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Proposte di legge sul voto e la cittadinanza
Cari amici,
vorrei aprire un dibattito, anche in vista degli incontri nazionali
proposti per il 30 luglio a Firenze o a Roma, e per fine agosto a Brescia
alla festa di Radio onda d'urto, sul passato e il presente della rete
antirazzista (senza maiuscole).
A partire da un fatto che mi ha sconcertato e mi ha fatto riflettere.
Mi riferisco alla presentazione, da parte dei gruppi parlamentari del Prc,
delle proposte di legge sul diritto di voto amministrativo e sulla
cittadinanza, nel testo pressochè identico a quello su cui la Rete
antirazzista (con la maiuscola) raccolse in totale solitudine decine di
migliaia di firme autenticate due anni fa, come iniziativa popolare.
Dovremmo esserne contenti? Sì e no.
Sì, perchè ti viene da pensare, evangelicamente, che il seme gettato prima
o poi fruttifica. E perchè comunque quelle proposte sono approdate in
parlamento.
No, perchè la proposta rischia così di essere appannaggio solo di partito,
e di un solo partito. E dunque di non avere la dirompenza che avrebbe avuto
una proposta agita dal basso, che approdasse trasversalmente in parlamento
scompaginando, anche dall'interno, la "moìna" (come dicono a Napoli) del
"vorrei ma non posso" delle Livia Turco.
Lascio da parte qui la questione del rapporto fra partiti e movimenti
sociali, perchè ci porterebbe lontano e potrebbe sembrare una sterile
rivendicazione di primogenitura o di protagonismo. Su questo piano mi
limito a dire che se la Rete antirazzista due anni fa non si fosse
disciolta (o non fosse stata in buona misura, secondo me, strangolata e
sacrificata sull'altare del varo e della gestione della legge 40), partiti
e gruppi parlamentari avrebbero dovuto almeno confrontarsi preventivamente
con un interlocutore sociale solido. Su questo come su altri temi, dai Cpt
alla vertenza sul soggiorno, fino alle questioni legislative che ristagnano
tranquillamente nelle aule parlamentari (si pensi solo all'asilo) come mai
negli anni passati.
Invece la quasi totalità dei compagni/e che elaborarono e si batterono per
queste proposte di legge hanno saputo del loro deposito in parlamento solo
all'indomani o (nel mio caso) alla vigilia della conferenza stampa di
presentazione.
Metodo a parte, vediamo il merito della questione.
Perchè le due proposte erano e sono dirompenti?
Perchè con un fondato azzardo giuridico, la nostra proposta sul voto
consenti(va) di legiferare con legge ordinaria (agganciandosi a una
convenzione internazionale, quella di Strasburgo, come del resto s'è fatto
per il voto agli emigranti), senza toccare la Costituzione. Dunque
manda(va) a carte quarantotto il "vorrei ma non posso" di cui sopra, il
ragionamento di chi dice che sarebbe bello e giusto far votare gli
stranieri, ma dovendosi rivedere la Costituzione certo non è materia
dell'oggi, con questi chiari di luna e questo parlamento. Inoltre
ovviamente la proposta si aggancia(va) alle esperienze più avanzate in
Europa. E il legame stretto con l'altra proposta, sull'automatismo della
doppia cittadinanza, restitui(va) alla proposta del voto la sua valenza di
estensione piena, non paternalisticamente limitata, dei diritti civili.
Una sfida alta, dunque. Una sfida da lanciare a tutta la sinistra
politico-istituzionale, in questo scorcio di legislatura in cui ci si
interroga sulla sua identità. Una sfida capace di riconnettere al movimento
per il soggiorno e contro le espulsioni un'altra grande parte
dell'immigrazione regolare, ed altre diffuse intelligenze sociali come ad
es. le reti dei giuristi democratici.
Spero di sbagliare, ma temo che i verbi precedenti vadano coniugati al
passato.
Perchè la sfida sarebbe stata di quel livello se...
Se gestita dal basso, come dal basso è nata nel '97-98, con lo sforzo
generoso di centinaia di persone e associazioni.
Se portata in parlamento con il supporto dell'insieme dell'associazionismo
o di una sua parte consistente, anche quella che allora rise del nostro
"donchisciottismo" e che oggi (a partire ad esempio dall'Arci) fa
autocritica della propria fiducia di allora verso le promesse dei ministri
amici.
Se affidata, anche e soprattutto, al protagonismo di quegli immigrati,
specie africani, che furono protagonisti nello scorso decennio delle
vertenze per i diritti, e che oggi sul diritto di voto si stavano già
riaggregando dopo anni di resistenza "interstiziale" negli spazi delle
attività interculturali. E con loro, a quelle comunità nazionali che più
soffrono della negazione della cittadinanza politica: i rom, i rifugiati di
più antico approdo in Italia...
Se depositata rompendo gli schemi e i giochi e aggregando, come era del
tutto possibile, parlamentari della sinistra di opposizione ma anche quelli
che nelle sinistre al governo avessero deciso di farsi carico di una
contraddizione. E ce n'erano, su questo come su altri terreni di diritti
civili (l'amnistia e l'indulto, la laicità della scuola...)
Non so e, realisticamente, non credo che anche in questo caso le due
proposte avrebbero avuto esito positivo nei pochi mesi che ci separano
dalla prossima campagna elettorale. Ma certo avrebbero agitato acque
stagnanti.
Così invece - riflettano su questo anche i compagni e i parlamentari del
Prc - le due proposte nel migliore dei casi non saranno che una,delle
opzioni su cui mediare o scontrarsi, sul tavolo separato del confronto
puramente istituzionale e partitico. Una delle opzioni, che sarà gabellata
come la più estrema e impraticabile, come si conviene alla proposta di un
partito di opposizione - mentre è in realtà l'unica praticabile e
realistica.
Se ci sarà confronto e sintesi (cosa di cui ovviamente dubito) fra varie
proposte in parlamento, inevitabilmente l'esito sarà molto più moderato. Se
il confronto fra varie proposte di legge (com'è probabile) non si aprirà
neppure, le due proposte resteranno nient'altro che testimonianza e
bandiera di partito. Rispettabile, ma sterile sia nella società sia nel
Palazzo.
I responsabili del Prc con cui ho discusso dicono che la precipitosa
presentazione da parte loro delle due proposte era necessaria per dare uno
strumento politico ai loro militanti, e per anticipare sul tempo il
deposito di una proposta sul diritto di voto da parte della sinistra
veltroniana. Rispetto ambedue gli argomenti, ma mi sembrano insufficienti,
chiusi in una logica di apparato. I militanti si sentono motivati solo se
una proposta è "targata" dai loro gruppi parlamentari? E anche rispetto ad
altre proposte di legge, sicuramente molto meno ardite e più dilatorie, non
sarebbe stata più forte una proposta dotata, già al suo affacciarsi in
parlamento, di un sostegno sociale e politico più ampio del solo Prc?
Forse mi sbaglio, e come sempre sono disposto nel caso a riconoscerlo. Se a
cavallo di questa estate si verificherà un allargamento della base di
sostegno di quella che era la proposta della Rete antirazzista ed è ora,
pubblicamente, "la proposta del Prc" sul voto e sulla cittadinanza, sarò il
primo a rallegrarmene. Ne dubito, sapendo come vanno le cose nella sinistra
politica e sociale.
In ogni caso, questa vicenda mi rafforza nell'idea che vada ricostruita una
rete connettiva e una soggettività politica autonoma dell'antirazzismo
radicale.
Non credo di essere il solo. O no?
Un abbraccio a tutti coloro che avranno avuto la pazienza di leggere questo
piccolo sfogo.
Dino Frisullo