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Adesione alla lettera aperta del 4 agosto al Ministro dei Trasporti



Mi associo alla proposta del Centro per la pace di Viterbo, a titolo
personale e delle associazioni "Senzaconfine" e "Azad".
Solo chi, come me, si è trovato a sostare in quei mondi sospesi che sono i
luoghi dell'attesa e del passaggio, sa quanto potrebbe pesare in termini di
vite umane l'apertura di una via legale.
C'è una città kurda dimezzata, che dalla parte turca si chiama Nusaybin e
dalla parte siriana si chiama Qamishli. In mezzo, filo spinato e soldati con
due divise. Dalle due parti, famiglie smembrate. Per Qamishli corre la
strada che porta al guado del Tigri, laddove si congiungono Iraq, Siria e
Turchia. Chi viene in Europa dall'Iraq via Siria, chi viene in Europa dalla
Siria via Iraq e Turchia, chi viene in Europa dalla Turchia via Siria
rischiando la pelle su quei fili spinati, tutti passano per Qamishli. E per
un albergo tipo caravanserraglio, dove sostano famiglie, madri con bambini,
anziani genitori, e uomini che dall'Europa vengono a cercare mogli o figli o
genitori. Luogo d'incontri e d'interminabili attese, ogni telefonata un
fremito collettivo, può essere l'annuncio del visto. E ogni visto (per
ricongiungimento familiare, o per lavoro, o per turismo) è un affare in
meno, affare milionario, per gli avvoltoi che stanno appollaiati in fondo al
salone dell'albergo, giocando a dadi o a dama cinese con affettata
nonchalance. Non hanno che da attendere. Sanno che dopo una, due settimane
di attesa inutile, qualcuno verrà da loro, e dopo aver gettato due o tre
volte i dadi chiederà: sapete per caso come si fa ad andare in Europa? Dopo
altri tiri di dadi, verrà in risposta un'altra domanda, quella che lui o lei
attendeva col cuore serrato: quanti soldi hai?
Ci sono alberghi così a Istanbul, Izmir e Adana, a Qamishli e Damasco, a
Suleymanye e Erbil, ad Atene e Patrasso, al Cairo e ad Alessandria, a
Durazzo, Valona e Tirana, a Zagabria e Lubiana, a Pristina e a Belgrado...
Ovunque ci siano profughi, esuli o migranti, volteggiano avvoltoi.
Attendono. Non hanno che da attendere. Finita la partita a dadi, parleranno
al telefono cellulare o satellitare: sono quattro, tre piccoli pagano metà,
li mettiamo con gli altri? sì, partenza fra un mese... pagheranno in
contanti alla partenza, compresa la quota per gli zii... 
Gli zii, in Turchia e in tutto il Medio oriente (ma anche a Napoli), sono la
polizia.
Alla partenza, forse troveranno la quota maggiorata. E' il rischio, diranno
i trafficanti. E' aumentato. Perchè di là dell'Adriatico hanno tuonato un
Gasparri o un Andreotti o un Lumia, e dicono che ci sparano addosso. Ridono,
se la donna rabbrividisce di paura: tu cos'hai da perdere? solo la pelle...
Pensa a noi, cosa perdiamo - e mostrano lo scafo.
Ciò che temono di più, gli avvoltoi turchi o greci, croati o albanesi, è che
un giorno il governo italiano o i governi europei dicano: basta, donne e
bambini dei rifugiati vengano tranquillamente ai consolati a chiedere di
ricongiungersi in Europa, non pretendiamo più che il loro padre e marito
abbia casa e lavoro e asilo e buona condotta e quant'altro, ci basta che li
voglia amare. O che un giorno negli stessi consolati funzionino davvero le
liste per venire a cercare lavoro in Italia, senza infingimenti di chiamate
nominative e sponsorship. O che chi fugge dalla tortura e dalla morte possa
rifugiarsi negli stessi consolati, chiedere protezione e ottenerla, ed
espatriare sotto immunità diplomatica. 
Le strida dei Gasparri, degli Andreotti e dei Lumia, non le temono affatto,
anzi. Il rischio è il loro mestiere. Finchè c'è merce c'è mercato. E la
merca paga in moneta sonante anche il rischio crescente.
Per questo sono d'accordo. Ma so che non se ne farà nulla. Perchè quelle
donne e quei bambini non votano. I razzisti sì, anche quelli "democratici".
Caro Peppe, se vuoi allega anche questa mia lettera al ministro dei
Trasporti. Non servirà a nulla, ma tant'è...

Dino Frisullo