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Software e diritto d'autore: brutte nuove
- To: "Repressione" <glr_y@iol.it>, "Dist. List 1" <glr_y@iol.it>
- Subject: Software e diritto d'autore: brutte nuove
- From: "glr" <glr_y@iol.it>
- Date: Thu, 17 Aug 2000 13:46:37 +0200
- CC: GC <gio-co@egroups.com>
- Priority: normal
- Return-receipt-to: "Dist. List 1" <glr_y@iol.it>
DOSSIER
DIRITTO D'AUTORE O LEGGE DEL PIU' FORTE ?
Storia del diritto d'autore sul software.
In seguito alle forti pressioni della lobby dei produttori di
software, le modifiche alla legge sul diritto d'autore, approvate
dal Parlamento il 26 luglio, hanno introdotto nuove misure
repressive contro la copia ad uso personale del software,
equiparata alla duplicazione di massa e al commercio abusivo di
programmi, e punita con gli stessi anni di galera riservati ai
contrabbandieri di software pirata (pene analoghe a quelle
riservate in caso di omicidio colposo plurimo...). Nella nuova
versione dell'articolo 171 bis, infatti le parole "a scopo di
lucro" sono state sostituite con la frase "per trarre profitto".
In pratica dal 26 luglio del 2000 anche chi trae profitto dalla
copia singola di un programma, cioe' chi risparmia i soldi
necessari per comprarlo, va punito con la stessa durezza
riservata a chi copia programmi a scopo di lucro, per rivenderli
clandestinamente e guadagnarci.
Con queste nuove modifiche, la legge sul diritto d'autore si
trasforma in uno strumento irragionevolmente repressivo che ha il
chiaro obiettivo di tutelare gli interessi economici di Bill
Gates e degli altri "padroni del software", in aperto contrasto
con il principio di proporzionalita' tra reato commesso e
condanna subita.
Inoltre,
" e' difficile non vedere in trasparenza la lunga mano degli
industriali del software su una serie di atteggiamenti che la
legge ispira, primi fra tutti quello di porre molta attenzione
alla condanna pubblica, su giornali e mezzi di informazione
specializzati, dei pirati o quello di destinare ad iniziative
informative antipirateria il 50% di quanto viene sequestrato. Per
non parlare della costituzione di un registro presso la Questura
di quanti lavorino con materiale protetto da copyright. Una vera
e propria azione di controllo degna di un regime sudamericano."
(Massimo Mantellini, in un articolo apparso il 28 luglio 2000
sulla rivista elettronica "Punto Informatico" -
http://www.punto-informatico.it )
------------------
Di Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
In Italia il diritto d'autore e' regolato dalla legge 633 del
1941, modificata a piu' riprese per includere anche i programmi
software nella lista delle "opere dell'ingegno" tutelate contro
le possibili violazioni del "copyright".
Il 23 dicembre 1992 il decreto legislativo 518/92 ha introdotto
una prima modifica alla legge 633/41. Anziche' estendere ai
programmi le stesse regole valide per le altre opere
dell'ingegno, il decreto ha riservato al software un trattamento
particolare, che punisce i "pirati di programmi" in maniera molto
piu' dura di quanto non si faccia con i pirati di musica o di
libri. Dietro questo "trattamento speciale", riservato unicamente
alla copia del software, molti esperti di informatica e giuristi
hanno individuato le pressioni esercitate dalle grandi case
produttrici di software per far approvare, a tutela dei loro
interessi, una legge particolarmente punitiva contro la copia dei
programmi per elaboratore.
In merito alle pressioni esercitate dalla lobby del software per
l'approvazione del decreto 518/92 si sono espressi anche Renzo
Ristuccia e Vincenzo Zeno Zencovich, in un testo dal titolo "Il
software nella dottrina, nella giurisprudenza e nel D.LGS.
518/92", edito dalla Cedam di Padova nel 1993.
In questo testo si legge come la rapidita' di approvazione del
decreto " ... fa ritenere che sicuramente il testo del decreto
legislativo fosse da tempo pronto e che attraverso la delega al
governo si sia tagliato corto al dibattito parlamentare, evitando
persino il parere delle Commissioni competenti, non previsto
dalla legge delega. Il metodo e' certamente singolare e
discutibile anche sotto altri profili. (...) Il decreto chiude
per l'Italia un dibattito ventennale sulla tutela giuridica dei
programmi per elaboratore elettronico. E' stato un dibattito
condotto con toni insolitamente accesi e che ha visto gli
operatori del diritto anteporre, forse piu' del lecito, gli
interessi di una categoria imprenditoriale all'analisi razionale
degli strumenti giuridici
utilizzabili. "
Lo "strumento punitivo" nascosto tra le righe del decreto
legislativo 518/92 e' l'aggiunta di un piccolo articolo, il 171
bis, un articolo modificato il 26 luglio del 2000 in senso ancor
piu' repressivo, senza che in Parlamento o sui mezzi di
informazione ci sia stato un dibattito serio su una questione
cosi' delicata come la copia personale del software.
Prima della modifica del luglio scorso, l'articolo 171 bis
recitava testualmente che:
"Chiunque abusivamente duplica A FINI DI LUCRO programmi per
elaboratore, o, ai medesimi fini e sapendo o avendo motivo di
sapere che si tratta di copie non autorizzate, importa,
distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale, o concede in
locazione i medesimi programmi, e' soggetto alla pena della
RECLUSIONE da TRE MESI a TRE ANNI e della MULTA da L. 500.000 a
L. 6.000.000."
In base all'articolo 171bis, ad esempio, Giovanni Pugliese,
segretario dell'associazione pacifista PeaceLink, e' stato
processato come "importatore, venditore e distributore di
programmi a scopo commerciale" per la semplice presenza nel suo
computer di una copia (gia' installata) del programma Word 6 di
Microsoft, evidentemente adibita ad uso personale e
dell'associazione. Al termine di un iter giudiziario iniziato nel
1994 e terminato nel 2000, Giovanni Pugliese e' stato dichiarato
innocente.
Per presunte violazioni (peraltro mai dimostrate) dell'articolo
171 bis, nel maggio 1994 centinaia di nodi della telematica
sociale italiana sono stati oscurati, con una inutile catena di
sequestri e processi (la piu' grande operazione di polizia
informatica della storia dell'umanita') che si e' conclusa con un
nulla di fatto e ha avuto solamente un effetto intimidatorio
contro la copia ad uso personale del software. Tutti i dettagli
di questa "spedizione punitiva" contro la telematica sociale di
base sono contenuti nel libro "Italian Crackdown", disponibile in
libreria e anche in rete, all'indirizzo
http://www.apogeonline.com/openpress.
Aggrappandosi all'articolo 171 bis si e' cercato di dimostrare il
"fine di lucro" insito nella copia ad uso personale dei
programmi, per molti versi analoga alla copia di musica ad uso
personale (pratica sociale ormai accettata e diffusa).
In seguito all'approvazione delle prime modifiche alla legge
633/41, alcuni magistrati piu' illuminati hanno fatto le
necessarie distinzioni tra copia ad uso personale e commercio su
larga scala di software pirata, tra "scopo di lucro" e semplice
profitto. Le nuove modifiche alla legge sul diritto d'autore sono
nate proprio per contrastare questo orientamento
giurisprudenziale.
La piu' famosa di queste sentenze e' quella del 26 novembre 1996,
emessa dalla pretura circondariale di Cagliari: copiare software
non e' reato, almeno per quanto riguarda il caso esaminato dal
giudice Massimo Deplano.
Nella sentenza si legge che " La duplicazione e la detenzione
acquistano rilievo penale in tanto in quanto siano finalizzate
rispettivamente al lucro ed alla commercializzazione. Tali
condotte sono pertanto sanzionate solo se sorrette dal dolo
specifico indicato. In particolare deve ritenersi che, di per se,
la duplicazione del programma non solo non assurge in alcun modo
a fatto penalmente rilevante, ma e' senza dubbio consentita dalla
normativa attuale in tema di diritto d'autore".
Deplano sostiene questa affermazione con argomenti ben precisi:
"Cio' si ricava (...) dall'articolo 68 della L. 633/1941 che
permette, ed anzi indica come libera la riproduzione di singole
opere o loro parti per uso personale dei lettori (rectius
fruitori) con il limite del divieto di spaccio al pubblico di
tali beni onde logicamente evitare la lesione dei diritti di
utilizzazione economica spettanti al titolare del diritto
sull'opera. Si puo' pertanto escludere che violi la fattispecie
citata il soggetto, pubblico o privato che detenga per
utilizzarla una copia abusivamente duplicata del programma.
L'elemento che rende invece penalmente illecita la duplicazione
e' dato dal fine di lucro, dalla volonta' diretta specificamente
a lucrare dalla riproduzione. Deve infatti garantirsi al titolare
dei diritti sull'opera il vantaggio esclusivo di mettere in
commercio il programma, e quindi di lucrarvi senza
dover patire e subire danni da illecite concorrenze".
E' interessante anche leggere il parere del magistrato riguardo
alla differenza tra lucro e profitto:
"Invero il fine di lucro connota tutte le fattispecie focalizzate
dall'art. 171 bis, ma il suo significato dev'essere chiarito. Il
termine lucro indica esclusivamente un guadagno patrimoniale
ossia un accrescimento patrimoniale consistente nell'acquisizione
di uno o piu' beni; esso non coincide in linea di principio con
il termine profitto, che ha un significato ben piu' ampio. Il
profitto puo' implicare sia il lucro: quindi l'accrescimento
effettivo della sfera patrimoniale, che la mancata perdita
patrimoniale ossia il depauperamento dei beni di un soggetto. In
altri termini nel profitto puo' rientrare anche la mancata spesa
che un soggetto dovrebbe, per ipotesi, affrontare per ottenere un
bene. Il lucro costituisce solo ed esclusivamente l'accrescimento
positivo del patrimonio; il profitto anche la sola non
diminuzione dello stesso".
Proprio a causa di queste doverose distinzioni tra "lucro" e
"profitto" che avevano aperto una possibile breccia per la
depenalizzazione della copia ad uso personale del software,
ancora una volta la lobby dell'informatica ha utilizzato tutto il
potere a sua disposizione per modificare le norme sul diritto
d'autore in direzione contraria all'orientamento espresso dagli
stessi magistrati.
Nella nuova versione dell'articolo 171 bis, infatti le parole "a
scopo di lucro" sono state sostituite con la frase "per trarre
profitto". In pratica dal 26 luglio del 2000 anche chi trae
profitto dalla copia singola di un programma, cioe' chi risparmia
i soldi necessari per comprarlo, va punito con la stessa durezza
riservata a chi copia programmi a scopo di lucro, per rivenderli
clandestinamente e guadagnarci.
Nessuno si sognerebbe di dare da sei mesi a sei anni di galera
per aver copiato un CD musicale di un nostro amico che vogliamo
ascoltare con calma a casa nostra. I "programmi per elaboratore",
invece, godono di un trattamento diverso, e la loro copia ad uso
personale e' criminalizzata e perseguita dalla legge con gli
stessi strumenti legislativi, gli stessi milioni di multa e gli
stessi anni di reclusione che si comminano a chi vende in modo
sistematico e professionale copie non autorizzate di software
coperto da copyright, attraverso una rete commerciale di
distribuzione clandestina.
Con le modifiche del luglio 2000 apportate alla legge sul diritto
d'autore, la punizione riservata per la copia del software ad uso
personale va da sei mesi a sei anni di carcere, pene analoghe a
quelle riservate in caso di omicidio colposo plurimo, che puo'
essere punito con sei mesi di reclusione. Ancora una volta un
tema fondamentale come il diritto d'autore sul software viene
regolato in base agli interessi e alle pressioni lobbistiche di
una categoria imprenditoriale, anziche' in base alla volonta'
popolare e democratica che dovrebbe essere il fondamento di
qualsiasi legge.
In un articolo apparso il 28 luglio 2000 sulla rivista
elettronica "Punto Informatico"
(http://www.punto-informatico.it), Massimo Mantellini ha
duramente commentato le nuove dispozioni in materia di diritto
d'autore sul software, affermando che "e' difficile non vedere in
trasparenza la lunga mano degli industriali del software su una
serie di atteggiamenti che la legge ispira, primi fra tutti
quello di porre molta attenzione alla condanna pubblica, su
giornali e mezzi di informazione specializzati, dei pirati o
quello di destinare ad iniziative informative antipirateria il
50% di quanto viene sequestrato. Per non parlare della
costituzione di un registro presso la Questura di quanti lavorino
con materiale protetto da copyright. Una vera e propria azione di
controllo degna di un regime sudamericano."
Anche l'avvocato Andrea Monti, presidente di Alcei
(http://www.alcei.it), L'Associazione per la Liberta' nella
Comunicazione Elettronica Interattiva, ha espresso un parere
seccamente contrario alla nuova normativa. Secondo Monti "e'
evidente che la legge in questione non e' stata concepita sulla
base del diritto ma delle pressioni di potenti gruppi che
considerano il diritto d'autore come 'cosa loro'".
Oltre all'inasprimento delle pene riservate a chi copia software
per uso personale, la nuova legge sul diritto d'autore contiene
anche molti altri aspetti controversi. Ad esempio la
perseguibilita' d'ufficio dei fatti di duplicazione abusiva
rischia di aggravare la situazione degli uffici giudiziari
penali, gia' oberati di procedimenti da smaltire. Inoltre
l'ampliamento dei poteri della SIAE previsto dalla nuova legge
avra' gravi ripercussioni su tutti gli autori e i programmatori
che sceglieranno di non iscriversi a questa societa' o che non
vorranno apporre il "Bollino Siae" sulle loro opere.
Di fronte a questo nuovo pasticcio legislativo che ci ha colto di
sorpresa sotto l'ombrellone, rimane ben poco da fare. Una
possibile alternativa e' quella di mettere in atto una forma di
boicottaggio del software commerciale utilizzando solo programmi
e sistemi operativi liberi, come ad esempio il sistema operativo
Linux e la suite di programmi per ufficio "Staroffice", in
alternativa ai programmi prodotti dai "signori del software".
Un'altra possibilita', alla vigilia delle prossime elezioni, e'
quella di chiedere al candidato del nostro collegio elettorale
dov'era quando e' stata approvata la riforma sul diritto
d'autore. Probabilmente l'accordo con i grandi poteri economici
dei giganti del software, giudicato strategico alla vigilia di
una scadenza elettorale, potra' trasformarsi in un boomerang che
tornera' indietro a colpire proprio quella classe politica che
credeva di trarre vantaggio dal sostegno indiscriminato a un
forte gruppo di potere e alle bieche misure repressive che
tutelano gli interessi di questo gruppo.
A tempo debito tutti i nodi vengono al pettine, e l'imminente
scadenza elettorale potra' essere un'ottima occasione per
chiedere a chi vorra' rappresentarci in Parlamento di esprimersi
in merito a una legge che tutela gli interessi delle grandi case
produttrici di software ma non i diritti delle singole persone, e
punisce con la carcerazione la copia dei programmi, anche se
fatta senza scopi commerciali o criminali, ad uso personale, ad
uso didattico, a beneficio di associazioni, gruppi di
volontariato, organizzazioni non governative, scuole.
E' tempo che la copia ad uso personale dei programmi, che nulla
ha a che vedere con la cosiddetta "pirateria informatica", esca
dalla clandestinita' e cessi di essere criminalizzata. E' tempo
di legalizzare e accettare la copia ad uso personale, pratica
sociale che affonda le sue radici nella storia dell'informatica,
come una naturale evoluzione della tecnologia e dei comportamenti
sociali.
Il lavoro dei programmatori non si tutela mandando in galera
altre persone, ma creando le condizioni affinche' il mondo
dell'informatica non sia piu' dominato da nessun monopolio di
fatto che limiti la liberta' di iniziativa nella programmazione.
Carlo Gubitosa