I sogni si realizzano nell'esistenza reale



da: Associazione Partenia
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 "non seguire mai la strada già tracciata, porta soltanto dove altri sono
già
andati"  <http://www.wordtheque.com/pls/wordtc/new_wordtheque.w6_home_author.home?code_author=16935&lang=IT>Alexander
Graham Bell( <mailto:quotation at verba-volant.net>quotation at verba-volant.net)


Umberto Galimberti: I sogni si realizzano nell'esistenza reale
"la Repubblica", 3 settembre 2005

Lo chiamano Second Life. È un gioco (si fa per dire) su Internet, dove uno
si inventa una seconda vita, nel senso che in modo virtuale si compra la
casa dei suoi sogni, fa le vacanze dove non ha mai potuto, acquista gli
oggetti del desiderio a cui di solito non ha accesso. E, già che c'è, trova
o immagina nuovi amici, il lavoro che avrebbe voluto fare, la donna dei
suoi sogni, i figli come li avrebbe voluti avere, persino un se stesso come
gli sarebbe piaciuto essere. Costo 10 euro. Il gioco riscuote molto
successo e dice due o tre cose su cui val la pena di riflettere.
La prima è che la perduta fede nell'aldilà, che l'immaginazione religiosa
ci concedeva, dobbiamo cercarla qui, adesso e subito, in quella
trascendenza che la virtualità di internet ora ci concede. Perché l'uomo,
che non ha mai accettato la realtà così com'è, ma è sempre andato alla
ricerca di una migliore, non può arrestare quella vera opera di civiltà che
è l'immaginazione di un mondo migliore, più a misura di quell'essere
sconosciuto perfino a se stesso che è l'uomo così come oggi è diventato. La
seconda considerazione è che se c'è così tanto bisogno di immaginazione
vuol dire che la vita che conduciamo è così alienata che Marx, quando
parlava di "alienazione", sbagliava solo per difetto. Infatti, siamo tutti
funzionari di apparati i cui unici regolatori sono produttività ed
efficienza, in un deserto di senso, per cui capire cosa ci facciamo al
mondo è un'impresa ardua, che solo la routine del lavoro quotidiano
attutisce. Qui vien da pensare che non si lavora tanto per vivere, quanto
per seppellire angoscia. La terza riflessione è una sorta di appello alla
nostra forza. Quanta ne abbiamo per cambiare il mondo, per inventare
scenari reali e non virtuali che siano al di fuori di quell'unico
generatore simbolico dei nostri comportamenti che è il denaro? Sappiamo
ancora guardare un cielo e scoprire le stelle nelle nostre città
illuminate? Sappiamo ancora concederci il tempo nelle nostre giornate
indaffarate? Disponiamo ancora di un orizzonte aperto e non murato dagli
edifici di fronte? Abbiamo ancora un sogno che solo la nostra debolezza ci
impedisce di realizzare? Davvero abbiamo barattato quasi tutta la nostra
possibile felicità per un po'di sicurezza? Perché se tutto ciò è già
accaduto, non sarà certo internet a restituirci tutte le possibilità che
non abbiamo inseguito. E il successo di questo gioco dell'immaginazione, se
da un lato ci conferma di quante ideazioni la nostra anima è ancora capace,
approfittiamone non per crearci in modo virtuale una seconda vita, ma per
realizzare, nell'unica vita reale che ci è data, tutto quel possibile che
rimane inespresso, spento prima di nascere, e così ignorare per sempre
quella splendida definizione dell'uomo che Nietzsche ha coniato quando ne
parlava come dell'"animale non ancora stabilizzato", e quindi capace di
"futuro" che non coincide propriamente con il "virtuale".



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