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Vertenza per i "soggiorni negati" a Roma, e i kurdi di Foggia...



Chi è più infelice, Hasan Rashidul o Dicoop?
Sono entrambi giovani lavoratori bengalesi.
Dicoop aveva chiesto di legalizzarsi due anni fa. Come almeno 40mila altri
immigrati, a due anni di distanza ancora attendeva. S'era fidato delle
promesse del ministero degli Interni, e non aveva presentato appello contro
l'espulsione inopinatamente notificatagli dal commissariato dell'Eur
(peraltro illegale, perchè doveva essere preceduta dal diniego della sua
istanza). Infatti la sua pratica era identica a quella di altri immigrati
che, con le stesse "prove" avevano avuto il permesso di soggiorno.
Attendeva con ansia la revisione del suo fascicolo da parte della questura.
Invece ora si ritrova a Ponte Galeria, in attesa di rimpatrio. Se non
l'hanno già caricato sul primo aereo.
Hasan il permesso di soggiorno l'aveva finalmente ottenuto, invece. Il 19
ottobre, pochi giorni fa. Era felice: finalmente poteva volare a casa,
finalmente inserirsi nellavoro legale... S'è accorto di un errore nella
trascrizione del suo numero di passaporto, è tornato al commissariato
Viminale per correggerlo. Gli hannos equestrato il prezioso pezzo di carta,
e gliel'hanno revocato formalmente. Motivo? Due anni fa aveva presentato un
certificato di domicilio risultato non veritiero...
A Roma sono ancora almeno tremila le pratiche "disperate". Dieci giorni fa
il ministero degli Interni aveva assicurato che avrebbero avuto esito
positivo, tutte, anche quelle di chi, caduto per disperazione nella rete
degli speculatori, aveva presentato certificati (di presenza in Italia, di
lavoro, di alloggio) risultati falsi. Potevano, come già si è fatto a
Brescia e si sta per fare a Caserta, portare nuove certificazioni e
ottenere il soggiorno, fermo restando l'eventuale iter giudiziario per
falsa attestazione (reato minore, comunque non "ostativo" per il rilascio
del soggiorno). Invece... Tutto s'è bloccato di nuovo.
Non s'è mai vista una vertenza di lavoratori (perchè lavoratori sono,
tutti) la cui controparte sia così sfuggente, le cui acquisizioni siano
così tenui, affidate alla buona volontà della catena gerarchica della
polizia. Non s'è mai vista una simile doccia scozzese, un tale livello di
arbitrio e diseguaglianza giuridica.
Ieri oltre mille immigrati si sono raccolti, a Roma, nei giardini di piazza
Vittorio all'Esquilino. Attendevano la risposta, promessa come positiva,
del Viminale. Non è arrivata: è arrivata solo una generica attestazione di
buona volontà del questore. Ciò nonostante, dopo due ore si sono sciolti
con un ordine da far invidia a qualunque manifestazione sindacale. Si sono
riconvocati per oggi alle 16, negli stessi giardini. I loro occhi dicevano
che anche la pazienza ha un limite.
Questa vertenza è passata come "la vertenza di Brescia". Questo ha un lato
positivo, perchè davvero la vicenda bresciana ha saputo essere molto
inclusiva ed ha sfondato mediaticamente e politicamente. Non a caso sono
stati "i bresciani" a proporre e praticare la ricomposizione di un
movimento frantumato, fino alla "Carovana dei diritti" che giungerà a Roma
il 28 (nella manifestazione, appena autorizzata, da piazza della Repubblica
a piazza Farnese).
Ma l'enfatizzazione della vicenda bresciana ha un lato negativo, di cui gli
stessi bresciani sono consapevoli: dare per "vinta" una vertenza del tutto
aperta ancora sul piano nazionale, e offrire al governo il modo di
"glissare" su Roma e molte altre città, evitando di emettere una direttiva
nazionale vincolante.
Roma è decisiva non solo perchè sono migliaia le pratiche ancora inevase,
ma perchè dal '90 in qua ciò che si conquista a Roma si riproduce nelle
altre città italiane.
Per questo invito tutte le associazioni romane ad essere presenti
all'assemblea di oggi a piazza Vittorio (di cui allego il comunicato
stampa), e tutti gli altri a seguire con attenzione ciò che avviene e
avverrà a Roma.
Allego anche una mia testimonianza di rabbia e di affetto per i profughi
(di guerra) kurdi uccisi dal cinismo della realpolitik, dalla chiusura dei
governi e dalla rapacità dei trafficanti a Foggia.

Dino Frisullo


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COORDINAMENTO ROMANO PER I DIRITTI DEGLI IMMIGRATI
Sede provvisoria c/o Associazione del Bangladesh - Roma, piazza Dante 14
Tel. 06.77590930 - 0339.6504639 - 0347.7305733 - 0349.8342334


IMMIGRATI: ANCORA NEGATO IL DIRITTO ALLA LEGALITA'
OGGI ASSEMBLEA IN PIAZZA A ROMA

Sono ancora tre-quattromila i permessi di soggiorno bloccati solo a Roma, e
circa trentamila in tutta Italia, a due anni dall'avvio delle procedure di
legalizzazione. Oggi alle 16, nei giardini di piazza Vittorio a Roma, una
grande assemblea di immigrati attenderà dal governo e dalla questura una
risposta definitiva sul destino delle pratiche bloccate a causa
dell'arbitraria chiusura, nell'ottobre del '99, di ogni ulteriore
documentazione.
A quattro mesi di distanza, infatti, la promessa formale di una revisione
positiva delle pratiche bloccate si è realizzata solo a Brescia e in poche
altre città, ed a Roma ha riguardato poco più della metà delle diecimila
richieste di legalizzazione.
Lo scoglio riguarda soprattutto gli immigrati che, per ignoranza o per
disperazione, erano stati indotti ad acquistare a carissimo prezzo false
certificazioni da speculatori italiani e stranieri, complici spesso di
agenti di polizia corrotti, ed ora si ritrovano due volte vittime degli
speculatori.
La richiesta di una soluzione finale dell'assurda vicenda è anche al centro
della "Carovana dei diritti" che, partita sabato scorso da Brescia e
Trapani, dopo ave toccato decine di città confluirà a Roma in una grande
manifestazione sabato 28 ottobre, con partenza alle 15 da piazza della
Repubblica.

24.10.00




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CRONACA NERA

Ali veniva, poniamo, da Zako.
Portava in tasca un pane di sesamo
comprato in fretta con gli ultimi spiccioli
nel porto a Patrasso
pane caldo profumo di casa
speranza di vita
prima di calarsi nel buio del ventre del camion.

Ali aveva già visto l'Italia, poniamo.
Aveva l'odore dolciastro del porto di Bari
l'Italia
gli piacque il castello svevo dalle mura merlate
le luci gialle della città vecchia
gli scaldarono il cuore
ma il primo italiano che vide
vestiva una divisa
e fu anche l'ultimo.
Respingeteli, disse.
Ali non capì le parole ma lesse lo sguardo
le ginocchia gli tremarono
poi si voltò contro il muro
perchè un uomo non piange.

Ali veniva da Zako, poniamo,
e sapeva già usare il kalashnikov
ma di raffiche ne aveva abbastanza
e di agenti turchi irakeni americani arabi
e di kurdi che ammazzano kurdi
e di paura masticata amara con la fame
e dell'eco delle bombe
Qendàqur come Halàbje
bombardieri turchi come gli aerei irakeni
gli stessi occhi sbarrati contro il cielo che uccide.

Ali, poniamo, aveva una ragazza
rimasta sola
la famiglia fuggita in Germania,
con lei aveva sognato l'Europa
con lei aveva cercato gli agenti turchi e turkmeni
e kurdi, maledizione, anche kurdi
per contrattare il passaggio della prima frontiera,
batteva forte il loro cuore al valico di Halìl
divise verdeoliva
mazzi di banconote stinte
di tasca in tasca nel buio
e poi liberi
corrono veloci i minibus da Cizre verso Mardin
ogni mezz'ora un posto di blocco
divise verdeoliva banconote via libera
colonna di autobus veloce
viaggiando solo di notte
tre notti trenta posti di blocco
zona di guerra
da Màrdin ad Adàna
poi veloci fino a Istanbul
e quella notte ad Aksaray
nel più lurido degli alberghi
fra scarafaggi e zanzare e russare di ubriachi
per la prima volta avevano fatto l'amore
e per l'ultima volta.
Sul comodino un vaso di fiori stecchiti
lei ne sfilò uno
glielo regalò con un sorriso
come fosse una rosa di maggio.

Fu all'alba che vennero a prenderli
taxi scassati
gabbiani a stormi contro il cielo grigio del Bosforo
(Ali non aveva mai visto un gabbiano
e neppure il mare)
poi tutti a piedi verso un'altra frontiera
in fila indiana nel fango in silenzio
fino alle ginocchia nell'acqua del Méric
ha la pistola il mafioso
"più in fretta" sussurra,
di là c'è la Grecia l'Europa
è calda la mano di Leyla
si chiamava Leyla, poniamo
era calda la mano di Leyla
prima che scoppiasse sott'acqua la mina
prima che i greci cominciassero a sparare
prima dell'inferno...

Un uomo non piange
ma il cuore di Ali restò a galleggiare
fra i gorghi di melma del Méric
mentre si nascondeva nel canneto
perchè i greci non scherzano
e se ti consegnano ai turchi è la fine
i maledetti verdeoliva che hanno intascato i tuoi soldi
ti fanno sputare sangue
nelle celle di frontiera.
Così in Grecia l'uomo si fa gatto
si fa topo ragno gazzella
nascondendosi di giorno negli anfratti
marciando di notte fino a Salonicco
e poi un passaggio da Salonicco a Patrasso
giovani turisti abbronzati, poniamo,
Ali ha la febbre batte i denti fa pena
rannicchiato sul sedile della Rover
è bella la ragazza straniera
ma la sua Leyla era più bella
più profondi del mare i suoi occhi.

La Rover frena quasi sul molo
c'è un traghetto che sta per partire
di là c'è l'Europa davvero
con gli ultimi soldi paga il biglietto per Bari
Ali il mare non l'aveva mai visto
fa paura di notte il mare
ti chiedi quanto sarà profondo
(erano più profondi i suoi occhi)
ma un uomo non ha mai paura
e il cielo dal mare non è poi diverso
dal cielo dei monti di Zako nelle notti chiare.

Fa più paura la polizia di frontiera
"ez kurd im"
"ma che vuoi, che lingua parli,
rispediteli a Patrasso
ne abbiamo abbastanza di curdi qui in Puglia
non bastavano i cinquecento dell'ultima nave,
chiudeteli nella cabina
che non scendano a terra
sennò chiedono asilo..."

E' triste il cielo dal mare
come il cielo dei monti di Zako nelle notti scure.
E' duro esser kurdi su un molo
sperduti fra il cielo ed il mare
erano in dieci, poniamo,
che quella notte a Patrasso contrattarono in fretta
seicento dollari a testa disse il camionista
non uno di meno
seimila dollari quei dieci corpi
quasi il valore di un carico intero
e il suo amico Huseyn pagò anche per lui
prima di coricarsi abbracciati nel buio
stretto il pane di sesamo in tasca
stretto in mano un fiore secco
in dieci stretti fra le balle di cotone
che ti penetra in gola
negli occhi nel naso
ti toglie il respiro...

E' cronaca nera
MORTI SOFFOCATI SEI CLANDESTINI IN UN TIR
è politica
MILLE CLANDESTINI RESPINTI NEL PORTO DI BARI
è diplomazia
ACCORDO CON LA GRECIA SUI RIMPATRI
è ipocrisia
ROMA CHIEDE COLLABORAZIONE AD ANKARA
è propaganda
INASPRITE LE PENE CONTRO I TRAFFICANTI
è nausea è rabbia è dolore

Sotto le stelle di Zako
mille Ali sognano l'Europa
in Europa sogneranno il ritorno

e nella nebbia di Amburgo, poniamo,
nella gelida nebbia senza stelle
Huseyn bussa a una porta
ha da consegnare una cattiva notizia
un pane di sesamo secco
e un fiore stecchito...


Dino Frisullo, ottobre 2000