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Iraq: no all'embargo ma anche a Saddam



Inviamo un appello, che da oggi è pubblicato nella nostra rivista online
insieme con altro materiale sulla tragedia dimenticataq dei kurdi
iracheni, col quale si chiede che il parlamento nell'esprimersi contro
l'embargo all'Iraq ricordi il genocidio dei kurdi perpetrato dal regime
iracheno ed eviti il rischio - del quale come vedrete ci sono purtroppo
tutte le premesse - che la giusta richiesta di sospensione delle
sanzioni commerciali sia anche un'assoluzione di Saddam ma che sia, al
contrario, una richiesta chiara di condanna.
Il gruppo Nonluoghi

http://www.nonluoghi.it   -  http://www.nonluoghi.org

L'APPELLO

"Con questa nota desideriamo farvi giungere la nostra indignazione per
 l'accoglienza riservata al presidente dell'Assemblea nazionale
irachena, sig.
 Saddoun Hamadi, primo ministro all'epoca dei bombardamenti chimici
sulla città di
 Halabja e sulla regione del Badidan e dell'operazione Anfal.

    Rifiutiamo con convinzione l'arma dell'embargo economico nei
confronti delle
 popolazioni di qualsiasi stato, compreso l'Iraq, per la soluzione dei
conflitti.
   Abbiamo previsto e poi constatato che anche in Iraq il blocco
economico
 danneggia le popolazioni - e in primo luogo i numerosissimi oppositori
del regime -
 mentre rafforza Saddam Hussein e il suo sempre più ristretto gruppo di
potere
 assoluto. Lo dimostrano, tra l'altro, alcune opere faraoniche erette
dal potere a
 Baghdad dal 1992 a oggi (ultimo il lussuoso acquario sul Tigri
riservato ai papaveri
 del regime, inaugurato nel maggio scorso).

    Temiamo tuttavia che la mozione sull'abolizione dell'embargo
all'Iraq in ordine del
 giorno alla Camera dei deputati, così come è stata formulata, si
risolva in una forma
 di sostegno al sanguinario regime di Baghdad e la presenza in Italia
del signor
 Hamadi ce lo conferma.
    La mozione infatti mette in primo piano lo scongelamento dei beni
iracheni e la
 ripresa delle relazioni con il regime di Saddam Hussein, senza che sia
chiesta
 alcuna garanzia per l'utilizzo umanitario di questi fondi, né sia
espressa alcuna
 censura nei confronti di un regime che continua a distinguersi per le
sue atrocità.

    Di questo non possiamo darci pace. In altri paesi del mondo
occidentale sono in
 atto campagne per la revoca dell'embargo all'Iraq e -
contemporaneamente - per
 mettere sotto processo Saddam Hussein e i suoi complici per crimini
contro
 l'umanità.

    Il genocidio del popolo kurdo ha lasciato segni indelebili: per la
strage di civili
 bombardati dal cielo con sostanze chimiche nella città di Halabja (16 e
17 marzo
 1988) che provocò circa 6.000 morti e nella vasta area del Badinan
(agosto e
 settembre 1988), per l'operazione Anfal (il bottino) protrattasi dal
1987 al 1989 con
 182.000 desaparecidos, per la distruzione con la dinamite di più 4.500
centri abitati
 kurdi e la deportazione dei suoi abitanti. E' a disposizione di chi ne
fa richiesta un
 documentario dell' inglese "Dispatches" sugli effetti devastanti delle
bombe
 chimiche sui bambini e sugli adulti sopravvissuti di Halabja dieci anni
dopo.

    Per un'analisi ampia e documentatissima delle atrocità del regime
nell'ultimo anno
 esaminato, il 1999, rimandiamo non soltanto al rapporto dell'ONU (Max
Van der
 Stoel) ma anche ad altre fonti, diverse fra loro e pure concordanti,
quali il Rapporto
 annuale Iraq '99 di Amnesty International (reso pubblico a Il Cairo,
28.11.99) e al
 Rapporto annuale Iraq '99 del Partito Comunista iracheno, pubblicato il
4.1.2000.
 Per quanto riguarda il 2000 possiamo testimoniare, insieme ad altri
comitati,
 associazioni, ONG che con grandi difficoltà si recano periodicamente
nel Kurdistan
 iracheno, il perdurare dell'atroce pulizia etnica della provincia
petrolifera kurda di
 Kirkuk, rimasta sotto il ferreo controllo del governo iracheno, con
l'espulsione degli
 abitanti di interi villaggi, rastrellamenti, impiccagioni.

   La Regione autonoma del Kurdistan iracheno - oltre a subire anch'essa
l'embargo
 dell'ONU - è sottoposta ad un rigoroso blocco economico interno da
parte del
 regime iracheno. Quella percentuale di aiuti umanitari dell'"oil for
food" che l'ONU
 destina alla Regione Autonoma kurda, ci risulta venga frequentemente
bloccata a
 Baghdad.
 Nella mozione parlamentare non troviamo alcuna richiesta di garanzie
per le sorti
 delle popolazioni kurde e sciite. Queste aree, in cui vivono oltre due
terzi dell'intera
 popolazione dello stato, sono costantemente poste a rischio di
sopravvivenza dal
 regime di Saddam Hussein.

    L'invito italiano al signor Hammadi coincide con l'attuale crisi
petrolifera. Il ritorno
 sul mercato del greggio iracheno dovrebbe comportare l'auspicata
diminuzione del
 prezzo del petrolio.

   L'odierna proposta di riavvicinamento al regime di Saddam Hussein,
priva di ogni
 richiesta di garanzia per le popolazioni irachene in generale e kurde
in particolare ci
 preoccupa fortemente. Temiamo che l'Italia possa essere ancora una
volta
 strumento di una ben congegnata politica al servizio dei grandi
interessi economici
 internazionali. Non dimentichiamo che fu l'italiana BNL a fornire al
regime iracheno i
 "prestiti all'agricoltura" costati migliaia di miliardi ai contribuenti
italiani e utilizzati
 per continuare a fornire micidiali armamenti a Baghdad, con l'attivo
interessamento
 del governo degli USA, quando, dopo le stragi chimiche di Halabja e del
Badinan, il
 Congresso americano aveva deciso di sospendere i finanziamenti al
dittatore
 iracheno.

   Ripetiamo quindi che siamo decisamente favorevoli alla fine
dell'embargo
 disumano sulle popolazioni dell'Iraq, ma chiediamo che nella mozione in
ordine del
 giorno alla Camera dei Deputati vengano inseriti i seguenti punti:

 1. Applicazione da parte di Saddam Hussein della risoluzione dell'ONU
n°
 688, per garantire il. rispetto dei diritti umani della popolazione;

 2. Abolizione dell'embargo interno che colpisce la Regione Autonoma del

 Kurdistan iracheno;

 3. Fine della pulizia etnica nei confronti del popolo kurdo.

    Chiediamo inoltre il sostegno all'incriminazione internazionale di
Saddam Hussein
 affinchè egli venga processato, insieme ai corresponsabili, dal
Tribunale dell'Aia per
 crimini contro l'umanità come più volte richiesto dai rappresentanti
del popolo kurdo.

    L'Italia ha un debito speciale da saldare verso il popolo kurdo
dell'Iraq: nella
 Regione Autonoma dell'Iraq sono rimaste circa 20 milioni di mine
antiuomo, quasi
 tutte di produzione italiana (Valsella, di proprietà della FIAT).
Queste mine
 continuano a provocare circa 200 vittime al mese, in gran parte
bambini, secondo i
 dati di Emergency, Associazione per l'aiuto alle vittime civili della
guerra con sede a
 Milano, mentre il governo italiano non ha ancora preso alcun
provvedimento per lo
 sminamento delll'area, nonostante le numerose richieste fatte nel tempo

 dall'autogoverno kurdo.

    Chiediamo infine che il governo italiano, nell'ambito dell'Unione
europea si faccia
 carico di affrontare questi problemi insieme agli altri stati".

 Graziella Bronzini
 per il Comitato Gemellaggio Ivrea-Qaladiza
 di solidarietà con il popolo kurdo
 c/o Municipio di Ivrea - piazza Vittorio Emanuele, 1 - 10015 Ivrea
 Tel. 0125 410222 - Fax 0125 48883

 Valeria Schrader
 per il Comitato Torinese
 di solidarietà con il Kurdistan

 Iole Pinto
 per il Comitato cittadino di Siena
 di solidarietà con il popolo kurdo