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Per una vera Carta dei Diritti in Europa
Nel popolo di Seattle vi sono almeno due atteggiamenti diversi nei confronti
della Carta. C’è chi preferisce approvarla per poi migliorarla, poiché è
comunque meglio che una Carta europea dei diritti esista, come per esempio la
Ces (la Confederazione dei sindacati europei) e chi, valutandola più arretrata
e perciò insidiosa rispetto alle Costituzioni nazionali, a partire dalla
nostra, ritiene giusto contrastarla. Nel caso specifico di Rifondazione, il
voto contrario è stato determinato anche dall’accordo bipartisan tra
maggioranza e opposizione, essendo improbabile che un patto con il Polo possa
spingere il governo ad una azione migliorativa sul piano della tutela dei
diritti democratici e sociali, al vertice di Nizza. In ogni caso, tutte le
componenti del movimento sono fortemente critiche nei confronti della Carta,
per i seguenti motivi:
1) I diritti della Carta sono affermati in astratto e non ancorati ad un
progetto politico-sociale di Europa. In sostanza, quali sono i presupposti per
l’affermazione e la tutela dei diritti? Per noi è la realizzazione di una
uguaglianza sostanziale tra i cittadini sul piano politico, economico, sociale,
culturale. E per gli estensori della Carta? Forse il libero mercato? Non è
chiaro, anzi nel testo esiste una vera e propria clausola anti-diritti là dove
all’art. 52 si afferma che i diritti “si esercitano nelle condizioni e nei
limiti definiti dai trattati stessi”, ergo i parametri finanziari hanno la
precedenza su ogni diritto.
2) Il diritto al lavoro è declinato nella più debole formulazione del diritto a
lavorare e a cercarsi un lavoro. Le due diciture non sono equivalenti, se lo
fossero sarebbe stata adottata la prima più semplice, diretta e immediata. La
distinzione consiste in questo: il diritto al lavoro richiama un concetto di
cittadinanza forte, che nell’ambito di una società capitalistica si realizza
nell’esercizio di un lavoro regolare, stabile e sindacalmente tutelato. Il
diritto a lavorare e a cercarsi un lavoro rimanda a condizioni di lavoro
precarie, sottopagate, non tutelate.
3) E’ assente il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali. E come potrebbe essere diversamente? Tale
principio non è stato smentito a livello teorico e materiale anche rispetto
alle Costituzioni nazionali, con la recente aggressione militare alla
Jugoslavia ed alle sue popolazioni civili? E cosa è stata, che cos’è una
“guerra umanitaria” se non una pena di morte generalizzata? Dopo un tale
evento, sono accettabili solo parole assolutamente nitide che affermino il
valore della pace sia come fine, sia come mezzo della politica estera europea.
4) Infine, è assente un principio di partecipazione democratica e popolare in
relazione alla stessa costruzione europea, nella quali i soggetti costruttori
sono stati finora le banche, i grandi centri economico-finanziari ed organismi
sovra-nazionali privi di legittimità democratica. La volontà di promuovere o
anche solo di accettare una tale partecipazione è stata platealmente smentita
con la repressione poliziesca di Nizza e di Ventimiglia. Una Carta dei diritti
richiama la necessità di un processo costituente che veda come soggetto
principale un parlamento eletto a suffragio universale dai popoli europei, non
un vertice di capi di stato che redige buone e generiche intenzioni, senza
neppure riuscire ad inserirle nei propri trattati.
Roderigo