dio profitto 
(…a proposito di fondamentalismo) non esita oramai ad attaccare 
progressivamente anche quelle “garanzie” che il proletariato 
occidentale si era conquistato in anni di dure lotte, che si erano 
potute avvantaggiare delle conseguenze della parallela crescita della 
lotta antimperialista nei paesi oppressi.

Sono questi Stati, sono i rappresentanti del capitale finanziario e dei 
partiti politici borghesi, che mentre ci attaccano da tutti i lati, ci 
chiedono di esprimere la nostra solidarietà il nostro sostegno nella 
lotta contro il terrorismo internazionale. Il messaggio, nemmeno tanto 
nascosto, che ci viene inviato è quello di formare una “unione sacra” 
dell’Occidente per continuare a schiacciare meglio e sfruttare ancora 
più intensamente i popoli oppressi, promettendoci qualche briciola in 
cambio da questa opera di rapina, o almeno, di rallentare l’attacco 
nei nostri confronti.

E’ un invito che va rispedito al mittente perché “un popolo che 
opprime un altro popolo non sarà mai libero”. Del resto, anche se 
volessimo farci tentare da questo dannato patto scellerato sarebbe 
come fornire la corda al boia che vuole impiccarci. Risulta evidente 
infatti che le difficoltà del capitalismo a scala mondiale, nonostante 
l’incredibile aumento dell’opera di rapina nei confronti del Terzo 
Mondo di questi ultimi anni, sono in notevole aumento e spingono la 
borghesia occidentale ad attaccare sempre di più il proprio 
proletariato. Quindi un sostegno da parte della classe lavoratrice alla 
politica imperialista della propria borghesia, al crescente militarismo 
e autoritarismo che inevitabilmente l’accompagnano, significa fornire 
ulteriori strumenti e forza a quest’ultima per portare avanti l’attacco 
contro se stessi.

Sta a noi invece, tirare fuori dalle secche del terrorismo, 
costituzionalmente inadeguato a condurre una lotta conseguente in 
grado di aggredire alle radici il potere e le cause del dominio 
capitalistico, le sterminate masse oppresse che ne sono attratte per 
mancanza di alternative e di interlocutori credibili.

Sta a noi trasformare quell’enorme potenziale di lotta che si 
manifesta nei popoli oppressi dall’imperialismo in una componente 
decisiva dell’unico esercito mondiale in lotta contro la disumana ed 
incivile società capitalistica in grado di produrre solo violenza, 
sfruttamento e alienazione a tutti i livelli per mantenere in vita un 
oramai antistorico e antisociale sistema fondato sulla produzione per 
il profitto a discapito della stragrande maggioranza dell’umanità.

Per fare ciò dobbiamo combattere contro il tentativo degli stati 
occidentali di utilizzare la presunta lotta al terrorismo come arma per 
nuove aggressioni, dobbiamo soprattutto riconoscere le ragioni di 
quelle sterminate masse in lotta per la liberazione dall’imperialismo.

Nessuna solidarietà a chi ci chiede di schierarci dietro le insegne 
degli stati oppressori e terroristici dell’occidente, ma appello all’unità 
fraterna e classista internazionale di tutte le masse dominate dal 
capitalismo globalizzato. Contrastiamo da subito il veleno razzista 
che si cercherà di diffondere contro gli islamici (dipinti come invasati 
per definizione) e contro l’ulteriore giro di vite che si cercherà di dare 
alla condizione di tutti gli immigrati, approfittando delle campagne 
antiterrorismo.

Lo possiamo fare lo dobbiamo fare, perché non abbiamo che da 
perdere le nostre catene di schiavi, relativamente privilegiati del 
capitalismo, ma abbiamo la possibilità di superare la barbarie in cui 
lo sfruttamento capitalistico ci sta precipitando e di conquistarci un 
mondo nuovo a misura della specie umana arrivata a questo livello di 
sviluppo.

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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